Orazio Schillaci, 56 anni, medico ed ex rettore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Questo è il nuovo Ministro della Salute del governo di Giorgia Meloni. Oltre ad essere un valido radiologo, Orazio Schillaci ha anche pubblicato un numero esiguo di ricerche su riviste internazionali, oltre 350 per la precisione.
Chi è il nuovo Ministro della Salute
Un curriculum di tutto rispetto che l’ha portato, nel 2020, ad essere nominato membro del comitato scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità proprio dall’allora Ministro della Salute, Roberto Speranza.
Ad ottobre 2022, dopo essere stato eletto Ministro della Salute, Orazio Schillaci ha decretato che dal 1 novembre sarebbe stato sospeso l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e sarebbe stato permesso il reintegro dei medici novax. Una decisione che ha creato non poco scompiglio, soprattutto tra i medici stessi e gli esperti in materia.
Perché il decreto che reintegra i medici no-vax è controverso
L’attuale ministro, preceduto dalla sua lunga e notevole carriera, è tra i pochi a rientrare tra tecnici puri del governo Meloni. Incarna quindi una figura apartitica, le cui competenze mediche e scientifiche sono utili per fronteggiare al meglio una nuova fase di recupero dall’emergenza Covid.
Lo stesso Schillaci dichiara, in una lettera di saluto alla comunità universitaria dell’Ateneo di cui era rettore, che «da Ministro della Salute avrebbe messo a frutto nell’interesse di tutti i cittadini italiani l’esperienza maturata come medico e come docente». Eppure è proprio la sua formazione che stona con il provvedimento preso.
La vaccinazione, in periodo pandemico, è stata una misura necessaria per rallentare la curva dei contagi e per raggiungere l’immunità di gregge, una soglia di copertura vaccinale tale da permettere a chi non potesse vaccinarsi di avere meno probabilità di contrarre il virus e avere conseguenze gravi. Nonostante la sicurezza della vaccinazione, dimostrata da un iter rigido di esperimenti scientifici e dai dati conseguenti, essa non era obbligatoria, eccetto che per alcune particolari categorie, tra cui non a caso il personale sanitario.
L’obbligatorietà della vaccinazione per il personale sanitario rientra nei provvedimenti necessari per la sicurezza del paziente ospedalizzato, questo già da tempo per altri tipi di vaccinazione a causa delle infezioni correlate all’assistenza, chiamate così proprio perché si contraggono al momento del ricovero in ospedale e non sono presenti prima.
Il paziente ospedalizzato ha un sistema immunitario compromesso rispetto a un paziente sano e per questo motivo è più probabile che contragga un’infezione, virulenta o batterica che sia. Le fonti possono essere le più disparate: scarse norme igieniche, dispositivi di sicurezza non adeguati, personale non vaccinato etc.
In un ambiente così a rischio, il reintegro dei medici non vaccinati per il SARS-CoV-2 potrebbe rappresentare un pericolo ulteriore per la salute del paziente, soprattutto per quelli con un sistema immunitario compromesso. E questo un medico con il curriculum di Schillaci dovrebbe saperlo bene.
Le motivazioni dietro questa scelta
Schillaci definisce questo procedimento necessario per sopperire alla mancanza di medici. Il 31 ottobre erano più di quattromila i sospesi, tra medici e odontoiatri: se tra questi escludiamo gli odontoiatri e quelli con il doppio titolo, e non teniamo conto di quelli sopra ai 68 anni perché fuori dal SSN, solo 1878 potranno rientrare effettivamente in servizio.
Una misura che risulta quindi poco efficiente per due motivi: primo, il reintegro del personale sanitario non vaccinato era già previsto a partire dal 31 dicembre. Inoltre il numero è troppo basso per sopperire alla mancanza di medici, soprattutto considerando che la maggior parte di loro sono in realtà liberi professionisti.
Ci sarebbe poi da chiedersi quale fiducia possa infondere ai suoi pazienti un medico che rifiuti una profilassi così importante come la vaccinazione, che per primo dovrebbe conoscere la rigidità del protocollo sperimentale a cui deve essere sottoposto un vaccino prima di arrivare ad essere somministrato alla cittadinanza. Più che una misura ponderata, sembra piuttosto una scelta politica che non ha nulla a che vedere purtroppo con i dati e con la scienza. Un primo paradosso demoralizzante, per un ministro che dovrebbe fare delle sue competenze tecniche in materia un vanto e una risorsa.
Miriana Di Gloria