Alla fine ha vinto il favorito: Emmanuel Macron è il nuovo Presidente della Repubblica francese: con il 66,06% dei voti, trionfa al ballottaggio contro Marine Le Pen, ferma al 33,94%.
Il candidato centrista socio-liberale, Emmanuel Macron, si è presentato come il candidato europeista – i festeggiamenti per l’elezione si sono aperti con “L’Inno alla Gioia”, solo successivamente la “Marsigliese” – e come un candidato di rottura, dal punto di vista dell’appartenenza politica – avendo rotto con i socialisti e essendosi presentato con il proprio movimento “En Marche!” – e, al tempo stesso, di continuità, dal punto di vista del sistema economico-finanziario.
Questa sua ambiguità gli ha permesso di emergere durante il primo turno, rompendo il vecchio sistema partitico, approfittando della crisi del Partito Socialista e degli scandali del candidato repubblicano, Fillon. Al secondo turno, il “fronte repubblicano-democratico”, costituito da centrodestra e centrosinistra per arginare la “minaccia lepenista”, insieme alla scelta del “meno peggio”, ha portato alla sconfitta di Marine Le Pen, leader del Front National. Sull’esito ha influito molto anche l’astensione (25% circa) e il voto bianco/nullo (12% circa), espressione dei cittadini francesi che non si sono riconosciuti in nessuno dei due candidati. Molti di essi sono, probabilmente, quelli che al primo turno hanno sostenuto il candidato della sinistra radicale, Jean-Luc Mélenchon, il quale non ha preso parte al “fronte anti-Le Pen”, lasciando libertà di coscienza, rimarcando l’equidistanza da entrambi i candidati. Nei giorni scorsi, il leader de La France Insoumise ha detto che si sarebbe recato alle urne e che mai avrebbe potuto votare per la Le Pen e ha lanciato una consultazione sulla piattaforma online, nella quale il 65,17% dei votanti si è espresso a favore di un voto bianco/nullo o dell’astensione e il restante 34,83%, invece, per l’astensione.
Marine Le Pen ha ammesso la sconfitta dichiarando l’intenzione di rifondare il partito cambiando nome ad esso. Operazione che entra nella strategia della “dédiabolisation”, ovvero la strategia volta a rendere il Front National un partito accettato nell’opinione pubblica tra quelli “repubblicani” e non più come un pericolo per la democrazia repubblicana. Ciò è già riuscito, in parte, a Marine Le Pen, che ha ampliato i consensi negli ultimi anni e, soprattutto, ha ottenuto al ballottaggio circa il doppio rispetto al risultato del 2002 di suo padre, Jean-Marie (16,86% al primo turno; 17,79% al secondo). La strategia è passata per l’abbandono dei legami con una cultura fascista e antisemita – che ha causato anche la fine dei rapporti personali tra figlia e padre e l’espulsione dal partito di quest’ultimo –, una lieve apertura in tema di diritti civili e un programma economico attento ai temi del lavoro, della povertà e della disuguaglianza. Il prossimo passo, promesso subito dopo la sconfitta contro Macron, è il cambio di nome, in modo da creare una formazione che possa includere «tutti i patrioti» pronti ad unirsi alla lotta. In parte, il fronte “euroscettico e sovranista” di destra si è costituito già in questo ballottaggio, con l’accordo secondo il quale, in caso di vittoria della Le Pen, sarebbe stato nominato primo ministro Dupont-Aignan, il candidato di Debout La France, altra destra euroscettica e sovranista che al primo turno aveva ottenuto quasi il 5%. L’alleanza potrebbe riproporsi alle legislative.
L’11 e il 18 di giugno si svolgeranno, infatti, le elezioni legislative per la composizione parlamentare. Il loro esito non è per niente scontato, dato che il sistema di voto è diverso da quello delle presidenziali. Infatti è basato su 577 collegi uninominali. Non è detto, dunque, che il consenso ottenuto dai candidati alle presidenziali si traduca automaticamente in consenso ai loro partiti/movimenti. È prevedibile una riproposizione dell’alleanza Front National-Debout La France (al primo turno delle presidenziali Le Pen e Dupont-Aignan sommati raggiungono il 26%), che potrebbe assorbire il voto dell’area più radicale dei Repubblicani (Fillon al primo turno ha ottenuto il 20%). L’area più moderata e maggioritaria del centrodestra, invece, potrebbe rivolgersi al movimento di Macron (che ha ottenuto il 24%). Per quanto riguarda il Partito Socialista (Hamon ha ottenuto il 6,36%), il suo consenso potrebbe essere ulteriormente assorbito da Mélenchon (che ha ottenuto il 19,58%), nella sua parte più radicale, e da Macron, nella sua parte più radicale.
Una situazione del genere potrebbe portare alla nascita di tre poli quasi equivalenti – quello presidenziale centrista, quello della destra radicale e quello della sinistra radicale – e/o alla necessità di coalizioni, ma ciò non è assolutamente scontato. Influirà sulle legislative, infatti, oltre al diverso sistema elettorale, anche la logica del “voto utile” che ha storicamente favorito lo schieramento presidenziale e, in minor misura, la prima forza di opposizione, ovvero quella del secondo classificato – in questo caso la destra radicale. Ma l’elettorato francese potrebbe continuare a riservarci sorprese, come ha fatto fino ad ora.
Pietro Marino