In occasione del nostro ultimo approfondimento sul tema, ci eravamo lasciati con i democratici in crisi a causa di presunti scandali riguardanti i più stretti collaboratori di Hillary Clinton, candidata alla presidenza degli Stati Uniti d’America, sui quali il Federal Bureau of Investigation aveva aperto un’inchiesta.
Non sono mai emerse ipotesi di reato a carico dell’ex First Lady americana, ma non si può negare che l’indagine sulla email legate all’uso di un server privato quando era Segretario di Stato abbia complicato la corsa di Clinton alla Casa Bianca.
Com’è finita lo sappiamo tutti, ma la questione in parola è ben lungi dall’essere chiusa: è del 12 gennaio, infatti, la notizia secondo cui l’Ispettore generale del ministero della Giustizia USA sarebbe indagando sul comportamento dell’FBI in quel frangente.
In particolare, si dovrà stabile se il direttore dei federali, James Comey, abbia agito andando, o meno, al di là dei suoi poteri, come quando, nel luglio scorso, bollò come «estremamente negligente» il modus operandi di Clinton, rea di aver fatto confluire la propria corrispondenza su un server privato, vulnerabile pertanto ad eventuali attacchi informatici.
Senza contare che, come se n’è dato conto a suo tempo, a soli 11 giorni dal voto di novembre lo stesso Comey riaprì il caso – chiudendolo ufficialmente a sole 36 ore dal voto – sostenendo che c’era un nuovo filone di indagine, legato a documenti sequestrati ad Anthony Wiener, democratico ed ex marito di Huma Abedin, assistente personale di Clinton.
Ad aggiungere un altro po’ di pepe alla vicenda, il fatto che James Comey fosse repubblicano, seppure scelto proprio da Obama nell’ambito della sua strategia bipartisan, e comunque in odore (almeno sino a ieri) di riconferma.
Che l’operato del direttore dell’FBI abbia contribuito a determinare una drastica diminuzione di consensi per Hillary Clinton risulta, a questo punto, molto probabile: sarà compito dell’Ispettore generale stabilire se dietro a questo ci sia stato anche un progetto criminoso, con l’obiettivo di favorire l’elezione di Donald Trump.
A questo proposito, non si può dire che sia un periodo particolarmente felice per il neopresidente americano, alle prese anche con l’emersione di un dossier segreto fra le pagine elettroniche di BuzzFeed, che conterrebbe elementi in base ai quali Trump e suoi più stretti collaboratori avrebbero intrattenuto strette collaborazioni con Mosca.
Uno scoop tutto da confermare, ma che nasce dalla medesima esigenza di informazione dell’opinione pubblica su qualsiasi notizia di rilievo che riguarda le personalità al potere.
La stessa che, pochi mesi fa, aveva finito per danneggiare irrimediabilmente la sua rivale.
Carlo Rombolà