Una grande freccia gialla si fa largo tra la folla, punta il Parlamento. Siamo nel viale della Meridiana di Barcellona, oltre un milione di persone per strada.
È l’11 settembre e in Catalogna non stanno pensando alle torri gemelle, si celebra la Diada, festività locale che quest’anno ha un valore aggiunto: il ventisette i cittadini catalani saranno chiamati alle urne per il rinnovo della Generalitat.
Elezioni delicate che tanto hanno fatto tremare il panorama politico nazionale degli ultimi mesi, e quale migliore occasione per mobilitare il corposo fronte indipendentista? Questo articolo non vuole analizzare né riassumere un fenomeno articolato e complesso come l’indipendentismo catalano, dove storia, geopolitica e sociologia si intrecciano aprendo sempre nuovi scenari di osservazione. L’obiettivo è fare il punto sull’attuale situazione politica della Catalogna e le rispettive posizioni dei soggetti in campo.
Le elezioni del 27S per alcuni saranno il punto di partenza per un’autoproclamazione di indipendenza, per altri invece una delle tante consultazioni che si succedono nel tempo. Ci sono gli indipendentisti, la super-lista del governatore Artur Mas, Junts pel Si (Uniti per il Sì) cui hanno aderito partiti di destra e sinistra per raggiungere una maggioranza indipententista in parlamento. L’avversario politico più vicino nei sondaggi è a quasi trenta punti percentuali di distanza, 42 a 13, è il PSOE con la candidatura di Miquel Iceta, uno dei primi politici spagnoli a dichiararsi apertamente omosessuale. Il partito di Sánchez appoggia e riconosce l’eccezionalità della Catalogna già dai tempi di Zapatero ed oggi viene rimarcato dal segretario generale sottolineando però che tale carattere distintivo non deve essere causa di disuguaglianze.
A pochi decimi di distanza troviamo Ciudadanos, il partito di Albert Rivera nato e sviluppatosi in Catalogna, ma che alle ultime elezioni amministrative ha trovato spazio in molti municipi spagnoli, spesso e volentieri a fianco del Partito Popolare. Rivera che riscalda i motori per le elezioni politiche di dicembre ha ceduto il passo a Inés Arrimadas, una giovane avvocato già in Parlamento con C’s. Il PP rappresentato dall’ex sindaco di Badalona, Xavier Garcia Albiol, ben noto per le sue xenofobe posizioni, è una figura che non ha fatto altro che isolare ulteriormente il partito dalla diatriba politica. La coalizione di sinistra radicale Catalunya si que es pot raggruppa i verdi, Izquierda Unida, Podemos ed Equo, quotata intorno al 10% dei consensi secondo gli ultimi sondaggi. Il risultato di questa lista è importante anche ai fini di quella confluenza richiesta da IU a Podemos per le elezioni generali alle quali Iglesias però vuole presentarsi da solo. Poco sotto questo gruppo di liste troviamo un’altra forza indipendentista alternativa al listone di Mas, la CUP, di stampo più sinistroide.
I candidati di Junts pel Sì in questa campagna elettorale stanno facendo esplicito riferimento all’inizio di un processo costituente a partire dal 27S nel caso in cui ottenessero la maggioranza in Parlamento. Il capolista Romeva ha aggiunto che “il principale alleato politico dello stato di Catalogna sarà la Spagna”. Il dibattito intorno a queste elezioni è spesso degenerato anche in toni forti e in dure dichiarazioni, da una parte e dall’altra. Senza dubbio il più intransigente nei confronti delle proposte indipendentiste è il Partito Popolare di Mariano Rajoy, il quale ha accusato la lista di Mas di mettere a rischio i diritti e le libertà dei cittadini spagnoli e ha rimarcato il fatto che farà in modo che non si rompa l’integrità e la coesione in Spagna.
Una cosa è certa, c’è molta attesa per queste elezioni: si cercano conferme e si ha molto da perdere, un rischio a tre mesi dalle elezioni politiche di dicembre. Tantissimi sono gli scenari che si potrebbero verificare all’indomani del voto: il carattere plebiscitario voluto da Mas potrebbe avere il suo effetto e gli indipendentisti potrebbero effettivamente raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi nella Generalitat. In questo caso tutti i partiti d’opposizione uscirebbero sconfitti e si aprirebbe una compagine molto delicata per la politica spagnola. D’altra parte, se Mas perdesse sarebbe una pesantissima sconfitta dopo tutta la campagna mediatica e l’esposizione personale che ha provato a mobilitare più cittadini catalani possibile. Ma la campagna elettorale è appena iniziata, stiamo a vedere.
Giacomo Rosso