suprematismo bianco
Salisbury, North Carolina, agosto 1964. Passeggiata del KKK per le strade del centro. (crediti: Salisbury Post)

La mattina del 3 agosto 2019 il 21enne Patrick Crusius entra nel centro commerciale Walmart nei pressi di El Paso, in Texas, e apre il fuoco uccidendo venti persone di origini messicane. L’attentatore, poco prima della strage, aveva pubblicato su 8chan, piattaforma online del suprematismo bianco transnazionale (oscurato a seguito della vicenda), un manifesto razzista con le sue intenzioni. Uscendo dagli USA, il 15 marzo dello stesso anno, sullo stesso forum, Brenton Tarrant aveva pubblicato il suo manifesto “La grande sostituzione” prima di imbracciare due armi semi-automatiche e massacrare cinquantuno fedeli musulmani in due moschee di Christchurch in Nuova Zelanda. Tarrant trasmette live, su Facebook, i diciassette minuti del suo attentato.

Il filo conduttore tra queste stragi è riconducibile a un fenomeno storico e attuale ben specifico: il suprematismo bianco. Dalla nascita del Ku Klux Klan a seguito dell’esito insoddisfacente, per gli schiavisti del Sud, della guerra civile americana fino ai giorni nostri, tra attentati e nuovi gruppi neonazisti. Negli USA i movimenti suprematisti impiegano abilmente il web per diffondere le loro idee e la campagna elettorale che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca è stato il momento della loro latente legittimazione nel dibattito pubblico e nelle stanze della politica.

I dati recenti del suprematismo bianco

Il Centro sull’estremismo dell’Anti Defamation League riscontra nel 2017 una drastica crescita negli atti di violenti legati al razzismo. Il 2018 è stato il quarto anno più drammatico dal 1970 per quanto riguarda gli omicidi legati al suprematismo bianco. Il fenomeno è crescente: il 73% delle uccisioni legate ad ambienti estremisti sono state compiute da suprematisti, contro un 23% di estremisti islamici negli USA. 

USA
Fonte: le Parisien

Il tutto va analizzato cercando ciò che vi è di strutturale in tutti gli attacchi recenti compiuti da suprematisti. Un giovane, bianco, nazista, imbraccia un’arma e, convinto di salvare la razza ariana ancora ingenua di fronte alla sostituzione etnica, massacra immigrati, neri, musulmani. Le stime sugli attentati di razzismo negli USA annoverano almeno 175 uccisioni di suprematisti bianchi negli ultimi 8 anni.

Breve storia del suprematismo bianco negli USA

Il suprematismo bianco prende progressivamente forma a partire dalla fine della guerra civile americana. In opposizione alla Ricostruzione e all’abolizione dello schiavismo, all’America guidata dagli Stati del Nord, nasce il Ku Klux Klan, che sotto mutata forma ha attraversato la storia degli USA. A fine ‘800 il Partito Democratico, principale portatore di istanze segregazioniste nel Paese, si serviva del KKK per impedire con ogni mezzo l’accesso alla politica ai neri e ai loro sostenitori.

Tra le diverse formazioni che hanno perpetrato l’ideale del suprematismo bianco negli USA, negli anni ’60 nasce il partito nazista (American Nazi Party) di George Lincoln Rockwell che, pur essendo strenuo oppositore di Martin Luther King, cerca un contatto (fallendo) con Malcom X per una battaglia anti-ebraica nel Paese. Gli opuscoli di Rockwell vengono ancora oggi ripresi sui maggiori siti di Alt-Right americani (e non) come esaltazione del razzismo.

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Il libro di Rockwell “Potere Bianco” sul sito del gruppo suprematista “Blood and Honour”

Oggi il panorama del suprematismo bianco è molto variegato, riscontrabile sia in sette pseudo-religiose che in gruppi di skinhead. Tra le organizzazioni negli USA spicca l’Aryan Nations, che da anni sta tentando di diventare una rete per raccogliere diverse realtà neo-naziste sotto la sua etichetta. Anzi, sta rubando la scena al Ku Klux Klan che ha visto molti dei suoi adepti spostarsi verso altri gruppi.

La perdita dei privilegi e l’ultimo dei rhodesiani: la lotta dei suprematisti bianchi

Un cavallo di battaglia dei movimenti ariani resta la storia della Rhodesia e della feroce battaglia condotta dai segregazionisti bianchi nel paese. Nel 1980 la comunità bianca, circa il 7% del Paese, perse molti dei suoi privilegi coloniali quando l’indipendenza fu conquistata e la Zimbabwe African National Union di Mugabe salì al potere. Il mito fa sì che dal 2015 sulla piattaforma 8chan si stia organizzando una raccolta fondi per creare uno Stato di soli bianchi all’interno della Namibia – con tanto di test del DNA per testare il livello di “arianità”.

Il simbolismo della vicenda rhodesiana è assai esplicativo dell’attitudine contemporanea dei gruppi suprematisti; la sensazione è quella di appartenere a una minoranza civilizzata, rigorosamente bianca, minacciata da tutte le altre etnie e religioni non-cristiane che vorrebbero intaccare la purezza della razza europea. Il suprematismo bianco non assomiglia più al razzismo nazifascista, battagliero e orgoglioso della sua superiorità, ma a un razzismo di paura, dominato da una percezione onnipresente di assedio alla razza bianca. Il sito sul quale Dylan Roof pubblica il suo manifesto del razzismo prima di compiere la strage di Christchurch si chiama thelastrhodesian.com, l’ultimo dei rhodesiani. Richiamare questo immaginario avrebbe ancora un che di razionale, se i bianchi fossero effettivamente una risicata minoranza, come era il caso della Rhodesia e dei colonizzatori bianchi.

Il suprematismo bianco si configura oggi come un violento tentativo, di singoli e gruppi, di mantenere l’accesso a quei privilegi sui quali i bianchi hanno potuto speculare per secoli. La “globalizzazione” è uno dei nemici principali dei gruppi ariani negli USA; in periodi di crisi economica e disoccupazione l’identità bianca, qualsiasi cosa significhi questa espressione, si diffonde più facilmente e da retaggio di piccoli gruppetti di nazisti fanatici arriva fino alla politica istituzionale – ricordando i personaggi di cui si circonda Trump, ad esempio. Il bianco sotto assedio è l’immaginario del bianco che perde i suoi privilegi per causa dei neri. La risposta identitaria è la via semplicistica di affrontare i problemi complessi del capitalismo.

L’Alt Right e l’arrivo di Trump

Nel 2010 Robert Spencer, riferimento del suprematismo bianco made in USA e direttore del National Policy Institute, conia il termine Alt Right (Alternative Right, destra alternativa) per identificare coloro che, a destra, non si vedono protetti dai conservatori tradizionali, troppo disinteressati alla difesa dei valori identitari e alla minaccia sionista. Il suprematismo bianco, sfruttando al meglio il web, ha dato così origine a pagine di propaganda molto seguite come Redwatch o Rightpedia, che hanno trovato in Trump un appoggio istituzionale. 

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la homepage del Redwatch polacco

Considerando che l’utilizzo che si fa dei canali mediatici è un importante strumento di egemonia culturale, Trump e l’Alt-Right si incrociano proprio su questa via: la vittoria della voce del popolo contro i media mainstream, la storia-fai-da-te contro la storia. La cultura portata alla ribalta da Trump negli USA legittima ormai pubblicamente, tramite parole e politiche, discorsi nazionalisti basati sull’esclusione e il razzismo. Non fanno testo, ma non fanno nemmeno sorridere, incidenti come il video di sostegno per la sua candidatura alle elezioni presidenziali 2020; pubblicato da Trump lo scorso 29 agosto sul suo profilo Twitter, il video si conclude con un logo identico a quello di VDARE, un noto sito suprematista anti-immigrazione.

suprematismo bianco

Trump e il suprematismo bianco non sono la stessa cosa ma, di fatto, rappresentano spinte che vanno nella stessa direzione. Allo stesso modo gli attentatori bianchi, da Charleston alla Pennsylvania, non possono essere considerati come individui folli isolati dal contesto di crescente legittimazione del loro odio.

Versioni soft appoggiate da questi individui, come Trump, hanno aperto la strada al suprematismo nelle istituzioni. Ma in Italia non siamo da meno. Non si capisce come nella vicenda di Macerata possa passare in secondo piano il fatto che Luca Traini, l’attentatore, fosse candidato in consiglio comunale per la Lega Nord.

Il ben razzista ma altrettanto innocuo vecchietto padano si trova oggi sullo stesso piano (e nello stesso partito) di un giovane nazista con il simbolo del Wolfsangel tatuato sulla fronte. Il suprematismo bianco è una cosa seria, e come tale andrebbe politicamente e socialmente trattata, a partire dal riconoscere forme di razzismo ormai comuni alle nostre istituzioni occidentali.

Lorenzo Ghione

2 Commenti

  1. Bell’articolo, non si dovrebbe mai abbassare la guardia su simili fenomeni. Anche se ad alcuni potrà sembrare azzardato, non è scorretto il paragone finale col Traini candidato della Lega.
    Del resto basta vedere l’aggressione all’ultima adunata di Pontida nei confronti del giornalista di Repubblica o i cori ingiuriosi verso Gad Lerner, identificato come “non italiano” in quanto ebreo, siamo al juden raus di triste memoria nazista. E chi erano queste Erinni fascioleghiste se non i tanto osannati cittadini comuni?

  2. Bell’articolo, scritto bene ed esauriente, nonostante la complessità e la poca trasparenza dell’argomento trattato.
    Anche se l’accostamento tra il Traini leghista e i suprematisti nazi potrà parere, ad alcuni, piuttosto azzardato, non mi sembra scorretto.
    Del resto cosa possiamo pensare dell’ultima adunata di Pontida con annessa aggressione al giornalista di Repubblica e coro di insulti a Gad Lerner ritenuto (si badi bene) “non italiano” in quanto ebreo, un ritorno allo juden raus di triste memoria nazista.
    Non è forse vero che queste Erinni fascioleghiste invasate rappresentano una parte, nemmeno troppo minoritaria, del cosiddetto cittadino comune? Che in altri tempi si sarebbe definito piccola borghesia o maggioranza silenziosa?

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