La scorso fine settimana la Moldavia è andata al voto per eleggere, direttamente per la prima volta dal 1997, il proprio presidente, in una competizione in cui si sono confrontati Igor Dodon, candidato socialista e vicino alla Russia e Maia Sandu, europeista convinta, sostenuta dal Partito Popolare.
A prevalere, alla fine, il candidato filo-russo, con il 52.12 per cento dei consensi e una percentuale di votanti piuttosto bassa, dal momento che solo poco più della metà degli aventi diritto si è presentata alle urne.
Contenuta la soddisfazione del nuovo presidente, che ha dichiarato ai sostenitori che la sua vicinanza a Vladimir Putin non inficerà il suo governo, né lo farà la distanza delle sue posizioni rispetto a quelle della sua avversaria.
È proprio questo uno dei nodi di questa elezione: stabilire cioè se la politica di Dodon sarà proiettata o meno verso l’Europa.
Le premesse, a dire il vero, sono tutt’altro che rosee, perché sarà molto difficile che il nuovo eletto non tenga in debita considerazione le propensioni della Russia, che peraltro aveva già imposto un divieto sulle esportazioni agricole in risposta alle aspirazioni europeiste della Moldavia.
D’altronde, è difficile ipotizzare che la politica di questo minuscolo Paese dell’est europeo possa declinarsi in maniera del tutto autonoma: è ancora molto forte, difatti, il rapporto con Mosca, né potrebbe essere altrimenti, viste le condizioni di estrema povertà del Paese, che ha bisogno di partner commerciali affidabili e di consistenti prestiti internazionali, come quello approvato di recente dal Fondo Monetario Internazionale, pari a circa 178 milioni di dollari.
Ad ogni modo, e pur trattandosi di un piccolo Stato ai margini dell’Europa che conta – almeno dal punto di vista economico – il risultato delle elezioni in Moldavia può offrire una valida chiave di lettura degli equilibri continentali da qui ai prossimi mesi.
Sul fronte interno, sarà invece interessante capire le intenzioni di Dodon sulla questione della Transnistria, piccolo Stato fantasma – poiché ufficialmente non riconosciuto – situato nell’est del Paese.
Carlo Rombolà