L’800 rappresenta per la chimica un secolo a dir poco rivoluzionario.
Nel corso degli anni precedenti, coloro che per la prima volta vengono definiti scienziati, abbandonando con Robert Boyle le vesti d’alchimista, sono ancora fortemente influenzati da dottrine filosofiche. In particolare il “Vitalismo” è sostenuto anche dagli scienziati più autorevoli. Berzelius afferma pubblicamente che la sintesi di alcuni composti, definiti per la prima volta organici, è irrealizzabile. Necessaria è la “vis vitalis”, insita in tutto ciò che comunemente è considerato vivo.
L’uomo ammette la sua incapacità nel poter realizzare la vita in laboratorio.
Un nuovo limite è stato tracciato, ma è natura umana porre un limite per poi superarlo.
Friedrich Wöhler, nato nel 1800 e laureatosi in medicina nel 1823, raggiunge ciò che in quegli anni è considerata la nuova Terra di Thule.
Pur essendo il migliore allievo di Berzelius, è fervido oppositore del Vitalismo. Per lui il Vitalismo rappresenta la nuova teoria del “Flogisto“, ed è suo compito ripetere l’opera del celeberrimo Antoine Lavoisier. Tenta quindi di creare in laboratorio un composto organico, che a quei tempi significava “affine alla vita” (ora invece si definisce molecola organica ogni composto del carbonio, a eccezione di quelli classificati come inorganici, come ad esempio gli ossidi).
Nel 1827 Wöhler tenta di preparare il cianato di ammonio, partendo dal cianato d’argento e cloruro d’ammonio, seguendo gli schemi operativi della “reazione a doppia decomposizione”:
AgOCN + NH4Cl => AgCl + NH4OCN
Non riesce nel suo intento; ma se perseverare è considerato diabolico, Wöhler ha diritto di sedere alla sinistra del Diavolo nel banchetto dell’inferno. Ritenta con il cianato di piombo e una soluzione acquosa di ammoniaca: Pb(OCN)2 / NH3 (l)
La reazione è svolta a 0 gradi Celsius per poi essere sottoposta a riscaldamento. Ottenne casualmente un composto adulterato, diverso dai sali previsti, definendolo “Senza colore, puro, molto più grande dei cristalli da 2,5 centimetri”.
In seguito ad altri esperimenti analitici il “fortunato” Friedrich Wöhler comprende di aver realizzato l’urea, scoperta nel 1773 da Hilarie Rouelle nell’urina umana.
“Il caso aiuta solo le menti preparate”
(Pasteur)
Riuscito nel proprio intento, l’allievo si reca dal maestro Berzelius: “Le dimostrerò di poter realizzare l’urea senza l’ausilio di un rene.”
Tali le parole del medico, che inconsapevolmente ha ammutolito l’ipse dixit imposto dal Vitalismo, rendendo l’uomo verosimilmente simile a un Dio.
La scoperta di Wöhler non fa altro che “abbassare l’energia di attivazione” per permettere all’uomo di effettuare una reazione “chimica-sentimentale”, tale da infondere nelle persone una fiducia esorbitante nei confronti della scienza e della mente umana (ricordiamo che durante questi anni prende forma la corrente filosofica e culturale europea del Positivismo).
L’uomo si sente sempre più vicino al mistero della vita, alla sua comprensione, e
tali sentimenti sono espressi anche in altri ambiti artistico-scientifici; infatti in ambito letterario l’autrice britannica Mary Shelley pubblica nel 1831 l’edizione finale di “Frankenstein; or, the modern Prometheus“.
Attualmente la reazione di sintesi dell’urea è ben nota: sintesi urea – essa è largamente utilizzata in ambito agricolo (come fertilizzante) e cosmetico (idratante e ammorbidente).
Giovanni Emendato.