«Tutto quel che potevo fare era offrirvi un’opinione su una questione piuttosto secondaria: una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé, se vuole scrivere romanzi.»1
Schiamazzi, striscioni, indignazione: dallo sgorbio d’inchiostro nero che insozza le immacolate strade di una cittadina qualsiasi s’elevano slogan che inneggiano a diritti violati o inesistenti – siamo donne, e pretendiamo di più. D’un tratto, una spugna assorbe tutto l’inchiostro, sino all’ultima goccia, ma lo sgorbio si ricompatta – più forte di prima, s’illude –, ingurgita caratteri virtuali e si riversa nei sentieri sconosciuti della megalopoli digitale. Il femminismo non deve morire, non può farlo – mai.
Eppure il femminismo muore, muore in un mondo «fabbricato dagli uomini per gli uomini», nel quale il primo diritto da rivendicare è ancora la libertà di essere donna.
Inutile illuderci: non siamo libere di essere donne. Siamo libere di reinventarci uomini per trovare collocazione in una società fatta su misure che non ci appartengono, e siamo libere di gioire soddisfatte nell’apprendere che “sindaca” non è un errore femminocentrico, e siamo libere di denunciare ingiustizie subite a causa del nostro sesso. Siamo libere di esibire giustificazioni e cercare tutele, come innocenti condannate alla prigionia che prendono parte alla farsa allestita per garantire loro la giustizia negata in precedenza. Ma al di là di questo confine in apparenza invalicabile nulla ci è concesso né dovuto – sole, senza diritti, allo sbando.
È questa l’unica cosa che siamo, noi donne del civile XXI secolo, una generazione allo sbando – o generazione AS, volendo intrappolare il concetto in una sigla di dubbia utilità. Una generazione che similmente a un equipaggio bene assortito ma male istruito solca dei mari alieni munito di una bussola menzognera, la quale persuade circa l’importanza di indirizzarsi a ovest e a est e a nord e a sud e di nuovo a ovest e a est e a nord e a sud sempre e a oltranza, perché è necessario battere tutte le coste, sibila ingannevole, per poter approdare al porto sicuro. Il problema è che tra una costa e l’altra restano impigliate scaglie dell’equipaggio, che inizia a sfaldarsi, a dubitare, a ribellarsi – un pezzo qua, un pezzo là, e il porto sicuro confinato oltre le Colonne d’Ercole.
Il femminismo della generazione AS è esattamente quella bussola che dirotta a ovest e a est e a nord e a sud senza mai individuare la rotta né scegliere un tragitto che appaia coerente e utile a raggiungere la riva dove gettare l’ancora. È anzi un femminismo che si nutre di lotte intestine: donne contro donne, femministe contro femministe, diritti contro diritti, doveri contro doveri. E mentre questi conflitti innaturali si consumano, l’imbarcazione rallenta e quasi si arena in mare aperto, troppo distante da un nuovo porto, ormai succube del viaggio per far ritorno a quello antico.
La soluzione, l’unica possibile, per riprendere a solcare i mari è gettare via la bussola menzognera: il femminismo, questo femminismo, deve morire.
Ossia dobbiamo sbarazzarci dell’idea che tante piccole vittorie o sedicenti tali possano dare origine alla vittoria più grande: la parità di genere. L’uguaglianza non si ottiene esigendo il topless né le quote rosa né l’abolizione di Miss Italia né “ministra” né il cognome materno per la prole. L’uguaglianza si ottiene con la conquista della disuguaglianza: siamo donne, non uomini, donne e uomini non sono uguali e non lo saranno mai, ed è in nome di questa dis-uguaglianza, in nome dell’essere donna, che vanno pretesi diritti civili e umani che ad oggi ancora sono negati.
Gli stereotipi di genere, così come i pregiudizi, sono talvolta alimentati dalle donne stesse: una casalinga non è inferiore a un’imprenditrice, una ragazza che sceglie di partecipare a un concorso di bellezza non è una stupida né una schiava del “sistema maschilista”, una bambina che gioca con le bambole non è destinata a subire da adulta le pretese del proprio compagno, la principessa inerme non è il Male, indossare dei tacchi a spillo non declassa la donna a oca – avere la libertà di essere donna significa soprattutto essere libera di scegliere senza essere sottoposta a giudizio, anche se la scelta in questione è quella di prostituirsi.
L’impressione è che oggi questa generazione AS abbia prodotto un femminismo sopra l’altro, dove l’uno esclude l’altro e l’altro esclude l’uno. Un femminismo che troppo spesso appare esclusivo anche nella doppia accezione di includere le sole donne ed escludere tutti gli uomini, come se la parità di genere e i diritti civili e umani a essa collegati non riguardassero tutti, indistintamente.
Esigere la libertà di essere donna è un atto di profondo coraggio, significa difatti accettare di essere nate in una società costruita da uomini per altri uomini e smettere di temerla, perché tutto può essere reinterpretato. È necessario smettere di ripudiare Eva e ribaltare l’archetipo: accettare che Eva abbia disubbidito, ma non perché preda del peccato, bensì perché indipendente oltre ogni dire, così indipendente da assumere su di sé la responsabilità della conoscenza e divenire guida di se stessa; una Eva che, a dispetto dell’Eden e di Adamo e di Dio, ha stretto il timone, impugnato la bussola onesta e navigato verso il porto sicuro – sorda alle lotte intestine, ai miraggi, ai richiami furenti di costole e nervi abbandonati chissà dove.
«Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. Per cominciare, avrai da batterti per sostenere che se Dio esistesse potrebbe anche essere una vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza. Poi avrai da batterti per spiegare che il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse la mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disobbedienza. […] Sì, spero che tu sia una donna.»2
Rosa Ciglio
1: Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé.
2: Oriana Fallaci, Lettera a un bambino mai nato.
Vittimiste, ecco cosa siete. Senza il seme del vostro padre non sareste qui a sentenziare. Cercherò di essere sintetico. In primis partiamo col dire che voi femministe credete di impugnare la verità assoluta e che tutto vi sia concesso solo perchè siete donne, dimenticando che il più delle volte il vostro movimento è ai limiti dell’ anticostituzionale, in quanto rinnega e demonizza tutto ciò che proviene dal sesso maschile. Pensate di essere indispensabili ma siete solo delle principesse viziate con ” fratture e disordini familiari”. Vi siete improvvisate tutte emancipate ma non lo siete. Tutti sappiamo che una vera donna libera non necessita del femminismo per far valere la propria tesi in ambito politico, economico e sociale.
Il vostro movimento non è altro che una dittatura di stampo sessista. Il sessismo è anticostituzionale. Siete solo delle lesbiche sessofobe dai genitori divorziati che per fare l’ arrampicata sociale allargano gambe ed indossano vestitini scollati. Tutte fumatrici, guarda caso. Indovinato vero? Ahahah
Come siete cadute in basso. Ho visto intere famiglie sfasciate da quelle come voi. Padri ridotti in lacrime che han perduto i figli, figli separati dai genitori e traumatizzati, donne succhiare l’ intero patrimonio familiare. Per non parlare poi del fatto che se fosse una donna ad uccidere un uomo o violentare un uomo nessuno ne parlerebbe.
La costituzione ed il diritto familiare disciplinano che l’ uomo e la donna devono avere pari diritti e pari opportunità.
A me sa tanto che negli ultimi tempi voi femministe volete prendervi come si dice in gergo il ” dito con tutta la mano”. Belle donne che siete diventate, muscolose, operaie, fumatrici, bevitrici, beh, vi manca solo il pisello cosi potete autoriprodurvi ahahahah.
Va bene il diritto al voto, va bene il diritto al lavoro ma ora volete sostituirvi del tutto a noi. Volete forse un estinzione? O cosa?
Voi siete proprio sceme. Ripeto una vera donna non necessita della farsa del femminismo per farsi rispettare. Nel 2017 il femminismo è pressochè inutile. Non vi accorgete che più aspirate all’ essere come uomini più perdete la parte migliore di voi ovvero l’ essere donne. Come dice una famosa comica, “ecco perchè si sono infrociti tutti”
MOOOOOOLTO ATTRAENTI XD
Scusi la curiosità, ma lei ha letto l’articolo prima di commentare?
Una vera donna non ha bisogno del femminismo per dimostrarsi tale, tanto quanto lei non sembra necessitare del cervello per scrivere idiozie…
Gentilissima Rosa Ciglio,
Mi complimento per l’articolo, così coraggioso e contro questa corrente di pensiero unico egualitarista. Di un egualitarismo che, di fatto, nega l’umanità di entrambi i sessi.
La valorizzazione delle differenze di donne e uomini è la sfida che si dovrebbe affrontare assieme, per il bene di tutti.
Temo che l’articolo, interessante e ben strutturato, pecchi un po’ di superficialità nell’analisi dell’evoluzione storica della società entro cui il femminismo è nato e tutt’ora si muove.