Premessa: essere a -3 dalla vetta della Serie A è un merito non da poco, specialmente in quello che sembra essere il campionato più divertente ed incerto degli ultimi anni, almeno fino a questo momento. Fatta questa doverosa precisazione, osservando l’Inter giocare non possiamo non chiederci se questa squadra non stia mostrando molto meno di quelle che sono le sue potenzialità, e se parte della colpa non sia proprio di Antonio Conte e di una gestione che ci sta lasciando non pochi dubbi in questa stagione, e che vale la pena di analizzare. Sì, perché ad oggi l’Inter non è ancora la squadra schiacciasassi che sembravamo dover vedere quest’anno, e questo non può dipendere solo dalla dirigenza nerazzurra.
Conosciamo bene l’ideologia che regge l’impianto di gioco di Conte: un 3-5-2 con degli esterni in grado di fare le due fasi senza problemi, mezze ali in grado di inserirsi e i due centravanti che hanno l’obbligo di dialogare costantemente tra di loro, ma soprattutto 11 giocatori disposti ad andare in guerra per difendere la maglia e vincere. Nulla di esagerato, nulla di trascendentale, solo una squadra che deve tenere la tensione altissima per tutti i 90 minuti al fine di ottenere un risultato, e che nella scorsa stagione ha sfiorato la vittoria di Europa League, mancata contro una squadra di grande tradizione come il Siviglia, ed è arrivata a 1 punto di distanza dalla Juventus capolista (anche se in un finale di campionato dove tutte, Inter compresa, sembravano non voler vincere di proposito). Eppure l’Inter fa enormemente fatica in questa stagione ad esprimersi con la convinzione e la sicurezza dello scorso anno, e vale la pena analizzare questa situazione.
La squadra di Conte non difende bene e non crea abbastanza
Già nella passata stagione era chiaro che uno dei principali problemi dell’Inter fosse quello di creare gioco tramite il possesso palla, specialmente nelle partite più bloccate tatticamente dove serve qualcosa che rompa gli schemi avversari, tant’è che per molte squadre è bastato lasciare l’iniziativa ai nerazzurri per metterli in difficoltà e portarsi il risultato a casa. La squadra di Conte non è ancora riuscita a sopperire a questa sua mancanza sul piano tecnico, e anche il tentativo di cambiare modulo, avanzando Barella a ridosso delle punte, non ha portato ai risultati sperati. Questo perché i nerazzurri sono una macchina nella quale anche la minima variazione può condurre a problemi di gioco e di equilibrio, così come è avvenuto nel match contro la Roma, quando Conte ha provato a conservare la partita inserendo Kolarov e Perisic al posto di Hakimi e Lautaro senza riuscirci, e riconsegnando l’iniziativa ai giallorossi che hanno agguantato il pareggio pochi minuti dopo.
Alla fatica nel creare gioco si è poi aggiunto un evidente calo di rendimento in fase difensiva di quella che è stata la miglior difesa dello scorso campionato, che fa enorme fatica nel tenere la porta di Handanovic inviolata, e lo stesso portiere sloveno è stato nell’occhio del ciclone per alcune prestazioni molto al di sotto del suo potenziale. E per chiudere il cerchio, se escludiamo l’acquisto di Hakimi, molti degli acquisti effettuati (specialmente quelli di gennaio scorso) ad oggi hanno reso decisamente meno di quanto ci si aspettasse, e questo nonostante siano stati (quasi) tutti giocatori esplicitamente richiesti da Conte e arrivati dietro la sua reiterata pressione, viste le lacune di questa squadra in panchina. Victor Moses, sparito dopo 6 mesi; Ashley Young, che alterna buone prestazioni ad altre decisamente rivedibili; Valentino Lazaro, preso nell’estate del 2019, quasi mai impiegato e ceduto nella scorsa finestra di mercato invernale e Arturo Vidal, esplicita richiesta di Conte ma ben lontano dall’essere utile, sono solo alcuni tra gli acquisti che più lasciano perplessi di questo biennio.
Una rosa non gestita al meglio
E proprio Arturo Vidal è il simbolo evidente del disagio creatosi nella rosa dell’Inter, strutturata per soddisfare le esigenze di un allenatore che però continua a pretendere un sforzo in più dalla sua dirigenza, senza piuttosto cercare un piano b (Capello docet) per quelle partite che i nerazzurri sistematicamente non riescono a vincere, come successo nel match decisivo per il passaggio del turno contro lo Shaktar o più recentemente contro l’ostica Sampdoria di Ranieri, che ha sostanzialmente aspettato l’Inter dopo il 2-0. È vero, senza dubbio, che Romelu Lukaku non può concedersi il lusso di saltare una sola partita, perché non c’è una riserva adeguata né per ruolo né per rendimento, ed è impossibile dire con certezza se Pinamonti possa mai essere un degno sostituto del centravanti belga, visto lo scarsissimo impiego di questa stagione. Lo stesso discorso è applicabile per Radja Nainggolan, che per anni ha giocato nel ruolo che Conte ha provato senza successo a tessere su Barella, ma che non è mai stato neanche provato in quella posizione ed è stato ceduto senza neanche grossi rimpianti. Antonio Conte è un ottimo allenatore, che però vede la sua rosa con il paraocchi, limitandosi a pochi effettivi ed escludendo gli altri senza quasi valutarli, mentre ci sono giocatori in grande difficoltà come il cileno, Kolarov e Perisic che trovano ugualmente un buon minutaggio a discapito degli altri.
Il discorso legato a Christian Eriksen è quello forse più facile da spiegare invece: chiunque avesse pensato che l’acquisto del danese fosse giusto per gli schemi di Conte, non ha mai visto una singola partita di una squadra allenata da lui. Eriksen è parte di quella categoria di trequartisti che devono essere svincolati da ogni compito tattico ed essere liberi di semplicemente di legare il gioco come meglio credono. In un 3-5-2 o in un 3-4-1-2, tuttavia, non può giocare in nessun ruolo con effettiva qualità, perché anche se il modulo dà la possibilità di impiegare il trequartista, quella posizione con Conte richiede ugualmente sacrifici enormi in fase di non possesso e raramente concede di stare alle spalle dei due attaccanti a fare gioco. Piuttosto, ti chiede di inserirti continuamente a fari spenti (chiedere ad Emanuele Giaccherini ad Euro 2016), e il danese quel ruolo non può farlo, e difficilmente potrà fare a lungo termine il regista com’è successo in Coppa Italia. Ma con Eriksen, pur non essendo un uomo esplicitamente richiesto da Conte, l’Inter avrebbe una strada alternativa che con un giocatore demotivato e assolutamente fuori dalle rotazioni non può trovare.
Il continuo richiedere giocatori ha spezzato le gambe a chi ha pochi minuti e ha ovviamente infastidito i titolari che si sentono comunque continuamente in discussione. Antonio Conte sta sbagliando, oltre che la gestione tecnica, anche quella mediatica di una squadra che comunque sta reggendo la pressione, ma che continua a lasciare l’amaro in bocca perché potrebbe fare molto di più di così, visti gli investimenti fatti e l’enorme qualità dei singoli. E per quanto sia prerogativa del leccese rinunciare a qualcosa in attacco, è inaccettabile che una squadra del genere si affidi solo ai cross verso Lukaku quando le cose vanno male, ed è successo fin troppe volte, e forse un bagno di umiltà sul piano tecnico di quello che rimane comunque un ottimo allenatore, è necessario affinché questa squadra possa esprimersi al meglio e pensare di vincere qualcosa.
Andrea Esposito
fonte immagine in evidenza: passioneinter.com