Checché se ne dica, e qualunque siano stati i risultati, negli ultimi anni stiamo assistendo ad uno dei più grandi cambiamenti nella storia del motorsport. Un giorno, ormai è cosa più che probabile, anche i colossi della Formula Uno verranno smossi interamente da un motore elettrico; d’altronde, il futuro dell’automobile, paradossalmente, è più alla portata di quanto possiamo davvero pensare, e le modifiche agli ultimi regolamenti in F1, nel 2014, hanno lanciato un serio messaggio di innovazione. I nuovi motori ibridi, composti cioè da due generatori elettrici oltre al turbo V6 /1600 cc a benzina, sebbene non le facciano risuonare più come una volta, non si può dire non abbiano aumentato la potenza delle monoposto in termini di accelerazione e, soprattutto, di velocità di punta.
Vetture più veloci, rimodernate, aerodinamiche e nel rispetto dell’ambiente. Sembra non possiamo desiderare di meglio, eppure la F1 ha perso parecchio appeal rispetto ai primi anni ’00, dove veniva inserita senza problemi nella cultura di massa. Al momento, tuttavia, per via della monopolizzazione dei diritti televisivi e dell’innegabile perdita di spettacolarità, il simbolo più grande del motorsport mondiale si sta progressivamente trasformando in un prodotto elitario, un’accozzaglia di nuove conoscenze, tecnologie e leggi assurde a cui solamente gli appassionati continuano a resistere. Viviamo nell’epoca dei volanti computerizzati, delle virtual safety car, dove non pare più di guidare in una delle categorie più estreme dell’automobilismo internazionale, anzi in una sorta di tutorial per videogiochi. Ed ecco come ogni anno incrementa l’avvicendarsi di nuovi piloti, scommesse fin troppo sopravvalutate o figli di, che il più delle volte hanno il solo ruolo di portare sponsor e di risollevare una scuderia dal disastro economico.
Ancor prima dei bolidi da corsa, delle sfrecciate sui rettilinei, a farla da padrone nei Grand Prix è il rischio: quello per cui un incidente è tanto spettacolare quanto pericoloso, quello dei testacoda, dei sorpassi ruota a ruota, delle sportellate e del gioco sporco. Si rassegnino i potenti, perché, regolamenti a parte, è questo ciò che manca alla Formula Uno di oggi. E più di tutti, si rassegnino i tifosi, perché ogni cosa ha un prezzo da pagare, specie se di mezzo ci vanno l’incolumità e la sicurezza dei piloti.
SE LA F1 NON BASTA: LA FORMULA E(LETTRICA)
Uno degli obiettivi della Federazione internazionale è quello di restituire alle auto da corsa quel ruolo di “laboratorio ideale” dove creare e sperimentare nuove tecnologie da trasferire, una volta matura, nelle auto di tutti i giorni. L’automobilismo, insomma, ha nuovamente fatto valere, come già in passato, la sua importanza come banco di prova, in cui nuovi accorgimenti e sperimentazioni portino a risultati importanti nella ricerca.
Ideato a partire dal 2012, e inaugurato nella sua prima gara a Pechino solo a settembre dello scorso anno, il Campionato Mondiale di Formula E riassume in pochi tratti tale concetto. Le vetture, al contrario della Formula Uno, sono completamente ad “impatto zero”, dal momento che sono spinte unicamente da un motore elettrico alimentato da una batteria. Oltretutto, poiché la prerogativa fondamentale della nuova serie è mettere in risalto l’importanza dell’elettrico nella concezione dell’automobile, le monoposto sono tutte uguali:
– Motore: fornito dalla McLaren, si basa sul funzionamento dei propulsori della P1, supercar ibrida del marchio inglese. Di potenza massima pari a 200 kW (272 CV), che viene, per ragioni di sicurezza, opportunamente limitata durante lo svolgimento delle gare (max. 150 kW), il motore permette di passare da 0 a 100 km/h in poco meno di 3 secondi. Sul volante di ogni vettura, inoltre, è installato un bottoncino, che si attiva in fase di sorpasso, tramite il quale si ottiene una certa potenza in più per un breve periodo di tempo.
La batteria agli ioni di litio ha un peso di 200 kg ed è opportunamente infilata nella parte della scocca dietro al sedile; ha un’autonomia di 25 minuti o 45/50 km percorsi, il che rende necessario nelle gare (di durata pari ad un’ora), almeno un pit-stop nel quale il pilota cambia vettura e lascia quella scarica. La batteria è ricaricabile in tempi non inferiori alle 8 ore; in ogni gran premio, infatti, viene installata una mini centrale elettrica collegata ai box di ciascuna scuderia;
– Telaio: superleggero in fibra di carbonio e resistente agli urti, fornito dalla casa italiana Dallara. Le dimensioni della scocca (500 cm x 120 cm) sono di poco inferiori a quelle di una F1;
– Pneumatici: forniti dalla Michelin, sono più alti e snelli rispetto alle gomme Pirelli, e non possono essere sostituiti durante un Gran Premio a meno che non si forino;
– Aerodinamica: è una materia che poco importa alle vetture di Formula E, dal momento che si vuole che l’attenzione si focalizzi sul sistema di propulsione e non su altro. Ogni team, infatti, ha lo stesso design per quanto riguarda l’alettone anteriore o quello posteriore.
Oltre ai notevoli vantaggi ambientali (si parla di un calo di circa il 70% delle morti causate da problemi respiratori), adottare veicoli elettrici nell’utilizzo quotidiano significherebbe ridurre drasticamente anche il costo del carburante, oltre che, al giorno d’oggi, impossessarsi degli eco-incentivi.
Fonti: focus.it
Fonti immagini media/evidenza: google.com
Nicola Puca