Lo stigma della disabilità e la sfida educativa sull'inclusività
Foto di alexandre saraiva carniato: https://www.pexels.com

Luca Trapanese, neo-assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli, ha denunciato sulla sua pagina Instagram un evento increscioso a danno della sua bambina. «Qualche giorno fa ero al mare con Alba. Giocavamo alle giostre in spiaggia. Si è avvicinato un bimbo e, senza minimi termini, mi ha detto che secondo la sua mamma Alba è malata e anche brutta. Sono rimasto di pietra, non sapevo nemmeno cosa rispondere.» Alba ha la sindrome di down e non conosce i suoi genitori biologici. Dichiarata adottabile, è stata rifiutata da sette famiglie a causa della sua disabilità. «Non ho mai giudicato la madre naturale di Alba per averla lasciata in ospedale rinunciando al proprio ruolo genitoriale, né ho mai speso una sola parola critica sulle decine di coppie eterosessuali e idonee all’adozione che non hanno neanche voluto conoscere Alba. (…) L’ho adottata io: maschio, single e gay. (…) Il mio è stato un sì incondizionato.» Quello di Luca è stato un atto d’amore che a volte, però, tristemente assume i tratti di un “atto di coraggio” perché non dev’essere semplice accettare le difficoltà derivanti da una condizione di disabilità, avvertire gli sguardi invadenti e inopportuni della gente, porsi da scudo tra la cattiveria e il disprezzo della società e la serenità del proprio figlio.

La genitorialità da sempre è il più difficile dei compiti perché lungo il percorso vi sono insidie cui si è chiamati a reagire. Una delle attuali sfide socio-educative di cui il genitore deve farsi carico consiste nell’insegnare al minore a scorgere la ricchezza della diversità ed appezzarne il valore. Se ad oggi risulta ancora difficile comprendere e accettare la disabilità è in parte a causa di quella fetta della società intollerante alla diversità che vede nel prossimo la figura di un estraneo, noncurante però dell’esistenza di una diversità naturalmente insita in ognuno di noi.

Luca è da tempo portavoce dei diritti delle persone con disabilità e documenta su Instagram la sua vita con Alba dimostrando come la disabilità non sia un ostacolo al benessere e alla serenità della sua bambina. «Mia figlia non è malata e la sua disabilità non la invalida dell’essere una bambina felice, oltre ad essere oggettivamente bella. Quel bimbo, grazie alla sua mamma, rappresenta una parte della società ostile alla diversità, indifferente al dolore, incentrato sul raggiungimento di una perfezione che non esiste.»

Questi attimi di dolore, però, sono stati spazzati via quello stesso pomeriggio in cui Luca riceve una foto di Alba e Arturo, suo compagno di scuola, mano nella mano, seguita da un messaggio: «Grazie a te e ad Alba…lei riesce a sfiorargli le mani…e il cuore.» Arturo ha trovato in Alba un’amica con cui giocare, una bambina di cui fidarsi, capace di custodire il suo cuore senza mai fargli del male. Arturo ha accolto Alba nella sua vita chiudendo le porte ai pregiudizi sulla disabilità.

L’educazione impartita dai genitori di questo bambino è senza dubbio un’educazione autentica, improntata sul rispetto e sull’amore privo di condizionamenti. «Bisognerebbe costruire una società incentrata sull’idea del “villaggio” dove le ricchezze, le gioie, i problemi, le difficoltà si condividono ed i figli diventano di un’intera Comunità», afferma ancora Luca Trapanese. La società ha bisogno di un collante che tenga uniti gli uni agli altri, e questo collante non può che essere il frutto di un’educazione attenta alle esigenze dei singoli, aperta alle difficoltà e alla diversità, volta ad affermare quotidianamente il valore della collettività.

Se però i genitori di Arturo hanno intrapreso la corretta via educativa, lo stesso non si può dire di quella donna che di fronte al suo bambino ha affermato come Alba fosse “malata e brutta” a causa della sua disabilità. L’educazione dei più piccoli parte dagli adulti. Ma se fosse l’educazione di questi ultimi a prendere esempio dalla purezza dei bambini? Essi amano, amano chi sei. Il contesto sociale e familiare spesso devia la loro genuinità. Un ambiente costellato da pregiudizi dove intolleranza ed esclusione regnano sovrane farà sì che il bambino assimili convinzioni distorte, innescando in lui un meccanismo di denigrazione e distacco nei confronti della diversità. Per questo Luca conclude la sua riflessione affermando: «Certo è che posso rendere Alba la bambina più abile del mondo, le posso garantire le migliori terapiste, posso cercare per lei la scuola più preparata, ma se non sarà accolta dalla società come una persona e non come una handicappata il mio lavoro è stato del tutto inutile».

È deleterio per la società intera insegnare a un bambino a rispettare una persona perché omosessuale, perché disabile, perché con una pelle diversa dalla sua: il rispetto non è selettivo, non può e non deve esserlo. Quello dell’inclusione è tema cruciale, rappresenta oggi una delle sfide educative e socio-culturali più importanti. Si è portati a pensare che questo arduo compito spetti agli insegnanti, agli educatori, ma così non è: dove vi sono intelligenza e comprensione vi è la possibilità di abbattere barriere e stereotipi e promuovere l’inclusione. Perché non è la disabilità a rendere brutta una persona, ma la sua ignoranza e disumanità.

Alba non solo è bella, bensì è anche in grado di vivere la sua quotidianità grazie all’amore di papà Luca e all’affetto e al sostegno di chi vede in lei una bambina e non una malattia, una disabilità.

Tu non sei come me, sei diverso
Ma non sentirti perso
Anch’io sono diverso, siamo in due
Se metto le mie mani con le tue
Certe cose so fare io, e altre tu
E insieme sappiamo fare anche di più
Tu non sei come me, son fortunato
Davvero ti son grato
Perché non siamo uguali
Vuol dire che tutt’e due siamo speciali


Bruno Tognolini

Aurora Molinari

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