«Venendo da Napoli per la via nuova di Posillipo, di dietro all’altra collina tufacea crestata di elci e di querce, spunta il primo lembo della verde isoletta, e poi la si ha tutta innanzi, piccola e snella, cosparsa di rare case bianche, recante come ghirlanda sul capo il rotondo suo castello, nell’abbagliante azzurro del cielo e del mare…»
(Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, 1919).
Nisida, isolotto dell’arcipelago delle Flegree, in località detta Coroglio, situata dinanzi alla collina di Posillipo, ha un’origine vulcanica, una forma quasi perfettamente circolare, fatta eccezione per la piccola insenatura che si apre a sud-ovest e che oggi ospita Porto Paone, antica caldera del vulcano. La sua eruzione risale a 10.500/8000 anni fa, in quel periodo definito dai vulcanologi Terzo Periodo Flegreo.
Il litorale campano e Nisida (Nesis o Nesida, dal greco, “piccola isola”) furono luoghi di insediamento dei Fenici, dei Micenei e delle popolazioni migranti provenienti dall’Eubea, che si stabilirono anche sulle isole di Megaride, antistante alla zona di Santa Lucia. L’isola, sita nell’area di Bagnoli, è menzionata anche da Omero, luogo in cui Ulisse sarebbe approdato attraverso il porto naturale Paone.
«Ai Ciclopi di contra e né vicino
troppo, né lunge, un’isoletta siede
di foreste ombreggiata ed abitata
da un’infinita nazion di capre
silvestri, onde la pace alcun non turba;
ché il cacciator che per burroni e boschi
si consuma la vita, ivi non entra
non aratore o mandrian vi alberga».
Lasciate qui le armi, l’eroe omerico si sarebbe poi diretto verso la grotta di Polifemo, ossia la grotta di Seiano, scavata in epoca romana e menzionata da autori quali Stazio, Plinio, Seneca e Cicerone. Animata da leggende e miti, Nesis divenne per i romani una zona destinata all’otium, all’inattività, alla meditazione, alle discussioni filosofiche e al distacco dall’Urbe e dal negotium.
Cicerone scrisse di essersi recato a Nisida in occasione della visita a Bruto che, secondo fonti storiche accertate, costruì sull’isolotto del napoletano una residenza estiva in cui fu ordito il complotto contro Cesare. Purtroppo, non ci resta più nulla di questa e di molte altre costruzioni di epoca romana poiché, conseguentemente al fenomeno del bradisismo, oggi di Nisida ci appare come 1/6 della sua grandezza naturale.
Durante il Medioevo, a Nisida furono edificati il monastero di Sant’Arcangelo e la chiesa di Sant’Angelo de Zippio, poiché l’isola era anche chiamata Gipeum o Zippium. Grazie ai possibili guadagni, l’isola fu sfruttata economicamente: durante la seconda metà del XIV secolo, sotto il governo della regina Giovanna, nipote di Roberto d’Angiò, fu edificata una Torre di Guardia sita nel punto più alto dell’isola per la supervisione del territorio e del mare dirimpetto, residenza della sovrana e casinò di caccia. Verso la metà del XV secolo, in pieno Rinascimento, la riscoperta dei classici condusse ad un nuovo battesimo dell’isola, che tornò a chiamarsi con il suo nome originario, Nisida. Il regno della regina Giovanna II rappresentò un periodo caotico, fatto di insidie, tradimenti, alleanze, sete di potere, congiure, scelte di eredi senza criterio da parte della sovrana senza figli. Fu proprio in questo scenario che la Torre divenne un castello con funzione difensiva per volere di Don Pedro de Toledo: l’aumento delle incursioni saracene, soprattutto per mano del noto pirata Barbarossa, particolarmente numerose tra la Calabria ed Ischia, la crisi della pesca e del commercio a causa dei continui attacchi, condusse alla costruzione di una struttura più imponente, munita di soldati e cannoni.
Il territorio dell’isola continuò ad essere proprietà privata fino al XVIII secolo, con i Duchi Macedonio. Lo scoppio della grande epidemia di peste del 1626 che coinvolse il Regno di Napoli causò l’adibizione del Castello di Nisida a lazzaretto su decisione del viceré Antonio Alvarez de Toledo, nonostante le proteste dei proprietari. Durante il regno borbonico, l’isola divenne proprietà dello stato e nel 1815 il castello fu adibito a prigione: maturò infatti la consapevolezza di dover migliorare le condizioni di vita dei detenuti per favorirne il recupero morale. Ritenuta ideale la forma circolare, la Torre di Guardia di Nisida fu scelta per la sua posizione strategica, vicina alla città, ma difficilmente accessibile in quanto situata a strapiombo sul mare. Il progetto di costruzione del carcere fu affidata all’architetto De Fazio, che aveva curato anche la ristrutturazione del porto e l’edificazione del lazzaretto. La prigione aveva ed ha una capienza di 1100 detenuti, tra cui i Borbone confinarono anche diversi prigionieri politici. Nel ventennio fascista esso divenne un riformatorio giudiziario e, nel 1934, si trasformò in penitenziario minorile, come rimane tutt’oggi, ragion per cui l’accesso all’isola è limitato.
La sua storia, la funzione attribuitagli, spesso hanno messo e mettono in ombra la sua natura incantevole, luogo leggendario abitato dalle Sirene di Ulisse, cantata da Omero come scenario magico e paradisiaco, donna bellissima e seducente che incanta due uomini nel racconto di Cervantes, che testimonia il legame dello scrittore spagnolo alla nostra terra.
«Non cercate lontano
quello che avete qui a portata di mano.
A questo punto vi starete certamente chiedendo
chissà stavolta questo dove vuole andare a parare…
Venite tutti a Nisida,
Nisida è un’isola e nessuno lo sa!
[…]
Nisida è così vicina così lontana»
Edoardo Bennato – Nisida (1982)
Sonia Zeno