L’Italia è uno dei Paesi europei maggiormente a rischio per quanto riguarda il dissesto idrogeologico, espressione che indica i processi morfologici che causano un degrado del suolo.
Dai dati che l’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha raccolto nel rapporto “Dissesto idrogeologico in Italia” è emerso che ogni anno sono oltre un migliaio gli eventi franosi che colpiscono il territorio nazionale causando gravi danni ingenti e vittime.
L’Ispra in collaborazione con Regione e Province autonome d’Italia ha censito 499.511 frane nel nostro paese che interessano un’area di 21.182 chilometri quadrati, pari al 7 per cento del territorio nazionale. Gli abitanti coinvolti sono circa un milione. Numeri poco rassicuranti anche per quanto riguarda le zone a pericolosità idraulica: più del 20% della superficie italiana è a rischio alluvioni e la vita di quasi 2 milioni di persone è a repentaglio.
Le regioni con le maggiori superfici a pericolosità elevata sono Emilia-Romagna (3331 km2), Toscana (3062), Valle d’Aosta (2671), Campania (2670), Abruzzo (1613), Piemonte (1515) e Lombardia (1450). A livello comunale, è invece a rischio l’88,3% dei comuni italiani. I crolli e le colate di fango di maggiore impeto e che ricordiamo a distanza di anno si sono verificate in Versilia (1996), a Sarno e Quindici (1998), in Piemonte e Valle d’Aosta (2000), in Val Canale (2003), a Messina (2009), in Val di Vara, in Cinque Terre e Lunigiana (2011).
In pericolo non solo i cittadini, ma anche aziende e monumenti storici. Quasi 80 000 unità locali di imprese si trovano in aree a rischio dissesto idrogeologico elevato e molto elevato per un totale di oltre 200.000 addetti che ogni giorno rischiano la vita. Le aziende esposte a pericolo inondazione sono, invece, 576.535 e i lavoratori a rischio superano i due milioni. 34 651 beni architettonici, monumentali e archeologici sono potenzialmente soggetti a fenomeni franosi, mentre nello scenario di pericolosità media delle alluvioni ricadono circa 69.000 beni culturali.
A detta dei ricercatori dell’Istituto le condizioni di rischio idrogeologico dipendono certo dalle caratteristiche del territorio italiano, ma anche dal forte incremento, a partire dagli anni Cinquanta, delle aree urbanizzate, industriali e delle infrastrutture spesso avvenuto in assenza di una corretta pianificazione territoriale e con percentuali di abusivismo che hanno raggiunto anche il 60% nelle regioni dell’Italia meridionale. Sono necessari interventi strutturali e non strutturali di mitigazione del rischio e delle politiche di coesione nel Paese.
Vincenzo Nicoletti