A ridosso del ventitreesimo anniversario degli “Accordi del Venerdì Santo” del 1998 si sono verificati numerosi scontri in Irlanda del Nord. I disordini sono incominciati venerdì sera, quando alcuni giovani delle zone lealiste di Belfast e Derry hanno lanciato bottiglie, mattoni e fuochi d’artificio contro le forze dell’ordine. Sabato notte la sommossa è continuata con il lancio di ordigni incendiari che hanno dato alle fiamme tre auto a Newtownabbey, fuori Belfast. Domenica notte alcune decine di persone a Newtownabbey, e una cinquantina a Carrickfergus, si sono scontrate ancora con la polizia. Le schermaglie sono perdurate nei giorni a seguire, diffondendosi soprattutto nella periferia di Belfast. Il bilancio finale è di sei giorni di tumulti e 55 poliziotti feriti, ma la situazione rimane di massima allerta.
In Irlanda del Nord si sono riviste scene che sembravano oramai sepolte nel passato. La violenza da parte di giovani lealisti iniziata il fine settimana di Pasqua è la prova di un’atmosfera sempre più febbricitante. Questa situazione non è altro che la conseguenza degli accordi sulla Brexit, che hanno finito per individuare il Mare d’Irlanda come “confine rigido” a separare l’isola d’Irlanda e la Gran Bretagna. La Brexit, dunque, nonostante sia stata voluta fortemente dagli stessi unionisti e lealisti, alla fine ha disatteso le loro più rosee aspettative. Di fatto, il premier britannico Boris Johnson ha siglato il trattato di uscita dall’Unione Europea senza minimamente porsi come “custode” del processo di pace nelle sei contee nordirlandesi. Una mossa che sta dunque a confermare che l’unione tra Londra e Belfast non è più al sicuro.
In Irlanda del Nord iniziano a materializzarsi gli effetti della Brexit
Il protocollo concordato dall’UE e dal Regno Unito, infatti, mantiene libera la frontiera tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord, in modo da permettere a quest’ultima di rimanere nel Mercato Unico Europeo e applicare le norme doganali dell’UE nei suoi porti. Di conseguenza, i nazionalisti nordirlandesi e il governo irlandese si sono impegnati a risolvere i problemi con questo protocollo, sostenendo che nulla debba minacciare il libero commercio nell’isola d’Irlanda. Al contrario, unionisti e lealisti nordirlandesi si sono sentiti sempre più isolati e sono diventati maggiormente inquieti per i nuovi processi normativi e doganali richiesti per portare merci in Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito.
Profondamente deluse dal comportamento di BoJo, le varie anime che compongono la comunità unionista hanno reagito percorrendo differenti strade. Da una parte, il Democratic Unionist Party (DUP) sta pianificando una sfida legale contro il protocollo, sostenendo che un confine nel Mare d’Irlanda va contro gli Accordi del Venerdì Santo, che è a tutti gli effetti un vero e proprio trattato internazionale. Dall’altra invece altri gruppi lealisti, sentendosi con le spalle al muro e non avendo più nulla da perdere, hanno ritirato il sostegno agli Accordi del Venerdì Santo e hanno iniziato ad individuare nella violenza l’unica modalità praticabile per poter realmente mettere in discussione il protocollo della Brexit. È bastato poco, perciò, a esponenti di gruppi paramilitari lealisti ricordare a giovani e giovanissimi il recente passato e istigare loro alla violenza, dato che il processo di pace tra le due comunità non è stato mai conseguito del tutto.
La convinzione degli unionisti di essere minacciati
La Brexit, dunque, ha modificato i rapporti di forza in Irlanda del Nord. Infatti, adesso, è la comunità unionista e lealista che si percepisce sempre più assediata. Di conseguenza qualsivoglia decisione politica o giudiziaria che venga presa contro di loro può essere percepita e intesa strumentalmente come un atto di favoritismo verso i repubblicani, senza che sussistano fondate e motivate argomentazioni. Proprio come è avvenuto nei giorni passati a Carrickfergus, quando una retata delle forze di polizia ha sequestrato partite di droga a membri della Ulster Defence Association (UDA) nel South East di Antrim, una cellula del gruppo paramilitare lealista ancora attivo.
Ma la decisione che in questi giorni ha fatto infuriare le forze politiche lealiste e unioniste è stata la decisione del Public Prosecution Service (PPS) di non agire contro i politici dello Sinn Féin che hanno partecipato al funerale di Bobby Storey. Lo scorso giugno lo Sinn Féin ha organizzato un grande funerale a Belfast per l’ex esponente di spicco dell’IRA. Secondo le regole stabilite dall’esecutivo, non più di 30 persone erano state autorizzate a partecipare ai funerali, ma si stima che 2.000 persone – tra cui il vice primo ministro, Michelle O’Neill, e altre figure dello Sinn Féin – si siano unite all’affollato memoriale. Di conseguenza la leader del DUP, Arlene Foster, ha chiesto le dimissioni di Simon Byrne, il capo della polizia dell’Irlanda del Nord (PSNI), sostenendo che i suoi ufficiali abbiano facilitato lo Sinn Féin nel violare le regole per seppellire un loro membro. La decisione ha suscitato particolare inquietudine tra i lealisti che si sono lamentati di “due livelli di polizia” e sono scesi in piazza per protestare nelle ultime notti.
È necessaria un’intesa a livello internazionale per riportare alla calma
Le violenze sorte all’interno della comunità lealista rischiano sul lungo termine di innescare reazioni uguali e contrarie nella comunità nazionalista. In casi come questi l’apprensione è massima, poiché basta un minimo incidente per scatenare un’incontrollabile reazione a catena. Dunque, bisognerà interagire efficacemente con la comunità unionista e lealista, in modo da fargli capire di avere ancora un posto di rilievo all’interno dell’Irlanda del Nord. Dovrà essere ideata una strategia che coinvolga gli unionisti e li faccia sentire parte di un progetto a lungo termine. Ma l’assenza di una leadership strategica congiunta a livello internazionale farebbe intendere che qualsiasi processo di distensione potrebbe essere dirottato dai partiti politici nordirlandesi, con conseguenze negative per la stabilità della regione. Per questo motivo solamente un processo congiunto di definizione e pianificazione di una nuova cooperazione tra la Gran Bretagna, l’Unione Europea e la Repubblica d’Irlanda infonderebbe fiducia in ambo le comunità e riporterebbe la calma in Irlanda del Nord.
Gabriele Caruso