“Le Canzoni fanno male” oltre a dare il titolo al brano con cui Marianne Mirage ha partecipato alla 67esima edizione del Festival di Sanremo nellla categoria, Giovani proposte, è anche il nome del suo nuovo EP.
La giovane artista di Cesena ci racconta la sua esperienza all’Ariston e non solo.
Marianne Mirage è un’artista poliedrica, come si evince dalla sua Bio: “cantante, musicista, attrice e designer. Si avvicina al mondo dell’arte, sin dall’età di sette anni, grazie al padre pittore. Poi scopre un’intensa passione per la musica, in particolare per le atmosfere black, soul e per le grandi voci del jazz internazionale.”
Eliminata già durante la prima serata, Le canzoni fanno male, ha sicuramente lasciato il segno piazzandosi tra i primi 50 brani più ascoltati in Italia su Spotify, e riscuotendo un grande successo in radio.
I co-autori di musica e testo sono Kaballà e Francesco Bianconi (Baustelle) del quale si nota la penna in maniera particolare, la canzone potrebbe tranquillamente far parte di un disco dei Baustelle, ma ciò non toglie che l’esibizione della Mirage sia stata tecnicamente ed emotivamente perfetta.
È una canzone che porta con sé un messaggio ben definito: le canzoni, che sanno cogliere in profondità i sentimenti contrastanti di una relazione amorosa o di qualsiasi altro intreccio emozionale, spesso e volentieri sanno farci male.
Riescono a colpirci al punto giusto e non si risparmiamo nulla.
“Forse abbiamo esagerato un po’, ma l’abbiamo fatto anche per omaggiare le canzoni del Festival”, dicono Marianne e Bianconi a Repubblica l’indomani dell’eliminazione.
Siamo riusciti a metterci in contatto con lei durante le sere del Festival e ci ha gentilmente concesso un’intervista (realizzata poi a Festival concluso), nella quale abbiamo parlato di musica, di come è nata la collaborazione con Bianconi, le abbiamo chiesto se è vero che la concezione di canzone sanremese stia subendo un processo di innovazione, del perchè abbia scelto di vestire H&M (famosa catena di magazzini per abbigliamento Low Cost) e di tanto altro.
A seguire l’intervista.
Marianne sei stata la prima ad esibirsi, aprendo la gara tra le Giovani Proposte, com’è stato l’impatto con l’Ariston? E come hai vissuto i tuoi giorni a Sanremo?
“Sono stati giorni intensi dove c’è molto lavoro che si concentra in tre giorni. Ed è anche questo il bello perché così si è sempre attivi, anche se si dorme due ore a notte ne vale la pena. Magari da casa questo aspetto non viene preso in considerazione, si vede solo l’esibizione e le interviste. E’ stato bello aver l’opportunità di conoscere altri artisti (riferendosi ai cosidetti big), di passare le serate con loro. Non se se sia stato così per tutti, ma io ho legato molto ad esempio con Paola Turci, con Francesco Gabbani, con Ermal Meta.
Poi dipende dalle energie che uno ha, io dormo talmente poco che riuscivo a permettermi di tracorrere serate a parlare con loro. E sono rimasta molto colpita dall’ambiente che è venuto a crearsi”.
Com’è nata la collaborazione con Francesco Bianconi (autore insieme a Kaballà di testo e musica), e i Baustelle fanno parte delle tue influenze musicali?
“Assolutamente sì, ho sempre ascoltato i Baustelle. La collaborazione con Bianconi è frutto di due conseguenze, non appena l’ho ascoltata ho pensato:«Questa canzone devo cantarla e devo portarla all’Ariston». E a quel punto ho fatto di tutto per cantarla al meglio e far sì che Bianconi scegliesse di affidarmela. Quando l’ha ascoltata cantata da me, ha voluto incontrarmi, mi ha fatto i complimenti ed era molto contento. Ho ricevuto critiche perché forse il brano non rispetta i “canoni della canzone sanremese”, infatti considerando che mi hanno mandato via subito direi che non è stata proprio capita, ma sono dell’avviso che sia una fine abbastanza ovvia per le nuove proposte interessanti a Sanremo. Ci vuole un ascolto in più. E lì è difficile perché hai i minuti contati per far vedere il personaggio, il modo in cui canti, far sentire l’arrangiamento, il testo. Non a caso in radio sta andando molto bene, probabilmente le persone avrebbero bisogno di più tempo per capirla. Un artista è un artista sempre e non solo a Sanremo, la cosa davvero importante per me è suonare nei live e riuscire a coinvolgere ed emozionare quanto più possibile”.
Hai scelto di vestire H&M, famoso marchio di magazzini Low-Cost, c’è un messaggio in questa scelta?
“Tutto ciò che faccio non è mai dettato dalla casualità, ho sempre una grande attenzione per i particolari. Mi sono chiesta cosa ci rende “super-fighe”, senza farci spendere tanto ed ho pensato ad H&M. Anche nei live non indosso mai vestiti costosissimi, non potrei permettermeli. Sanremo è una vetrina, ed è bello pensare che se magari a qualcuno è piaciuto il modo in cui ero vestita, e che se volesse indossare quei capi per una qualsiasi occasione, li può acquistare ad una modica cifra. La definirei una scelta democratica.”
Come giudichi questa edizione del Festival tenendo conto di tutte le discussioni scaturite dalle eliminazioni di Al Bano e Gigi D’Alessio? È davvero cambiato lo scenario della canzone italiana?
“Sì, dei pilastri del Festival sono stati eliminati immediatamente, questo potrebbe essere sinonimo di cambiamento, però ricordiamo che Fiorella Mannoia è arrivata sul podio e rappresenta sempre musica di qualità. Francamente non credo che gli altri big in gara, soprattutto fra i più giovani, vi sia stato un azzardo. Tutt’altro, mi è sembrato che tutti si siano attenuti abbastanza alla “tradizione”. C’è stato un ricambio generazionale ma non c’è stato un ricambio musicale. Forse perché rappresenta sempre un rischio osare un po’ di più sul palco di Sanremo. Molto spesso interessa di più il successo che proporre qualcosa di diverso. Sono contenta per la vittoria di Francesco Gabbani, perchè nonostante sia stata un’edizione social, ha vinto un artista che di social ha ben poco se non la scrittura del brano che ha proposto. E, anche se ho visto pochi azzardi, mi rendo conto della grande professionalità e della dedizione di tutti i partecipanti“.
Da poco è uscito il tuo EP, che ha il nome del singolo che hai portato a Sanremo, “Le Canzoni fanno male”, un lavoro diverso dal disco che lo aveva preceduto: maggiore sperimentazione delle sonorità, e si evince dai testi una scrittura più matura, dettagliata ed efficace. Come commenti questo lavoro?
“Il mio punto di vista è sempre quello, però ho raggiunto una consapevolezza musicale che si rilette anche nella scrittura: adesso sento l’esigenza di raccontare una parte di Soul che in Italia manca e ho voglia di sperimentare, gli arrangiamenti dell’EP sono abbastanza coraggiosi per affrontare il pop italiano così come i testi. Coraggiosi e giovani”.
Una personalità determinata, consapevole delle proprie capacità, ma allo stesso tempo molto profonda. La sua musica è ad alto impatto emotivo, disarmante e pregna di ritmi soul che riportano alla mente i primi dischi della Whinehouse.
Buona fortuna, Marianne.
Giuseppe Luisi