L’opera di Echo Can Luo, artista cinese esperta di arte asiatica moderna e contemporanea, rappresenta un vero e proprio salto nell’era digitale contemporanea. Suo è il beauty_alpha art project, un’installazione artistica che, sfruttando metodi informatici e tecnologie avanzate, consente allo spettatore di riflettere sulla preoccupante influenza dei social media sull’immagine e sul senso di sé, in particolare se il fenomeno viene analizzato in relazione all’identità femminile e ai pregiudizi estetici.
Frankenstein 4.0: con Echo Can Luo i social a processo
Le immagini veicolate dal beauty_alpha project rappresentano uno specchio in cui riflettersi e attraverso il quale tutti noi possiamo osservare cosa ci sta accadendo nell’era del digitale e dell’intelligenza artificiale. Non si può, infatti, non rimanere in silenzio dinanzi all’opera denominata Beauty and Bundle, in cui un modello robotico di donna, senza identità, viene ripetutamente ricoperto con immagini provenienti dai social media: è attraverso l’assemblaggio di tutti gli stimoli presenti sul web che l’indistinta figura femminile si forma e prende vita. Si potrebbe parlare di una sorta di Frankenstein figlio della generazione digitale, che avvicina uomo e macchina, puntando a raggiungere una perfezione che non esiste se non nella realtà virtuale.
Un’immagine, questa, che incute un profondo disagio e che ci costringe a riconsiderare, seppur per brevi istanti, i confini tra realtà e finzione: quanto di quello che guardiamo è autentico? Nessuna imperfezione sul corpo e sul volto, anche in età avanzata, e vite perfette; bastano un filtro e una canzone di sottofondo ed ecco il film che tutti vorrebbero vivere. E così si perde l’essere umano, che, invece, è sempre più fragile, perché deve rispettare gli standard che gli vengono costantemente imposti, e anche la chirurgia estetica, nata con un nobile scopo, diventa un modo attraverso cui sfuggire a sé stessi.
Come Frankenstein era il frutto dell’abuso della scienza e che è finito per ritorcersi contro il suo stesso creatore, anche ciò che stiamo facendo noi con la tecnologia e l’intelligenza artificiale finisce per sopraffarci e alienarci. Echo Can Luo probabilmente confida nel valore catartico dell’arte, che deve necessariamente farci riflettere sul nostro tempo e riportarci a noi stessi.
L’esposizione al Frauenmuseum di Bonn
Il Frauenmuseum di Bonn, fondato negli anni ’80 da Marianne Pitzen, è forse il luogo più adatto ad accogliere la provocazione di Echo Can Luo. Il museo, infatti, conserva al suo interno opere appartenenti a molto artiste poco conosciute che, con le loro opere, ribaltano i pregiudizi che contraddistinguono la società e che gravano, in particolare, sulle donne. Molte delle artiste, infatti, sono impegnate in quelle che oggi vengono definite le STEM, acronimo che indica le discipline scientifico-tecnologiche e i relativi corsi di studio, che ad oggi, stando alle statistiche, contano ancora principalmente uomini. Sicuramente l’arte di Echo Can Luo contribuisce a un cambio di prospettiva anche in tal senso.
Mariella Rivelli