Storie di fantasmi, spiriti benevoli o dispettosi, maledizioni, superstizioni e misteri hanno da sempre fatto da cornice al lato occulto ed esoterico di Napoli. Il capoluogo campano, infatti, pullula di leggende, una delle quali riguarda la statua della Madonna dal doppio volto. Il simulacro è posto in cima ad una guglia, situata al centro di piazza del Gesù; questa struttura di ventidue metri, commissionata dal padre gesuita Francesco Pepe e progettata dall’architetto Giuseppe Genoino, risale al 1747 e costituisce uno degli esempi più famosi del barocco napoletano. Un insolito effetto ottico, favorito dal gioco di luci che viene a crearsi particolarmente all’alba e all’imbrunire, fa assumere al velo della Vergine, se visto da dietro, le sembianze della morte che osserva minacciosamente col suo volto scheletrico i passanti che alzano lo sguardo verso di lei.
La maledizione della famiglia Sanseverino
Tra le tante versioni che ruotano intorno a questa leggenda, prevale quella della maledizione della famiglia Sanseverino, un tempo proprietaria del palazzo che si ergeva nel punto dove oggi vi è la Chiesa del Gesù Nuovo. La nobile famiglia fu, infatti, condannata alla confisca di tutti i beni per aver partecipato alla congiura contro il re Ferrante D’Aragona. Alla statua, dunque, verrebbe ricollegata contro il Re e la città di Napoli una vendetta, consistente nella maledizione di vivere sotto l’influsso malefico della morte e di terribili tragedie.
La Santa Muerte
Un’altra teoria che riguarda l’origine di quest’ambigua e duplice figura è quella concernente il culto messicano della divinità della Santa Muerte: la dea azteca dell’oltretomba e della rinascita. Le statue vengono a volte rappresentate con una falce in mano e altre con una clessidra. Il velo della divinità cambia colore in base al male che si vuole esorcizzare.
Le dicotomie della città
Il capoluogo campano va a costituirsi da sempre su un’antitesi di fondo: la costante tensione tra il sacro e il profano.
La devozione che permea la città partenopea si alterna alle credenze popolari, al simbolismo, alle superstizioni e al demoniaco. Questa dicotomia rende i cittadini partenopei esclusivi nel loro genere.
Però, gli opposti che vanno a caratterizzare le credenze napoletane non si respingono in quanto tali bensì s’intersecano in quanto vincolate da un legame indissolubile.
Al di là della contraddizione di fondo che costituisce l’essenza della cultura di Napoli, bisogna ricordare che lo scopo primario della religione è quello di essere promotrice dell’ordine e della civiltà; porre delle regole e stabilire dei rituali favorisce il senso di comunità e di partecipazione nei cittadini.
La parte devota della città partenopea, infatti, rispetta molto le tradizioni, tra cui quello dell’8 dicembre che prevede l’ offerta di un fascio di rose, poste con l’ausilio dei pompieri in cima alla statua dell’Immacolata a piazza del Gesù. Il rituale più famoso e al quale i fedeli non possono assolutamente mancare è quello della liquefazione del sangue di San Gennaro contenuto in un’ampolla. Se il fenomeno tanto atteso non si verifica è indice di sventura e di presagi funesti per il popolo napoletano.
Debora Incarnato