Germania, la prima vittoria non si scorda mai: il trionfo di AfD in Turingia
Fonte immagine: Wikimedia Commons

La prima vittoria non si scorda mai. Ed è già nella storia: Alternative für Deutschland (AfD), partito di estrema destra, e da anni la forza politica più “chiacchierata” della Germania, ha vinto le elezioni regionali nel lander della Turingia, nell’est del Paese. E lo ha fatto sbaragliando la concorrenza delle formazioni di governo e di chi ha governato fino a quel momento la regione. E ora Berlino trema e la legittimità del cancelliere Olaf Scholz e della sua coalizione “semaforo” è messa in seria discussione.

Anche in Sassonia AfD ha sbaragliato la concorrenza, perdendo di pochi punti percentuali nei confronti della CDU, molto forte in quel lander. Durante lo spoglio in Turingia, il leader locale aveva definito quella serata come “storica”. E in effetti è così: si tratta della prima vittoria in assoluto di AfD ad una elezione regionale ed è la prima volta dalla Seconda guerra mondiale che l’estrema destra vince un’elezione in Germania.

Ovviamente sarà molto difficile per AfD riuscire ad esprimere il governo locale, in quanto nessun partito sembrerebbe essere disposto ad entrarci in coalizione. Ciò non toglie che il momento sia davvero “eccezionale” e che gli umori in Germania siano profondamente mutati rispetto al passato. Una situazione che di certo non sorride al cancelliere e al suo governo ma nemmeno agli altri partiti, come Die Linke, che fino a questo momento aveva governato la regione e che ha perso più della metà dei consensi, passando dal 31% al 13,1%.

Come ha fatto AfD a vincere

No, nessun effetto sorpresa. Da diversi anni il partito di estrema destra AfD è una realtà consolidata, soprattutto nell’ex Germania orientale, ma in generale in tutto il Paese. Anche alle ultime elezioni Europee del 9 giugno, AfD registrò un grande risultato nei Land dell’est. In Turingia, il partito di estrema destra è stato il più votato, mentre è arrivato secondo in Sassonia, dietro i democristiani della CDU, la formazione che fu di Angela Merke ed è ora guidata da Friederich Merzh.

Da sottolineare, inoltre, l’exploit di BSW, partito rossobruno guidato da Sahra Wagenkneckt che ha fortemente contribuito alla débâcle di Die Linke e, quindi, alla vittoria di AfD. Fortemente populista, e di difficile collocazione, BSW è una formazione politica filorussa, ideologicamente di sinistra ma con punti in comune, soprattutto su migranti e vaccini, con l’estrema destra.

Nonostante il grande risultato, sarà molto difficile che AfD possa governare i due Land. Il sistema proporzionale tedesco obbliga ad una ricerca di alleati, e ad oggi nessun altra forza politica intende entrare in coalizione con l’estrema destra. L’opposizione governativa della CDU ha già escluso qualsiasi accordo. E anche BSW non sembrerebbe essere interessata, nonostante l’esistenza di alcuni punti programmatici comuni. Sarebbe troppo rischioso, infatti, per BSW, ad appena un anno dalla sua fondazione, rischiare un’alleanza profondamente impopolare come questa e che potenzialmente potrebbe far interrompere quel flusso di voti in arrivo soprattutto dalla sinistra.

Una domanda, però, sorge spontanea: come ha fatto AfD a vincere? Nonostante i recenti scandali e le sue posizioni fortemente radicali e xenofobe, una parte dell’elettorato continua a sceglierla. Le ragioni di questo voto non sono necessariamente legate a quelle di una scelta basata solo ed esclusivamente su un voto di protesta bensì sulla storia degli ultimi 70 anni, soprattutto se ci si riferisce alle regioni orientali della Germania. In particolare si tratta di ragioni che risalgono alla divisione in Germania Est ed Ovest ai tempi del Muro di Berlino, alla riunificazione e ai fenomeni legati alla globalizzazione. Inoltre, alla base del radicamento di AfD c’è una precisa scelta strategica di insediarsi laddove la presenza dello Stato, soprattutto lo “stato economico”, è percepita come deficitaria. Storia e strategia, a cui si aggiunge una martellante comunicazione sui social, ormai sempre più indispensabile per colpire tutte le fasce della popolazione.

Nonostante la riunificazione e i numerosi investimenti governativi e privati effettuati nella parte orientale del Paese, gli Stati federati dell’ex DDR sono ancora maggiormente arretrati economicamente rispetto a quelli occidentali. Inoltre, secondo uno studio realizzato dalle Università di Jena, Lipsia e Görlitz/Zittau i cittadini provenienti da queste regioni sono sotto-rappresentati nelle posizioni di potere rispetto a chi viene dall’Ovest. Tutto ciò ha portato a risentimento e ad un rapido spopolamento negli ultimi decenni.

Alla base del voto ad AfD c’è dunque una questione identitaria. C’è circa il 17% della popolazione tedesca, cioè gli abitanti delle regioni orientali, che si sente esclusa dalle dinamiche berlinesi. C’è un forte risentimento nei confronti delle politiche adottate dal governo, percepito come un monolite di potere al servizio delle dinamiche dell’Ovest e non dell’Est. Una storia di integrazione interna mai realmente completata, nonostante i 2mila miliardi di euro investiti tra il 1990 e il 2014 per ridurre il gap tra le “due Germanie”. Per questo motivo i cittadini “comuni” si sentono in dovere di punire attraverso il voto quelle élite liberal-democratiche del Paese, la sinistra tradizionale al governo e tutti quei partiti percepiti come lontani dagli interessi di queste regioni. Motivi, questi, che non hanno mai permesso un radicamento di quelle formazioni politiche tradizionali.

E la situazione internazionale non aiuta, in quanto il sostegno alla causa ucraina fornisce terreno fertile ad AfD e al BSW di insistere su temi molti sentiti come l’inflazione, l’aumento dei prezzi dell’energia e la questione migratoria. Tra l’altro, nemmeno due settimane prima del voto, un reportage del Wall Street Journal ha rivelato che la decisione del sabotaggio del Nord Stream fu presa in una riunione di politici e imprenditori ucraini. Un elemento che ha influito decisivamente per il risultato elettorale, in quanto i cittadini di Sassonia e Turingia hanno scoperto che alla base delle loro difficoltà energetiche non ci sono i russi ma gli ucraini, che il loro Paese e i partiti di governo – tra cui la SPD di Scholz che all’epoca, insieme alla CDU, ne decise la costruzione – sta sostenendo.

Dall’Est un monito per tutta la Germania

Non sono in molti, soprattutto dopo la vittoria di AfD in Turingia e l’ottimo risultato in Sassonia, ad ipotizzare un futuro assalto dell’estrema destra al governo nazionale. Tutti i partiti tradizionali sono usciti malconci dal voto regionale: preoccupa, infatti, la fatica con cui anche la CDU stia cercando di riappropriarsi del proprio elettorato e il fatto che, nonostante i numeri in Sassonia, un partito tradizionale e di “governo” non riesca più a sfondare come un tempo.

Tuttavia, è indubbio che la portata di questa pesante sconfitta elettorale riguardi soprattutto la maggioranza di governo. I tre di partiti governo (Verdi, FDP e SPD) non paiono aver trovato una quadra per uscire da una crisi che perdura da troppo tempo. Eccessiva indecisione sul fronte internazionale – con i continui richiami della NATO e di Washington nei confronti del cancelliere “che ha paura di decidere” – e una situazione interna che tra migranti, sicurezza e inflazione, è tutt’altro che rosea. Del resto, nemmeno i sondaggi per le elezioni nei prossimi Land (il 22 settembre in Brandeburgo) paiono sorridere all’esecutivo Scholz.

Com’è naturale, la sconfitta in Turingia e in Sassonia ha rafforzato le voci circa la legittimazione della coalizione di governo. Il vicepresidente del Bundestag, Wolfgang Kubicki, a questo proposito è stato più eloquente twittando domenica sera una frase che è tutta un programma: «il semaforo ha perso la sua legittimazione». Mentre dal Reichstag filtra pessimismo, i Verdi e FDP attribuiscono la causa della sconfitta alla crescita della CDU, che starebbe logorando il loro consenso, e la SPD ritiene che tutti i problemi siano imputabili alla “scarsa comunicazione”.

In attesa del 22 settembre, quando i socialdemocratici e la coalizione di governo dovranno difendere la roccaforte del Brandeburgo, pare che nessuna delle tre formazioni al governo si in grado di trovare un antidoto alla crisi o una strategia per ridurre i danni. L’AfD continua a crescere e a logorare la legittimità dell’esecutivo di Olaf Scholz mentre la sinistra si spacca a causa della diaspora di BSW. Anzi, sembrerebbe che in alcuni casi l’unica soluzione auspicata da tali partiti sia quella di interrompere un anno prima l’esperienza di governo, nonostante il rischio di essere ridotti all’irrilevanza, in caso di voto anticipato, sia altissima.

Un’eventuale sconfitta a Potsdam il 22 settembre inaugurerebbe un ultimo anno di mandato nerissimo per Scholz. E negli ambienti politici tedeschi si parla già di una sua sostituzione. Uno scenario che, almeno per ora, resta davvero lontano. Ciò non toglie che un’altra magra figura della SPD possa comunque incidere sul futuro del cancelliere, facendogli escludere, ad esempio, la possibilità di correre per la rielezione il prossimo anno.

Fuori dalla stanza dei bottoni, nemmeno l’appello all’unità contro l’estrema destra sembrerebbe aver funzionato. I leader delle principali formazioni politiche tedesche hanno escluso una collaborazione con il partito di Björn Höcke. Ciò non toglie che l’estrema destra di AfD,possa essere davvero influente in entrambi i Land di Turingia e Sassonia. Non sono pochi i provvedimenti che richiedono una maggioranza di due terzi per essere approvati (come ad esempio le nomine dei rappresentanti regionali al Bundesrat). Non passerà molto tempo prima che qualcuno dovrà sedersi al tavolo anche con loro.

Insomma, la situazione politica della “sempre equilibrata” Germania parrebbe non essere delle migliori. AfD sta proseguendo sulla strada della legittimazione all’interno delle istituzioni mentre i partiti tradizionali non riescono a trovare una quadra all’emorragia di voti e di legittimità che, in tutta Europa, sta punendo i partiti più istituzionali. Alcuni giornali ritengono che l’onda nera derivi dallo Zeitgeist di questa particolare contingenza storico-politico. La realtà, però, sembrerebbe suggerire che si tratti di un fenomeno ben più profondo.

Donatello D’Andrea

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