“Il principale negoziatore della Corea del Nord è stato giustiziato un mese dopo il naufragio del summit di febbraio con gli Stati Uniti, mentre Kim Yong-chol – ex braccio destro di Kim Jong-un – è stato mandato in un campo di concentramento“. Così il 31 maggio il Chonsun Ilbo – principale quotidiano sudcoreano dalla tiratura di 1,8 milioni copie al giorno – ha riportato per primo la notizia delle purghe in atto al di sopra del 38° parallelo.
Il riferimento è a Kim Hyok-chol, l’uomo a capo dei fallimentari negoziati condotti a Hanoi con Stephen Biegun, sua controparte statunitense. Hyok-chol sarebbe stato giustiziato all’aeroporto Mirim di Pyongyang insieme ad altri quattro ufficiali nordcoreani, tutti accusati di spionaggio.
La notizia delle purghe di Kim Jong-un ha fatto il giro del mondo: tutti i principali quotidiani internazionali e italiani – dal Guardian al Corriere della Sera, dal New York Post a Repubblica – l’hanno immediatamente riportata.
Un piccolo particolare? Pochi giorni dopo Kim Yong-chol è apparso vivo e vegeto al fianco del Leader supremo della Corea del Nord in un evento ufficiale. È alquanto improbabile, se non del tutto impossibile, che l’alto funzionario sia stato mandato ai lavori forzati in un campo di concentramento a marzo per poi tornare in auge solo un paio di mesi dopo.
Le fonti su Kim Jong-un e Corea del Nord
Oggi ai ragazzi nei licei si insegna a diffidare delle notizie diffuse da un unico organo di stampa: molto probabilmente sono bufale. A quanto pare i giornalisti di Guardian, Corriere, New York Post e Repubblica che hanno riportato la notizia delle purghe in Corea del Nord (insieme a molti loro colleghi, abbiamo fatto i nomi più noti) sono stati assenti quel giorno. L’unica loro fonte era infatti l’articolo del giornale sudcoreano Chonsun Ilbo citato in apertura.
Certo, non cercare più di una fonte per una notizia così importante è un errore grave, ma una svista collettiva di queste grandi firme è sicuramente meno preoccupante della spiegazione alternativa. Insomma, non è così assurdo ipotizzare una tendenza dei quotidiani occidentali a chiudere un occhio sulla credibilità delle notizie sul governo criminale della Corea del Nord che arrivano dai loro vicini.
La tendenza dell’Occidente a diffondere fake news su Kim Jong-un
Preferiremmo non essere in malafede, ma la storia recente ci impone un sano scetticismo. Non è la prima volta, infatti, che arrivano in occidente via Seoul fake news su ciò che succede a Pyongyang. E non è la prima volta che a diffondere rumours destinati a essere smentiti è proprio il Chonsun Ilbo. Già nel 2013 riportarono la notizia della morte di Hyon Song-wol, cantante nordcoreana apparsa in ottima forma nel 2018 in un incontro tra delegazioni delle due Coree.
A onor del vero, chi ha espresso fin da subito le proprie perplessità sulla notizia delle purghe c’è: BBC News, il Washington Post e, in Italia, il Post. Restano però voci isolate all’interno di una narrazione di ciò che avviene in Corea del Nord che sceglie la via di una demonizzazione dell’avversario tramite notizie non verificate quando a volte basterebbe la realtà.
Come suggerisce l’American Conservative (!), dovremmo metterci nei panni di Kim Jong-un. Se cerco disperatamente un accordo con gli Stati Uniti, in che modo far fuori due negoziatori che la controparte conosce perfettamente mi può aiutare? È una notizia illogica ancora prima che non verificata (e, come visto, almeno parzialmente falsa).
Un qualsiasi accordo tra l’Occidente a guida americana e la Corea del Nord è destinato a passare per una preliminare trasformazione della demonizzazione di cui sopra in un’opposizione critica del regime autoritario di Kim Jong-un che però rinunci a dipingerlo aprioristicamente come il male assoluto. Anche perché, come sa anche un bambino, non si può fare la pace con i cattivi.
Davide Saracino