ENI
Fonte: recommon.org

ENI, multinazionale degli idrocarburi nonché colosso energetico italiano, è stata svariate volte protagonista di vicende giudiziarie che la vedono coinvolta in questioni poco chiare.

Dal processo ENI – Nigeria (in cui uno dei principali imputati fu Claudio Descalzi, amministratore delegato recentemente riconfermato nel ruolo), al processo per disastro ambientale in Basilicata, alla mancata svolta green, alle accuse di depistaggio: sono solo alcuni esempi della scarsa trasparenza di una società a partecipazione pubblica, da cui sarebbe lecito attendersi maggiore chiarezza.

Sulla scia di queste macchie indelebili che continuano a sporcare il curriculum di ENI è nata una rete sociale di ragazzi provenienti da ogni parte d’Italia che chiede lumi sull’operato del colosso energetico, sollevando problemi e quesiti di ordine ambientale e morale. Hanno ripetutamente chiesto delle risposte alle istituzioni, risposte che o sono giunte in maniera lacunosa e astratta, o sono state negate. Di seguito l’intervista a Francesco Maggiurana, uno dei promotori del gruppo di attivisti schierati in prima linea nella controversa questione ENI e che da mesi sollecitano la formazione di una commissione parlamentare d’inchiesta al riguardo.

Da quale intento nasce il vostro gruppo e da chi è costituito?

«Da un anno a questa parte si è venuto a creare questo gruppo di ragazzi, provenienti anche da realtà politiche diverse: partendo dal Fronte della Gioventù Comunista e Potere al Popolo, passando per il Movimento 5 stelle e il Fronte Sovranista italiano, arrivando anche al Partito Democratico e a qualche associazione ambientalista. Il tutto era nato con l’intento di chiedere chiarezza e trasparenza sull’ENI, che è un’azienda di Stato, tramite l’istituzione di una commissione parlamentare che potesse fare luce sulle numerose inchieste giudiziarie che la coinvolgono, soprattutto i vertici dell’azienda stessa e sulle politiche neo-coloniali portate avanti nei vari territori in via di sviluppo. Nel mentre, abbiamo provato a sensibilizzare l’opinione pubblica su certe tematiche molto importanti, per quanto delicate. Questioni che noi reputiamo siano correlate anche, se non soprattutto, al fenomeno migratorio».

Da Enrico Mattei a Descalzi (con la complicità dello Stato che detiene il 30% delle azioni), qual è stata l’etica del colosso ENI?

«L’azienda ENI, fondata da un grande industriale e innovatore quale era Enrico Mattei, è giunta oggi, nell’era di Descalzi, a dover affrontare una profonda condizione di degrado culturale. Dopo decenni di sfruttamento del suolo, sia in Italia (basti pensare a Gela, Milazzo, Augusta, Priolo) che all’estero, le dichiarazioni ambientaliste diffuse a mezzo stampa, come era prevedibile, non hanno sortito l’effetto di cambiare il paradigma di azione della multinazionale. Il piano 2018-2021 ha previsto circa 30 miliardi di euro di investimenti per l’estrazione e produzione di idrocarburi, mentre solo 1,2 miliardi, ossia il 4% della spesa totale, è stata destinata alle fonti rinnovabili. Una strategia controproducente che non sa guardare al futuro, né tantomeno al presente. Il 2020 ha aperto quella che è sinora la fase più acuta della crisi internazionale del petrolio. Dallo scontro tra Russia e paesi OPEC, passando per l’incertezza ingenerata dal lockdown mondiale, fino a giungere alle scottanti questioni del cambiamento climatico, appare chiaro che il presente e il futuro dell’industria energetica risiedono nelle fonti rinnovabili. La politica, dai livelli locali, fino ai piani più alti, continua a restare silente».

La carriera di Descalzi è piena di controverse zone d’ombra, da inchieste giudiziarie a potenziali conflitti d’interesse. Cosa pensate di questa riconferma?

«Il Movimento 5 Stelle, in passato e con coraggio, aveva più volte denunciato certe condotte poco trasparenti da parte dell’azienda ENI proponendo, quando era all’opposizione, una commissione d’inchiesta sulla vicenda. Speravamo che, una volta arrivati ai banchi del Governo, dessero un forte segnale di discontinuità con il passato, partendo proprio dalla questione delle nomine. Purtroppo, invece, abbiamo assistito a una vergognosa marcia indietro, sia sulla mancata istituzione della commissione d’inchiesta, sia sulla riconferma di un soggetto messo lì da Renzi, già nel ‘lontano’ 2014, e che tra le varie accuse risulta anche essere imputato per corruzione internazionale per quella che la procura di Milano considera la più grande presunta tangente mai pagata nella storia repubblicana, più varie vicende di potenziali conflitti di interesse in cui è coinvolta anche sua moglie. Quindi, può ben immaginare l’amarezza e la delusione che possiamo provare di fronte a questo schifo».

Cosa avete chiesto al Governo? Vi sono giunte risposte dalle Istituzioni?

«Come ho accennato anche prima, avevamo chiesto che venisse istituita un’apposita commissione d’inchiesta e che, nel mentre, si procedesse con la doverosa destituzione politica dell’imputato Claudio Descalzi quale vertice ENI. Ma purtroppo non abbiamo ricevuto alcuna risposta, a parte qualche timidissimo, se non un quasi inesistente sussulto da parte di pochissimi parlamentari».

Come avete intenzione di agire per il futuro?

«La sostenibilità economica, ambientale e sociale di ogni attività di impresa è un tema cruciale, che non può essere più ignorato, o peggio, riservato ad esternazioni di auto-compiacimento e di facciata. Noi, da parte nostra, continueremo a svolgere attività di inchiesta e di sensibilizzazione sulle pratiche obsolete di sfruttamento del territorio e delle popolazioni da parte dell’ENI. Continueremo a richiedere risposte governative coraggiose e concrete».

Melissa Bonafiglia

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