Il trionfo su scala planetaria della destra populista pare inarrestabile e privo di alternative vincenti. In una miscela di pessimismo apocalittico a metà strada tra il leopardiano e l’orwelliano, la fine, per quanti si trovino in antitesi rispetto alla fortunata formula politica dei Trump, Salvini & Co., sembra irrimediabilmente segnata.
Del resto parte del successo montante dell’internazionale populista si basa anche sull’ingigantimento mediatico dei propri traguardi, sulla comunicazione serrata, sul pessimismo e sulla disorganizzazione altrui. Si tratta di una guerra psicologica, e la stanno vincendo. «Il popolo è con noi», sempre e comunque.
Ma è davvero così? Il quadro politico internazionale ed europeo racconterebbe una storia più complessa e sfaccettata, e meno drammatica, nella quale le alternative costruttive alle destre nazionaliste si moltiplicano, e spesso vengono coronate dal successo politico.
Analizziamo degli esempi, partendo da alcune consapevolezze: non si tratta di un fronte ideologicamente compatto ed omogeneo (si va dai liberali, ai social-democratici, passando addirittura dai cristiani e popolari, fino al grande blocco della nuova sinistra). Inoltre, non siamo in presenza di miracolose “formule magiche”, applicabili automaticamente ad ogni paese del mondo con sicuro effetto a prescindere dalle contingenze.
Italia, l’alternativa che non c’è
Al tal proposito, bisogna purtroppo sottolineare che la via italiana delle alternative contro la destra populista è ancora latitante. Manca una guida stabile, soprattutto a sinistra, che possa esercitare egemonia politica, attenzione mediatica e consensi tali da contrastare effettivamente gli avversari.
In ogni caso, non basterà “ispirarsi” meccanicamente a modelli visti all’estero, o precipitarsi a organizzare confusi e inconsistenti fronti repubblicani, o procedere a sterili rifondazioni “maquillage” (ricorda qualcosa?). Sarà necessario un percorso lungo e doloroso oltre che “particolare” per ricostruire una sinistra e un’opposizione in Italia. Nel frattempo, non resta che consolarsi con i risultati conseguiti all’estero dal corposo fronte anti-populista, cercando di acquisire invece qualche preziosa lezione.
L”usato sicuro” contro la destra populista
Il vecchio continente è stato il laboratorio politico principale del nuovo populismo identitario, a partire dall’esperienza della Russia di Putin. Il vento sovranista soffia più che mai impetuoso in tutti i paesi europei, sospinto dal disagio economico e del malcontento popolare, inutile negarlo. Tuttavia, osservando i diversi risultati elettorali, è sorprendentemente evidente come più volte la destra populista non sia riuscita ad arrivare alla vittoria, ma “solo” a conseguire ottimi e sorprendenti risultati. L’argine dei partiti tradizionali e dei principi economici e democratici liberali ha infatti retto in molti casi, soprattutto quando si è premiato il buon governo.
E’ il caso delle recenti elezioni in Svezia, dove il Partito Social-Democratico ha fermato l’avanzata di “Svezia Democratica” alle ultime elezioni politiche. Come è stato possibile? Probabilmente innanzitutto con la promessa di salvaguardare e migliorare ulteriormente lo stato sociale, realizzato proprio attraverso il lavoro costante di anni di governo social-democratico. La tenuta economica e sociale del paese scandinavo, è sicuramente parte intrinseca della vittoria anti-populista. Infatti, non a caso, lo stesso era avvenuto per le ultime elezioni politiche nei Paesi Bassi e nella Germania, nazioni ad alto livello di benessere economico e di protezione sociale, dove i vincitori sono stati, rispettivamente, i liberali conservatori di Mark Rutte e i cristiano-sociali di Angela Merkel.
Il successo delle alternative dell “internazionale di sinistra”
Cosa accade invece nei paesi più colpiti dalla crisi economica o che presentano sistemi politici caratterizzati da maggiore fragilità? Innanzitutto si può considerare il caso francese. Marine Le Pen, punta di diamante e ideologa del populismo di destra europeo, si aspettava lecitamente una storica vittoria alle elezioni presidenziali del 2017, con gaullisti e socialisti fortemente screditati. Invece gli elettori si sono trovati di fronte ad altre due alternative, diametralmente opposte, ma ugualmente efficaci, che hanno finito per schiacciare il Fronte Nazionale: En Marche! di Emmanuel Macron, di ispirazione riformista e neo-liberale, poi chiarissima vincitrice della competizione, e La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon.
Proprio su quest’ultimo soggetto della sinistra radicale vale la pena di soffermarsi: dopo un risultato eccezionale (ben il 19% dei voti al primo turno) che ha cancellato politicamente i socialisti, e proprio mentre il consenso di Macron ha preso a scemare rovinosamente, quello che si definisce “movimento per il futuro comune”, nato da comitati, assemblee e manifesti programmatici, al grido di slogan come “human first”, continua a godere di ottima salute nei sondaggi, e di protagonismo sulla scena politica nazionale e internazionale.
Di amichevole e fruttuosa collaborazione, e di quasi totale unità di vedute, sono i rapporti con il Labour di Jeremy Corbyn. Vicinissimo alla vittoria nelle elezioni parlamentari del Regno Unito post-brexit, e ormai leader della prima forza politica del paese secondo le rilevazioni, Corbyn è riuscito nell’impresa di rinnovare e di rifondare i valori di un partito bicentenario, soppiantando la centralità del totem neo-liberista imposto dal blairismo.
Le proposte su lavoro, politiche sociali e solidarietà vengono messe al centro del dibattito e della comunicazione dai leader delle due sponde della Manica, con chiarezza ed intelligenza di grande efficacia per l’elettorato che soffre l’ascendente populista. Le propaggini di questa “internazionale di sinistra” si estendono fino a “Podemos” in Spagna, guidato da Pablo Iglesias, e all’esperienza di Bloco de Esquerda di Catarina Martins in Portogallo.
Il primo ha occupato il centro della scena politica attraverso i temi delle problematiche sociali e locali, partendo da un acceso movimentismo, ed è riuscito a trionfare alle elezioni e ad attrarre nella sua sfera di influenza il PSOE. Il secondo, pur dotato di un successo elettorale più limitato, ha sfruttato lo stesso ascendente sui socialisti, per dare vita ad un inedito esperimento di collaborazione tra sinistra radicale e riformisti. Entrambi sono al governo, con fruttuose esperienze di collaborazione con il centro-sinistra che finora godono di solidità e consenso. La destra populista nei paesi iberici? Nemmeno pervenuta.
La collaborazione e l’unità tra queste forze politiche è culminata con la dichiarazione di Lisbona per una rivoluzione democratica in Europa, un chiaro manifesto di opposizione tanto ai populismi di destra tanto al neo-liberismo e alle burocrazie europee. A sottolineare l’estensione e l’importanza delle connessioni internazionali del blocco di sinistra, si segnala anche la presenza del Movimento paneuropeo DiEM25 dell’ex ministro greco Yannis Varoufakis, allo stesso modo vicino a queste esperienze, e che si propone di federare e coordinare le forze progressiste in vista delle elezioni europee del 2019.
Infine, negli Stati Uniti, si può ricomprendere all’interno del grande contenitore di alternative della “nuova sinistra” anche un Partito Democratico in profondo rinnovamento (pur tra diverse resistenze) in vista delle prossime presidenziali. Non solo l’anziano Senatore Bernie Sanders, da sempre avanguardia della sinistra americana e uscito sconfitto per un soffio dalle scorse primarie democratiche, ma anche nuove leve, come l’astro nascente Alexandra Ocasio-Cortez (donna, ispanica, lavoratrice, candidata al Congresso e non reticente nel definirsi «socialista»), stanno lentamente ma inesorabilmente prendendo la guida del partito, per sfidare Trump e sognare, anche realisticamente, la vittoria.
Insomma, più che i partiti moderati e liberali del nord-europa, sembra proprio questo ricco mosaico di movimenti e partiti di sinistra lo schieramento più qualificato a confrontarsi con la destra populista, capace anche di sottrarle direttamente consensi perché più vasto, organizzato, proteso al futuro, e vicino alle esigenze degli strati sociali più in difficoltà.
Molti risultati positivi, molti ancora da ottenere. L’importante è non lasciarsi andare al pessimismo. «Il popolo è (anche) con noi».
Luigi Iannone