In Siria si torna a combattere e a morire. Ad appena cinque giorni dal cessate il fuoco, violenti scontri si sono verificati nella serata di venerdì alla periferia est di Damasco tra esercito governativo e gruppi ribelli, forse i qaedisti di Jabhat Al Nusra, o i miliziani di Jaysh al-Islam, vicini all’Arabia Saudita. L’Osservatorio nazionale per i diritti umani parla di oltre 50 morti in sole 24 ore: tra questi, almeno 30 i civili di cui undici minori.

A confermare il fallimento della tregua arriva anche la notizia del bombardamento di una base governativa a est del Paese, colpita «in modo non intenzionale» durante un’operazione della coalizione anti-Isis, guidata dagli USA. Sono 62 i militari siriani ad aver perso la vita. Damasco non perdona l’errore e accusa Washington di sostenere «Daesh e altri gruppi terroristici». Denuncia rinforzata dalle pesantissime parole di Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo: «Dopo i raid aerei sull’esercito siriano, siamo giunti alla spaventosa conclusione che la Casa Bianca difende l’Isis», che a seguito dei bombardamenti ha guadagnato terreno a scapito del regime.

Per fronteggiare questa grave crisi diplomatica, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha immediatamente indetto una riunione di emergenza. La tregua, iniziata lo scorso lunedì dopo un difficile accordo tra Stati Uniti e Russia, avrebbe dovuto permettere all’ONU di portare aiuti umanitari alla popolazione siriana, martoriata da mesi da un conflitto che sembra non avere conclusione. Non è certo chi per primo abbia riacceso l’ostilità: ribelli e regime si accusano a vicenda, mentre l’ONU denuncia Assad di non permettere il passaggio dei 40 camion carichi di beni primari per i civili siriani, bloccando militarmente la principale via d’accesso ad Aleppo.

È proprio questa l’area più calda del conflitto, contesa da mesi tra Stato Islamico, gruppi ribelli anti-Assad e governo siriano. Al centro degli scontri a fuoco e dei bombardamenti c’è la popolazione civile, che paga il prezzo maggiore degli attacchi: sono più di 400 mila le vittime in tutto il paese, in una tragica realtà che António Guterres, ex Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha definito essere «la crisi umanitaria più grave degli ultimi 25 anni».

In Siria si muore ogni giorno e in ogni luogo, anche negli ospedali mentre i medici soccorrono i feriti. Quasi 7 milioni di civili necessitano di provviste, cure mediche e servizi di prima necessità, ma mentre aumenta l’escalation di violenza in tutto il paese, nessun convoglio umanitario ha ancora raggiunto la popolazione. Intanto, cresce anche l’emergenza profughi: sono oltre quattro milioni i siriani costretti alla fuga oltre il confine, ovvero «la più grande popolazione di rifugiati causata da un unico conflitto in una generazione».

Rosa Uliassi

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