Mare o montagna? D’estate la domanda è solita. Meno frequente è invece il tentativo di comprendere il tipo di viaggiatore che si è o che si cerca per compagnia nel proprio viaggio. Per questo motivo, l’opera di Laurence Sterne dal titolo “Un viaggio sentimentale” (“A Sentimental Journey through France and Italy”) del 1768 è un valido vademecum per i viaggiatori che per souvenir dell’inverno personale prendono sensazioni, storie e tramonti che sanno di vita. Con “Un Viaggio Sentimentale”, Sterne riprende il genere della letteratura di viaggio nato nel Settecento sulla scia del Grand Tour (viaggio di formazione da parte di giovani nobili in Francia e Italia per completare la propria formazione culturale) per capovolgerne le caratteristiche. La prima norma del viaggio ad essere capovolta nel romanzo è il catalogo degli usi e costumi dei popoli dei luoghi visitati. Ciò si evince sin dall’indice, in cui è visibile una elencazione di cose effimere che, pertanto, rappresenta l’attenzione costantemente rivola al piccolo e al fugace. La seconda trasgressione sta nel trionfo dell’io che sarebbe dovuto, invece, scomparire secondo le norme letterarie allora vigenti
La grande diversità del viaggio e del suo fautore è tuttavia riscontrabile nella natura “sentimentale” del viaggio. Ciò che spinge il «viaggiatore sentimentale» è una indefinita necessità che si realizza, nel caso di Yorick, questo è il nome che Laurence Sterne dà al protagonista de’ “Un Viaggio Sentimentale”, in un percorso da Calais a Parigi alla Savoia via Lione. Ciò a cui è interessato sono le storie, gli incontri, le piccole cose, gli sguardi, i tic, le pose del corpo e tutto ciò che ad un occhio distratto facilmente sfuggirebbe. Il viaggiatore sentimentale, dunque, è interessato non tanto ai monumenti, dimore e istituzioni che trova, ad esempio, lunga la strada per Versailles, ma alle emozioni, alle storie che infittiscono il romanzo, all’interiorità che si concretizza nello stesso iter e che tra le sue espressioni ha le lacrime.
Gli incontri e gli sguardi all’interno de’ “Un Viaggio Sentimentale” sono, aristotelicamente parlando, la sostanza ineliminabile del viaggiatore. Essi rivelano, nel loro dipanarsi, la personalità e la natura stessa di un viaggio inconsueto rispetto a quello ordinario sia del tempo in cui nasce l’opera che dei giorni nostri. Il protagonista si rivela più come un turista della vita, delle emozioni, delle piccole cose che fanno la differenza. Yorick, infatti, in un episodio in sui si rivolge al conte da cui dovrà ottenere il passaporto afferma: «Non ho dunque, monsieur le Comte, visitato il Palais-Royal, non il Luxembourg, non la façade du Louvre; non ho ambíto d’impinguare i cataloghi che abbiamo di quadri, di statue e di chiese: nel mio pensiero ogni bella persona è un bel tempio dov’io son vago d’inoltrarmi a fine di ammirare le immagini originali, e gli schizzi abbozzati che vi si appendono, piuttosto che la stessa Trasfigurazione di Raffaello».
Attraverso gli incontri, il protagonista si conosce e cambia; rivela la sua filantropia, ma soprattutto il processo di formazione che costituisce il viaggio e che soggiace alla sua personalità mutevole dall’inizio alla fine. Ad esempio, all’inizio del romanzo, Yorick incontra un monaco in cerca di elemosina, ma si dimostra essere tutt’altro che generoso. Allo stesso tempo, però, si apre la consapevolezza che il percorso che sta per intraprendere lo cambierà. Sin dall’inizio, il viaggio si profila come un processo di maturazione, che lo porterà ad essere benevolente, tollerante, generoso, in comunione con la natura e con gli uomini. Il suo opposto è Smelfungus: il giovane messo in ridicolo da Sterne che parte per il grand tour pieno di pregiudizi, arido collezionista, incapace di riconoscere la vera bellezza, di entrare in simpatia con lo straniero e di comunicare, di aprirsi a ciò che non conosce e a ciò che non si aspetta di conoscere perché segue sentieri già battuti. In questo modo, Laurence Sterne realizza anche un elogio del viaggio, strumento capace di aprire la mente e combattere il pregiudizio. Ancora una volta, muoversi tra le vite degli sconosciuti, toccare il diverso, ascoltare l’altro si conferma il modo migliore non solo di viaggiare, ma di vivere una vita ricca e dinamica.
Alessio Arvonio