Torna il cartello di divieto alla prostituzione.
Ad Angri dal 2 ottobre “è vietato contrattare o concordare prestazioni sessuali sul territorio comunale“. Che sia efficace o no, di questo non possiamo averne prove certe, ma la richiesta è stata evidentemente alta, a tal punto da farne una specifica ordinanza. La presenza di un cartello, che ponga nero su bianco il divieto di tale mercificazione del corpo umano, crea un certo effetto, come del resto la sanzione amministrativa annessa, la quale prevede una multa di ben 500 euro, forse anche troppo pochi per la violazione di tale legge.
In conseguenza di ciò, l’ennesimo cartello potrebbe non smuovere fino in fondo le coscienze degli individui che, a malincuore, dovranno o dovrebbero non usufruire del “servizio”, per lo meno nella tratta che comprende le vicinanze di Scafati, deviando quello che è il continuo sfruttamento del corpo femminile e dei problemi annessi.
Spesso non ci si rende conto che “le prostitute” non sono altro che ragazze costrette a darsi per un tornaconto economico di taluni individui e che favoreggiando il “fitto” di questi corpi non si fa altro che aumentare un problema dilagante sul suolo italiano.
La prostituzione in Italia è illegale, e di ciò ne siamo tutti a conoscenza, ma ciò che realmente accade è altro.
Che si sia contrari o a favore, ciò che importa è che per ora in Italia le cose stanno così, e se c’è una legge (legge Merlin- 20 febbraio 1958) che vieta non solo il favoreggiamento alla prostituzione ma anche la chiusura di tutte le case di appuntamento sul suolo italiano, è doveroso rispettarla, se non altro per mos maiorum.
Possiamo solo sperare che un giorno gli italiani smettano di fare i furbi e deviare la legge, iniziando a valutare la questione per quella che realmente è: un ciclo mafioso di sfruttamento.
Teresa Manzo