Chi è Vittorio Colao, il ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale
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Classe 1961, dirigente d’azienda, lombardo. Vittorio Colao è dallo scorso sabato ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale nel governo di Mario Draghi. Un volto nuovo nel mondo politico ma non del tutto: il suo nome era già conosciuto nei palazzi e sui giornali per via della task force pensata per la ricostruzione nel governo Conte II, che aveva elaborato un piano di investimenti che portava il suo nome. Quali innovazioni porterà con sé, adesso che si trova a capo di un Ministero strategico per l’erogazione del recovery fund?

Perché Vittorio Colao è un nome già noto

È il 2020, scoppia la pandemia. L’Italia si trova a fronteggiare una crisi sanitaria improvvisa che diventa presto crisi economica. Ad aprile il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annuncia che verrà formato un comitato di esperti in materia economica e sociale per la gestione di quella che viene definita fase due. Obiettivo? La ricostruzione economica del Paese. A guidare la task force sarà Vittorio Colao. Passano pochi mesi, è giugno: la task force presenta il piano per il rilancio 2020-2022. Centodue le proposte, sei le aree su cui puntare: impresa e lavoro; Infrastrutture e ambiente; Turismo, Arte e cultura; PA; Istruzione, Ricerca e Competenze; Individui e famiglie.

A qualcuno il piano piace, ad altri meno, ma in generale le iniziative sono apprezzate dal mondo produttivo. Il Piano Colao viene però accantonato e di quel lavoro resta poco se non nulla. Non sarà la base neanche per il Recovery Plan, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Trascorrono alcuni mesi, e la crisi di governo riporta Colao al centro della scena. A dirigere uno dei punti chiave del Recovery Plan e del Next Generation EU, la transizione digitale appunto, sarà infatti un tecnico di lungo corso e di consumata competenza: Mario Draghi, incaricato di formare un nuovo governo, punta su Vittorio Colao per il ministero dell’Innovazione tecnologica e la transizione digitale. Ed è subito, anche agli occhi dei più distratti, un vero e proprio riscatto.

Biografia del ministro

Laureato in economia e commercio all’Università Bocconi, consegue un master in business administration alla Harvard University. È a Londra – presso la banca d’affari Morgan Stanley – che inizia la vita lavorativa di Vittorio Colao. Si sposta poi a Milano dove lavora alla McKinsey & company, multinazionale di consulenza. Diventa direttore generale di Omnitel Italia nel 1996, proprio nell’anno in cui Vodafone incorpora Omnitel: Colao è amministratore delegato della divisione italiana. Per Vodafone diventa CEO nel 2001, entra poi nel Consiglio d’Amministrazione. Se prima il suo lavoro era riservato all’area dell’Europa meridionale, nel 2003 viene incaricato a ricoprire anche gli investimenti per il Medio Oriente e l’Africa. Lascia Vodafone nel 2004, quando entra in RCS mediagroup: ancora una volta è amministratore delegato. Nel 2006 rientra in Vodafone, diventa vice-responsabile per la divisione europea prima, amministratore delegato dopo. Quando lascia Vodafone si occupa del fondo di private equity General Atlantic, dove ricopre il ruolo di special advisor. Un’esperienza pluriennale nelle grandi imprese e un livello di competenza indiscutibile, dunque. Ma al servizio di quale progetto per il paese?

Cosa aspettarsi da Vittorio Colao

Uno slogan, se di slogan si può parlare? Connettere il Paese per accrescere lo sviluppo. Formazione e rivoluzione digitale sembra il binomio portante della trasformazione per contrastare il gap digitale e tecnologico che il Paese conosce fin troppo bene. La strada che il neo-ministro si appresta a percorre sembra essere già segnata. Tra i temi da affrontare: digitalizzazione, implementazione della banda larga e 5G. A essere coinvolti sono diversi comparti: dalla sanità all’istruzione, dalla tracciabilità dei pagamenti all’organizzazione della pubblica amministrazione. Perché rendere digitale significa allargare lo sguardo su un orizzonte più vasto.

In un’intervista rilasciata a Repubblica lo scorso anno a fine maggio, alla domanda che lo interpellava su quali fossero i campi di intervento della task force del Conte II, Vittorio Colao rispondeva:

«Molti, a partire proprio da una radicale trasformazione della pubblica amministrazione attraverso le tecnologie digitali. Deve diventare un alleato dei cittadini e delle imprese e proprio con la digitalizzazione si possono eliminare molti elementi di burocrazia difensiva o oppressiva che a volte vengono giustamente lamentati, per esaltare invece gli elementi di servizio». E dichiarava ancora: «Oggi la tecnologia, tra piattaforme digitali, commercio online e strumenti di pagamento elettronici, permette di fare il grande salto in avanti introducendo pagamenti senza contante. E far emergere il sommerso porta anche maggiore equità sociale e giustizia».

Tutto lascia presagire che ciò che era stato pensato lo scorso anno sul piano del Comitato inizierà adesso a prendere forma. Non tutto, alla fine, sarà stato lavoro sprecato. Sui risultati, però, non resta che attendere.

Alba Dalù

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