App icon di vari social media
App icon di vari social media (fonte: pexels.com)

In un’epoca dominata dai social media, in cui la realtà è percepita come arcaica al cospetto dei grandi colossi virtuali, la necessità di modificare la propria percezione gioca un ruolo centrale nella definizione della nostra stessa identità, portando all’aumento della dismorfofobia.

Ogni giorno, anche in questo stesso frangente, miliardi di persone decidono di condividere frammenti delle loro vite su piattaforme come Instagram, Tiktok, Facebook e tante altre, creando un flusso continuo di dati. Immagini distorte e spesso idealizzate, che incredibilmente sembrano però aver dato un calcio alla spontaneità, lasciando spesso spazio a ostentazione, competizione ed esistenze di plastica.

In questo contesto, emerge con forza il fenomeno della dismorfofobia o, in questo caso, del fenomeno della dismorfia digitale: un disturbo psicologico caratterizzato da un’ossessione patologica per i difetti fisici percepiti come tali, ma quasi sempre minimali o addirittura inesistenti.

Benché la preoccupazione sia stata avvertita da tempo, il fenomeno sembra essersi amplificato anche grazie agli strumenti che i social media stessi mettono a disposizione per i loro utenti: filtri che permettono di cambiare i propri connotati in base al proprio gusto personale, al punto da arrivare a considerare inadeguata agli standard un’immagine non ritoccata.

Le origini della dismorfofobia

La dismorfofobia non è un fenomeno isolato. Basti pensare all’ormai passato heroin chic, in voga nella fashion industry degli anni ’90, secondo cui l’anoressia e la dipendenza da droghe erano considerate sinonimo di stile e non comportamenti da correggere. Oppure ancora, il fenomeno conosciuto con il nome di fitspiration: entrato in voga soprattutto con l’avvento della pandemia, incoraggia l’estrema dedizione all’esercizio fisico e la ricerca di un corpo in perfetta armonia con una muscolatura statuaria.

Purtroppo, questi fenomeni sono in continua ascesa, anche a causa di un numero sempre più elevato di giovani che desidera conformare la propria immagine agli standard irraggiungibili imposti da una società sempre più virtualizzata. Il desiderio di raggiungere una perfezione impossibile continua ad aumentare il numero di persone affette dalla dismorfia digitale.

Ritorno al passato

Tuttavia, è sempre più alto anche il numero di utenti che decide di lasciare per sempre le piattaforme social in cambio di uno stile di vita basato su altri traguardi tangibili e più sani.

Sono molti i giovani che hanno deciso di tornare a un utilizzo più “primitivo” della tecnologia. Un esempio è l’utilizzo dei flip phones, o cellulari pieghevoli, che permettono funzionalità di gran lunga più basiche rispetto ai nuovi nati della tecnologia satellitare. Forse in cerca di una realtà ormai lontana nel tempo, priva di sentimenti tossici scaturiti dai mezzi di comunicazione, questi giovani fanno parte di una piccola categoria controcorrente in crescita.

Ma i benefici che offre la lontananza dai social sono reali e verificati di recente anche da studi sull’effetto delle piattaforme digitali sulle emozioni degli utenti. Si parla, infatti, di contagio emotivo come conseguenza del loro utilizzo e lo si paragona alla dipendenza da alcol e sigarette. Ciò può sfociare in veri e propri disturbi della psiche, tra cui ansia generalizzata e depressione. La disintossicazione dalle piattaforme digitali può rappresentare un vero e proprio salvavita, con risvolti positivi anche su sonno, postura e anche salute mentale.

Casi gravi di dismorfofobia e dipendenza dai social

Bisogna ricordare anche le conseguenze più gravi degli stessi social media. Nati come piattaforme di intrattenimento e poi diventati strumento di confronto tra le nuove generazioni, hanno arrecato e continuano ad arrecare danni nel tempo alla salute mentale dei giovani.

Sono moltissimi gli esempi che si potrebbero fare: cyberbullismo, pagine dedicate soltanto all’odio contro gli altri e soprattutto movimenti che incentivano comportamenti sbagliati nei confronti della propria salute, come il famoso movimento Pro Ana, secondo cui l’anoressia sarebbe uno stile di vita da perseguire e non una malattia pericolosa da curare.

Ma ancora più preoccupante è la crescita dei dati per suicidi, indotti dalle stesse piattaforme e raccolti da consumernotice.org, dal 2010 al 2020 i pensieri suicidi tra i giovani sono aumentati del 40% e per ogni morte di un giovane suicida, si verificano tra i cento e i duecento tentativi di suicidio. Questi dati hanno subito un’impennata durante la pandemia da Covid-19, in cui l’isolamento forzato ha portato molti giovani a condizioni di malessere mentale, acuito da quelle piattaforme virtuali che mostrano la perfezione di chi le abita.

Inoltre, sempre durante la pandemia, si è anche registrato un aumento dei casi di ansia sociale e disturbi generalizzati di ansia. La permanenza in ambienti familiari poco sereni e il continuo contatto con se stessi e i propri pensieri ha avuto un grave influsso sulla salute mentale di moltissimi giovani, arrivando anche a vere e proprie richieste di ricovero presso strutture specializzate nella salute mentale.

Soluzioni per non cadere nella trappola social

Seppur considerata a volte come una dipendenza di serie B, la trappola social media è sempre dietro l’angolo e non risparmia nessuna fascia di età: dai giovanissimi ai più anziani, quasi sempre involontariamente si finisce per cascarci con tutte le scarpe.

Ecco perché è sempre un bene adottare diverse misure cautelative per non rischiare di incappare in una spirale negativa, tra cui: stabilire limiti di tempo tramite la voce “limitazione del tempo di utilizzo”, presente nelle impostazioni di ogni dispositivo; trovare hobby non legati alla tecnologia, riducendo così il tempo impiegato sui dispositivi; focalizzarsi su se stessi e sul proprio lavoro, riducendo così lo stress e l’ansia derivati dal confronto con le vite “perfette” che altre persone condividono sulle piattaforme social e favorendo una maggiore consapevolezza e soddisfazione personale.

Sebbene queste piattaforme abbiano ormai trovato il loro spazio all’interno della società e della vita privata, è fondamentale riconoscere i loro limiti e i loro tratti negativi. Per questo motivo, a volte è sempre un bene distaccarsene, adottando semplici misure o, in casi estremi, parlandone con un professionista.

Giulia Costantini

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