Dagli oceani alle vette delle montagne più alte al mondo, dalle paradisiache spiagge caraibiche alle campagne un tempo incontaminate: l’inquinamento da plastica ha ormai raggiunto ogni parte del nostro pianeta, è diventata fonte (mortale) di cibo per molte specie animali, l’uomo ha iniziato a starci a contatto sin da prima di nascere. A complicare la già grave situazione uno dei settori di punta del Made in Italy: l’industria della cosmetica e del makeup. Dal nuovo rapporto “Il trucco c’è ma non si vede – Lo sporco inganno delle aziende del makeup” redatto da Greenpeace, emerge che alcuni dei prodotti di cosmetica più comuni contengono ingredienti di plastica.
Makeup e plastica: quando l’apparenza inquina
Da “l’apparenza inganna” a “l’apparenza inquina” il passo è più che breve. Fondotinta, ciprie, rossetti, mascara, lucidalabbra: il nuovo report di Greenpeace, volto a indagare sulla presenza di ingredienti di plastica nei prodotti per il makeup più utilizzati, non ha di certo scoperchiato il vaso di Pandora. La presenza di materie plastiche nell’industria della cosmetica era cosa già conosciuta, un fattore di pubblico dominio che non ha avuto il benché minimo impatto sul mercato del maquillage. Lo studio dell’associazione ambientalista è un’indagine chiara, che non lascia spazio a dubbi e che può realmente essere d’aiuto a quei consumatori che vogliono rispettare l’ambiente senza dover rinunciare ai piccoli piaceri della vita.
Bionike, Deborah, Kiko, Lancôme, Lush, Maybelline, Nyx, Pupa, Purobio, Sephora e Wycon: questi gli undici marchi presenti sul mercato italiano, oggetto dell’analisi “Il trucco c’è ma non si vede”. L’indagine, divisa in due fasi, ha dapprima verificato la lista degli ingredienti di ben 672 prodotti di makeup tramite una ricerca online sui siti web ufficiali delle case produttrici. Sono presenti ingredienti di plastica nel 79% dei prodotti di cui il 38% contenente microplastiche e il restante costituito da polimeri liquidi, semisolidi o solubili. «La categoria merceologica dove la presenza di ingredienti in plastica è risultata più frequente sono i mascara 90%, seguiti da rossetti e lucidalabbra 85%, fondotinta 74%, illuminanti 69% e ciprie 43%. Le microplastiche sono più presenti in rossetti e lucidalabbra 56%, seguite da mascara 36%, illuminanti 31%, ciprie 28% e fondotinta con il 19%» si legge nel rapporto di Greenpeace.
La ricerca online ha inoltre rilevato la presenza delle cinque principali materie plastiche contenute nei prodotti di makeup: il Polyvinylpyrrolidone (PVP) in 139 prodotti, seguito dal Polyethylene (132), Polybutene (115), Trimethylsiloxysilicate (78) e Nylon-12 (58). Grazie alle informazioni fornite dall’ECHA, l’Agenzia europea delle sostanze chimiche, Greenpeace sottolinea la pericolosità derivante dalla tossicità di tre materie plastiche in particolare:
- Polybutene: presente in 115 prodotti di cosmetica, può creare danni se ingerita o se penetra nelle vie respiratorie, risulta altamente infiammabile, può provocare effetti nocivi di lunga durata per gli organismi acquatici e provoca irritazione cutanea;
- Acrylates copolymer: presente in 55 prodotti, può causare a gravi irritazioni agli occhi e alla pelle e può causare irritazione anche alle vie respiratorie;
- Vinyl dimethicone/methicone silsesquioxane crosspolymer: presente in 25 prodotti, può creare danni, risulta infiammabile quando si trova allo stato solido e diventa altamente infiammabile se allo stato liquido e gassoso.
La seconda fase dell’indagine si è svolta in laboratorio dove è stata verificata la presenza di microplastiche in 14 prodotti degli undici marchi oggetto di analisi. I risultati indicano che «L’ingrediente in plastica più frequente è il Polyethylene, riscontrato in sei prodotti, presente sia sotto forma di microparticelle sferiche che di frammenti». Altre microplastiche presenti negli articoli di makeup sono il Polymethyl methacrylate, il Polyamide/Nylon 12 e il Polyethylene terephthalate (PET).
Le proposte di Greenpeace
Col passare degli anni l’inquinamento da plastica è cresciuto in maniera esponenziale tanto da rappresentare un mostro nato per mano dell’uomo e di cui lo stesso uomo non riesce a detenerne più il controllo. Siamo circondati dalla plastica e conseguentemente dai rifiuti plastici. L’essere umano è ormai entrato in simbiosi con tale elemento, un legame indissolubile che sta portando interi ecosistemi al collasso, che nuoce alla salute umana, che ha di certo reso più comoda la nostra vita, un comfort pagato a caro prezzo.
Esiste un’alternativa agli ingredienti di plastica? I polimeri addensanti presenti nei prodotti di makeup potrebbero essere facilmente sostituiti da soluzioni naturali quali, a esempio, l’amido o la pectina. L’efficacia di tali alternative è dimostrata da aziende che non usano ingredienti plastici come Purobio, brand italiano facente parte dell’indagine analizzata.
Secondo Greenpeace il processo utile alla graduale riduzione delle materie plastiche nell’ambiente dovrà necessariamente partire dall’eliminazione delle microplastiche primarie aggiunte volontariamente in molti prodotti di largo consumo. Tale azione passerà principalmente dall’assunzione di responsabilità delle aziende e dei governi. L’associazione ambientalista da tempo preme affinché il Ministero dell’Ambiente italiano sostenga con forza la proposta europea atta a vietare l’uso di microplastiche aggiunte in tutti i prodotti di uso comune. Quattro le proposte di Greenpeace per migliorare il progetto europeo:
- vietare l’uso di ingredienti in plastica in forma liquida, semisolida o solubili e delle microplastiche sostituendoli con alternative biodegradabili, naturali e prive di impatto sull’ambiente e sulla salute. Per ottenere una norma efficace le varie sostanze dovranno essere sottoposte ad una regolamentazione di gruppo anziché per singola sostanza;
- colmare le attuali lacune normative applicando concretamente il principio di precauzione per vietare l’uso di tutti quei polimeri in plastica dotati di scarsa biodegradabilità i cui effetti sull’uomo e sull’ambiente non sono oggi noti;
- evitare che venga inserito un limite minimo di dimensione per identificare le microplastiche;
- ridurre drasticamente i periodi di deroga proposti per le varie categorie merceologiche per l’effettiva entrata in vigore della proposta di restrizione europea.
Marco Pisano