Cgil e la “piazza per l’Europa”: serve uno sciopero, non la guerra
Fonte: Danilo Gatto

E se per il 15 marzo fosse stato indetto uno sciopero generale dei lavoratori del settore bellico e sanitario? Una proposta “dalla vena esageratamente romantica”, forse. Ce lo ha confessato Danilo Gatto. Ausiliario di trentatré anni al Policlinico Umberto I di Roma, dove è anche delegato sindacale per la Funzione Pubblica Cgil. Proprio del sindacato più grande d’Italia, che conta oltre 5 milioni di iscritti, abbiamo discusso. Danilo, oltre a impegnarsi quotidianamente nel tutelare lavoratrici e lavoratori impiegati nel mondo delle cooperative sociali, si diletta nella scrittura di poesie, recensisce libri e articoli ed è creatore e autore del blog Voci Sinistre.

Insomma, quale prospettiva migliore se non quella di Danilo per analizzare una questione che sta scaldando gli animi di tanti iscritti, delegati, simpatizzanti (e non) della Cgil in questi giorni. Ci riferiamo, ovviamente, all’adesione del sindacato alla manifestazione “per l’Europa”, lanciata dal giornalista de La Repubblica Michele Serra, che si terrà sabato 15 marzo in Piazza del Popolo, a Roma. Potremmo definirla una piazza ambigua, con poche idee ma confuse. Non è infatti chiaro quale sia il progetto di futuro per l’Unione Europea secondo i partecipanti. Sono contrari al riarmo? Vogliono un esercito comune?

Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha chiarito la sua posizione su La Repubblica, in una lettera al direttore Mario Orfeo, in merito al piano ReArm Europe presentato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, con il quale si intende mobilitare fino a 800 miliardi di euro per “garantire la sicurezza europea”. Landini spiega che “la Cgil non condivide e intende contrastare l’iniziativa della commissaria europea e del Consiglio che hanno deciso un piano di riarmo generalizzato delle singole nazioni europee di 800 miliardi (approvato il 12 marzo dal Parlamento con 419 voti a favore, ndr). La priorità deve essere lavoro pace diritti, del resto, è nata per questo”. Tuttavia, le parole di Landini non sono certo bastate a calmare le acque.

Danilo, in tanti hanno strappato la tessera di iscrizione della Cgil, potremmo dire che la decisione del sindacato è un suicidio?

«Non parlerei di suicidio, anzi. La risposta della base della Cgil è stata forte. Questo dimostra l’estrema vitalità ed eterogeneità che caratterizza il sindacato. Criticare dall’interno una politica scellerata come quella di von der Leyen è una mossa che può avere il suo senso, ma nel momento in cui la base prende una posizione così netta contro la partecipazione a un evento in cui si sfilerebbe a fianco di chi non è poi così critico nei confronti di ReArm Europe, sarebbe stato più corretto ritirare l’adesione. Ciò collide con lo spirito democratico che dovrebbe caratterizzare l’organizzazione».

Un’alternativa?

«Sarebbe stato utile, a mio modo di vedere, indire assemblee nei luoghi di lavoro per discutere di azioni concrete da opporre alla politica del riarmo. Mi viene in mente, forse tradendo una vena esageratamente romantica, la proposta di uno sciopero generale dei lavoratori del settore bellico e dell’enorme indotto che si porta dietro. Da accompagnare a quello delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità, il cui lavoro si colloca in una posizione diametralmente opposta alla decisione della Commissione europea: prendersi cura della salute collettiva è un atto che non può convivere con una situazione in cui la stessa è messa drammaticamente a repentaglio. E da qui, provare ad estendere lo sciopero in tutta Europa, bloccando ad oltranza la produzione di strumenti di morte e, perché no, intraprendendo la strada della riconversione industriale, come la storia dell’ex Gkn ci ha insegnato essere possibile».

Quindi, quale dovrebbe essere secondo te il ruolo della Cgil in questo momento storico?

«Un tentativo concreto da parte del sindacato potrebbe essere quello di rigenerare una nuova coscienza di classe all’interno di una crisi internazionale che ci ha portato a un metro dalla barbarie. Di proposte come le assemblee o gli scioperi se ne possono fare a decine. È anche vero, tuttavia, che la situazione della classe lavoratrice non è delle migliori (ed ecco svanire l’esagerato romanticismo). Nulla garantisce che azioni del genere avrebbero supporto e, soprattutto, un effetto concreto. Fatto sta che, e ci tengo a ribadirlo, la reazione di una buona fetta della base della Cgil alla decisione di partecipare alla manifestazione ci illustra una composizione tutt’altro che monolitica dell’organizzazione. Questo potrebbe farci ben sperare per il futuro, sempre che ce ne sia il tempo».

Le sfide paiono insormontabili. Una corsa contro il tempo, contro gli effetti del neoliberismo e della crisi climatica, che ci impongono di agire in modo netto e chiaro. Non c’è più spazio per l’ambiguità. Un sindacato come la Cgil deve necessariamente imporsi contro guerra e imperialismo, magari con una vera e propria rivolta sociale.

di Elena Coatti e Annamaria Ottaviani

Prospettive Sinistre
Annamaria Ottaviani, dottoressa in sociologia, ed Elena Coatti, laureata in comunicazione e digital media. Amiche e compagne. Oltre 400 km ci separano, ma non abbastanza da impedirci di intrecciare saperi ed esperienze. Ex attiviste per gli animali, oggi uniamo le nostre voci in Prospettive Sinistre, rifacendoci alle teorie dell'antispecismo politico e del marxismo.

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