“Il governo farebbe bene a studiare e fare molta meno propaganda”. Così commenta gli ultimi dati Inps sui contratti di lavoro Marta Fana, collaboratrice de Il Manifesto e dottoranda in Economia a Sciences Po Paris.
L’istituto di previdenza afferma che nei primi otto mesi del 2015 i contratti a tempo indeterminato sono aumentati di 319mila unità rispetto ai primi 8 mesi dell’anno precedentente. La ricercatrice, tuttavia, evidenzia che “i nuovi contratti pseudo stabili sono pochi”.
“Il governo farebbe bene a studiare e fare molta meno propaganda ingannevole che francamente non fa bene a nessuno”, dichiara la Fana. “Esiste un po’ di ripresa, ma non è strutturale: nessuno sforzo in investimenti né in avanzamento tecnologico. È tutta una questione di ciclo economico e il mercato del lavoro, al netto del ciclo, è dopato dagli sgravi”.
Secondo la ricercatrice, in pratica, assistere ad una lieve crescita, con i due miliardi di euro dati alle imprese, è scontato. “Quello che i dati dicono è che, al netto delle cessazioni, il numero di contratti netti a tempo indeterminato è di 91.663 tra il primo gennaio e fine agosto di quest’anno e rappresenta circa il 15% dei nuovi contratti totali. Il 77% sono contratti a termine e il residuo riguarda i contratti di apprendistato – continua la Fana – “Poi ci sono le trasformazioni, cioè quelle che in gergo vengono chiamate stabilizzazioni, anche se di stabile con il contratto a tutele crescenti non c’è nulla: queste sono 331.792. Molte di più dei nuovi contratti veri e propri. Questa è indiscutibilmente la prima evidenza da tenere a mente: i nuovi contratti pseudo stabili sono pochi, e di conseguenza anche la nuova occupazione.”
E sui voucher ? Il numero di voucher (“buoni lavoro” utilizzati nel pagamento di prestazioni professionali occasionali) è cresciuto in maniera esponenziale, raggiungendo in meno di un anno 71 milioni di ore di lavoro pagate 7.50 euro, i quali non includono diritti ad assegni di disoccupazione, maternità e malattia. “Quindi non soltanto il precariato e lo sfruttamento, ma anche la discriminazione tra lavoratori continua ed è stata accentuata dal Jobs Act”, afferma la ricercatrice, che continua dicendo: “Il lavoro accessorio doveva far emergere i lavoretti domestici in nero o quelli in agricoltura, ma in realtà i voucher sono usati soprattutto altrove: commercio, settori non identificati, eccetera. Nel 2014, per dare un’idea, circa 650milia nuovi individui hanno lavorato almeno un’ora tramite voucher.”
Infine, la Fana ci spiega quali fattori macroeconomici mondiali hanno influito sulla ripresa della nostra economia: da un lato il basso prezzo del petrolio e di altre materie prime che “ha influito positivamente sull’economia di tutta l’eurozona e quindi anche sui relativi mercati del lavoro”; inoltre “lo stesso vale per il cambio euro-dollaro“.
Invece il “quantitative easing non è una misura che spinge l’economia reale, ma le banche, e finora non pare abbia dato enormi frutti”. Tuttavia, “c’è da tenere a mente che negli ultimi due mesi l’economia mondiale ha rallentato, spinta dalla Cina ma anche dal Brasile, quindi non è detto che questi fattori macroeconomici riusciranno ancora a trainare la seppure debole ripresa italiana ed europea.”
Andrea Palumbo