Una marcia indietro sull’ambiente in ragion di ripresa economica non deve essere auspicabile. Negli USA con l’oleodotto Keystone ci stanno già provando, ma la pandemia deve insegnarci l’esatto contrario: tutelare maggiormente l’ambiente.
Abbiamo il dovere di imparare le grandi lezioni che la storia ci offre: dopo le grandi crisi economiche passate, la repentina diminuzione delle emissioni è sempre stata di breve durata a causa di una tendenza a risanare l’economia con scelte poco green, atte a massimizzare il profitto immediato, legate ad un rilancio della costruzione di centrali a carbone e altre infrastrutture inquinanti.
Abbiamo visto, anche per questa crisi sanitaria, come nelle regioni più colpite dall’emergenza COVID-19 i livelli di inquinamento atmosferico siano notevolmente diminuiti, come logica conseguenza del blocco totale delle attività industriali e del traffico. La pandemia evidenzia anche lo stretto legame tra tutela dell’ecosistema e salute. È quindi di vitale importanza non fare marcia indietro per nessuna ragione.
In un recente rapporto del WWF, intitolato “Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi” e analizzato da Asvis, l’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile, si legge che «Esiste un legame strettissimo tra le malattie che stanno terrorizzando il Pianeta e le dimensioni epocali della perdita di natura. Queste non sono catastrofi del tutto casuali, ma la conseguenza indiretta del nostro impatto sugli ecosistemi naturali». Il pericoloso livello di emissioni presenti nell’aria, la continua deforestazione, gli squilibri di biodiversità, sono tutti fattori che incidono sulla diffusione e la proliferazione di infezioni virali. La pandemia ci ha messi di fronte ad una realtà ormai non più bypassabile.
Come è noto, il fallimento politico in ambito ambientale ha ridotto di due terzi i tempi di azione: gli Accordi di Parigi sono ormai obsoleti e per tale ragione la pandemia non deve né può essere una scusante atta a continuare a snobbare le politiche ambientali, ma, al contrario, deve essere interpretata come una grande opportunità utile ad applicare misure concrete ed efficaci per la salvaguardia della natura.
Come si legge in un articolo apparso su Greenreport, «Alla Sapienza spiegano che l’attuale epidemia di Covid-19, originata nella provincia cinese di Hubei e causata da un coronavirus simile a quello della Sars, sta tenendo ancora una volta il mondo sotto scacco. Questa non è che l’ultima di una serie di pandemie che hanno terrorizzato Paesi di ogni parte del mondo negli ultimi anni: Ebola, Sars, Zika, MERS, H1N1, solo per citarne alcune»: è arrivato dunque il momento di apprendere qualcosa da questa amara lezione.
Le gravi e grandi implicazioni economiche legate alla pandemia non devono far indietreggiare su temi sensibili e importanti quali l’ambiente: non si può contrapporre all’emergenza sanitaria quella ambientale con la scusa di tornare così a perseguire scelte meramente economiche e non ecosostenibili.
La pandemia deve farci riflettere sull’importanza di azioni ambientali sostenibili, e sul fallimento evidente della politica che ha, quantomeno, accentuato ed accelerato i cambiamenti climatici. Come si legge in un articolo di Repubblica: «Dai cambiamenti nei consumi e negli stili di vita alle sfide dell’economia circolare, della decarbonizzazione e della mobilità sostenibile: la pandemia da coronavirus sta sconvolgendo abitudini, modi di vivere e modelli produttivi ma apre anche una riflessione su come ripensare le abitazioni, gli spazi intermedi (terrazzi, balconi, giardini condominiali ecc) e le città per vincere le sfide delle green city». Sono infatti questi i temi proposti nel dossier “Pandemia e sfide green del nostro tempo” curato dal Green City Network e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile in collaborazione con Ecomondo Key Energy.
La recessione e le implicazioni economiche causate dalla pandemia, non devono essere prese come scuse per regredire a stadi precedenti di tutela ambientale, ma anzi, devono essere lo slancio per progredire verso un’economia green, ora più che mai necessaria. È infatti necessaria una prospettiva verde dopo la pandemia, che non dia adito alle preoccupazioni di chi sostiene che ci sarà un pericoloso rilancio della costruzione di centrali a carbone e altre infrastrutture inquinanti, nel tentativo di far ripartire l’economia, così da cancellare, già nel medio termine, qualunque miglioramento dovuto al calo delle emissioni.
È dunque estremamente importante, mentre si cerca di uscire dalla pandemia e progettare la ripresa economica, rimanere vigili sulla possibilità che consolidate leggi e norme a protezione dell’ambientale non vengano abbuiate in nome della emergenza, come è stato recriminato dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente statunitense (EPA), che ha annunciato giovedì 26 marzo 2020 un eccessivo allentamento dei requisiti di conformità ambientale come risposta alla pandemia. «La sospensione dei requisiti di monitoraggio ambientale consente a centrali elettriche, petrolchimici ed altri impianti industriali di autodeterminare la loro capacità di soddisfare i requisiti di legge per quanto riguarda inquinamento dell’aria e dell’acqua», si legge su Scienza in rete, e questo desta non poche e preoccupazioni.
Ma ciò di cui abbiamo bisogno non è certo quello di un ritorno allo status quo ante; serve, già da ora, pensare ad una prospettiva verde che sia in grado di promuovere ed investire in soluzioni ambientali sostenibili: dallo sfruttamento delle risorse rinnovabili, alle infrastrutture e i trasporti, a nuovi sistemi di gestione dei rifiuti con possibilità concrete di riutilizzo e compostaggio, nonché alla definizione di nuovi standard di efficienza energetica. Tutte soluzioni che dovrebbero essere lette anche in chiave economica come possibilità di migliorare il sistema finanziario, almeno nel medio e lungo periodo.
È quindi evidente come le scelte che prederemo adesso, saranno di cruciale importanza per determinare la qualità futura della nostra civiltà. Per questo è necessario promuovere un modello diverso di produrre e consumare, slegato dagli interessi delle industrie fossili che ancora primeggiano nel nostro panorama e che tenga conto innanzitutto della salvaguardia dell’ambiente.
Martina Guadalti