La Nazionale di Calcio riparte da Roberto Mancini. Dopo la disfatta di Ventura e la parentesi di Di Biagio, ieri il Commissario Staraordinario FIGC, Roberto Fabbricini, ha finalmente ufficializzato attraverso un’attesissima conferenza stampa la scelta del nuovo CT, arrivata al culmine di trattative durate qualche settimana, ma dalle quali non è mai emersa una eventuale riluttanza o contrarietà dell’ex allenatore dell’Inter ad accettare il prestigioso incarico.
Un incarico che, oltre a riportare in auge la sua figura, attribuisce a Mancini anche delle grosse responsabilità. È l’uomo scelto dopo il disastro della mancata qualificazione ai Mondiali in Russia, da cui ci si aspetta una netta discontinuità rispetto al suo predecessore e a cui è stato affidato il compito di far rinascere la Nazionale di Calcio al fine di riportarla dove è sempre stata: tra le grandi del Calcio Mondiale. In altre parole, ciò che si aspetta da Roberto Mancini è l’inaugurazione di un “nuovo corso”, fatto di ricostruzione, di innovazione e, magari, di successi. Proprio lui, un ex giocatore che con la Nazionale, ai tempi in cui ancora amava deliziarci con le sue giocate, ha avuto un rapporto disastroso: pochissime presenze e pochi gol. In particolare, un Italia ’90 trascorso interamente in panchina a causa dell’eterno dualismo con Roberto Baggio, di gran lunga preferito dal tecnico Azeglio Vicini, e un USA ’94 addirittura vissuto da spettatore in tv, causa la mancata convocazione da parte di Arrigo Sacchi che per lui, nel suo modello di gioco, proprio non trovava spazio. Adesso il tecnico di Jesolo ha l’occasione di scacciare i brutti ricordi e riprendersi la Nazionale, seppur non da giocatore, da allenatore.
Ma è Mancini l’uomo giusto per la doverosa rinascita della nostra Nazionale? Dal punto di vista dell’esperienza non vi è nulla che si possa obiettare alla scelta di affidare l’incarico all’ex allenatore dell’Inter, che ha collezionato varie avventure su diverse panchine europee. Proprio con i nerazzurri il Mancio ha conquistato 2 scudetti consecutivi nelle stagioni 2006/2007 e 2007/2008, vittorie cui ha fatto seguito la memorabile avventura al Manchester City (2009), club con il quale è riuscito a riconquistare una Premier League che mancava da più di 40 anni. Le successive parentesi al Galatasaray ed allo Zenit, intervallate da un illusorio ma infine insignificante ritorno all’Inter, seppur poco fortunate, hanno conferito ancora più esperienza al tecnico sul piano internazionale, sicuramente un buon punto di partenza per una squadra che fino a poco tempo era guidata da un allenatore che mai aveva varcato i confini nazionali se non per qualche gara di Europa League.
Tuttavia, un filo conduttore lega le esperienze vincenti e convincenti del Mancio sulla panchina dell’Inter e del City: giocatori di livello a disposizione che rendevano il compito un filino più agevole. Da Aguero a Ibrahimovic, da David Silva a Vieira, solo per citarne alcuni. La presenza di tali fuoriclasse, in uno dei due casi dovuta ad investimenti milionari di sceicchi, ha indubbiamente permesso all’ex gemello del gol di raggiungere gli obiettivi nazionali con più facilità, data l’incapacità, economica o gestionale, dei club rivali di costruire un organico di pari livello. Una piccola conferma è costituita dai cammini non certo brillanti di quella Inter e di quel Manchester City in Champions League, dove il confronto con squadre più attrezzate ridimensionava fortemente le potenzialità dei due club, capaci di affermarsi solo a livello nazionale.
Insomma, se Roberto Mancini ha fatto sempre la differenza grazie all’aiuto di importanti pedine da poter schierare in campo, va detto che l’Italia attuale, pur essendo dotata di interessanti giovani in prospettiva, non possiede quel livello di qualità cui il Mancio è abituato. In realtà, ciò che occorre fare è proprio dare una qualità a questi giovani, occorre ricostruire, gettare le fondamenta di un nuovo percorso partendo proprio dai nuovi talenti, nel contempo valorizzando quelli rimasti inesplosi, affiancandogli l’esperienza di qualcuno che la Nazionale la frequenta già da un pò. Pertanto, buona parte del futuro della Nazionale dipenderà anche dalla futura organizzazione interna dei club di Serie A, dopodiché spetterà al Commissario Tecnico sfruttare al meglio le qualità dei ragazzi che i vari vivai, si spera, saranno in grado di sfornare nel corso negli anni. Tuttavia, quello citato è uno scenario di lungo periodo, la cui concretizzazione, benauguratamente, dovrebbe avvenire e dare i suoi primi frutti nel corso di qualche anno. Nel breve periodo l’obiettivo è quantomeno quello di ritornare a prendere parte (con dignità) alle varie competizioni internazionali che, nella maggior parte dei casi, ci hanno sempre visto protagonisti. Il primo obiettivo non è molto lontano in termini di tempo e si chiama Europeo 2020, e per raggiungerlo occorre contare su quello che, per il momento, si ha a disposizione, ovvero pressoché gli stessi uomini utilizzati dalla gestione Ventura, con le “uniche” eccezioni di Buffon, Barzagli e De Rossi, la cui assenza tanto toglierà allo spogliatoio azzurro. A differenza dell’ultima discutibile gestione, però, occorrerà gestire al meglio i giocatori a disposizione, esaltando al meglio le qualità di ciascuno, dando uno schema di gioco preciso alla squadra e mantenendo serenità e rispetto all’interno del gruppo.
Sarà proprio il modo in cui Roberto Mancini deciderà di affrontare questi aspetti che ci dirà tanto sulla sua reale bravura di allenatore e sulla sua capacità di gestire un impegno di cotanta importanza che arriva al culmine di un periodo da dimenticare. Un indizio importante potrà già ricavarsi dalle prime convocazioni: il nome di Balotelli, suo pupillo da sempre, è già dato per scontato, così come quello di Criscito, allenato fino a poche settimane fa in Russia. Ebbene, viene da dire che se le novità corrispondono al ritorno di un eterno ragazzo immaturo, “bandito” dal giro della nazionale per anni causa cattiva condotta, e a quello di un giocatore che ha trascorso gli ultimi 7 anni della sua carriera militando nel campionato russo senza mai esplodere, le premesse non sono esattamente quelle di una vera rinascita.
Nel frattempo, il Mondiale di Calcio in Russia è alle porte, mancano appena 30 giorni e noi italiani ci ritroveremo a vivere l’orrenda sensazione di non avere una squadra da supportare. Pertanto, se c’è una cosa che chiediamo a Roberto Mancini è quella di non costringerci nuovamente a vivere lo spettacolo calcistico più bello del mondo da spettatori.
Amedeo Polichetti