La Napoli magica, esoterica, nascosta agli occhi dei realisti, cela sotto l’apparenza maestosa dei suoi monumenti e dei suoi paesaggi le trame di storie antiche, intessute tra credenze popolari e fatti realmente accaduti. Complici i fumi vulcanici, che avvolgono la cittá in un’aura di misticismo, la tradizione popolare tramanda le vicende di personaggi realmente vissuti all’ombra del Vesuvio ricoprendole di un velo di leggenda. É questo il caso del poeta Virgilio, che dal 45 al 29 avanti Cristo soggiornó presso il Castrum Lucullarum, una villa che sorgeva tra Pizzofalcone e Megaride. All’ombra dei suoi giardini e dei suoi sfarzi il sommo poeta scrisse l’intero corpus delle Bucoliche e quattro libri delle Georgiche. I resti della villa, presso l’attuale Borgo Marinari, ospitarono la fortezza che sarebbe diventata successivamente il nostro Castel dell’Ovo, nei cui sotterranei ha luogo la più famosa leggenda legata al poeta latino.
Secondo le cronache medievali e la tradizione esoterica, infatti, Virgilio era un iniziato, dotato di doti magiche e in possesso di saperi superiori, che gli consentivano di proferire vaticini in grado di influenzare le sorti della città. Ricca di significati simbolici, la leggenda che lega il poeta al castello napoletano vuole che nei suoi sotterranei Virgilio abbia fatto murare un uovo sigillato in una caraffa di cristallo: se l’uovo si fosse rotto, una sorte funesta sarebbe toccata alla città intera. Si trattava di un incantesimo molto potente. Come racconta Vittorio Del Tufo in uno dei suoi articoli su Napoli e le sue storie, le cronache del 26 luglio 1370 testimoniano quanto l’intreccio tra verità e leggenda possa contribuire a formare l’immaginario di un popolo: una terribile tormenta colpì Castel dell’Ovo e Ambrogio Visconti, in un tentativo rocambolesco di fuga dalle sue prigioni, urtò la gabbia contenente l’uovo di Virgilio provocando la frana di una parte del castello e di un fianco del monte Echia. La previdente regina Giovanna, onde evitare nuove sciagure, fece sostituire l’uovo, che da allora – intatto – protegge Napoli da sventure e calamità.
Un’ulteriore leggenda vuole Virgilio come effettivo patrono della città e suo protettore. Di fatto a Napoli incontrò l’esoterismo della scuola neopitagorica e l’epicureo Sirone, mentre sempre presso la città partenopea si avvicinò ai culti di Cerere e Proserpina. È inoltre ben nota la scelta del lago d’Averno come accesso privilegiato al mondo degli Inferi, varcato da Enea e luogo della sua catabasi, mentre il popolo partenopeo celebra la memoria di Virgilio presso il suo sepolcro sulla collina di Posillipo. Infatti, la tomba è tradizionalmente situata accanto alla Crypta Neapolitana e la sua storia è da sempre oggetto di dubbi e obiezioni: sono diversi gli esperti che credono che i resti del vate non si trovino effettivamente a Napoli. Anche in questo caso, le fonti riportano le sedi più disparate, ammantando così la vicenda in un alone di mistero.
Che le conoscenze mistiche ed esoteriche del poeta dantesco abbiano contribuito a diffonderne un’immagine quasi sacrale è fuori discussione. Rimane il dubbio, però, sulle capacità virgiliane di scalzare dal trono il santo patrono: non basterà certo la leggenda a minare la fede dei napoletani e delle napoletane nei miracoli di San Gennaro, ma si aggiunge alle prodezze del santo patrono la protezione di un poeta, che guarda amorevolmente Napoli dal luogo che più gli si addice, l’ombra.
Giulia Imbimbo
Fonte immagine di copertina: https://depositphotos.com/photo/castel-dellovo-in-naples-173971984.html