Il giorno 12 settembre 2016, dopo circa due mesi, i dipendenti delle Fonderie Pisano sono scesi nuovamente in piazza a Salerno per protestare contro la chiusura momentanea dello
stabile per un’imminente delocalizzazione, tale decisione è stata presa nelle settimane precedenti dalla Procura di Salerno. Una notizia che ha destato scalpore da subito, provocando ansia e preoccupazione nei lavoratori per l’ipotetica perdita di lavoro (per avere maggiori informazioni sul tema della delocalizzazione delle Fonderie si può consultare questo articolo in cui si discute delle zone candidate ad accogliere lo stabile: https://www.liberopensiero.eu/2016/09/05/delocalizzazione-fonderie-pisano-le-mete/).
Nella giornata del 12 settembre, sono stati circa 130 i lavoratori che, accompagnati dalle proprie famiglie, hanno protestato nel centro di Salerno manifestando le proprie preoccupazione per la delocalizzazione in una meta ancora sconosciuta.
Da mesi i dipendenti vivono con l’incubo di perdere il lavoro e chiedono alle istituzioni competenti l’assunzione di sbloccare ogni decisione in tempi brevi.
Queste le parole dei lavoratori incise sui volantini che sono stati distribuite nella città di Salerno: “Tra aperture, sequestri e ripartenze ormai viviamo con l’incubo di perdere il posto di lavoro, ci ritroviamo in una situazione drammatica chiediamo con il massimo rispetto di tutte le autorità che vengano assunte decisioni in tempi brevi, una decisione comunicata in tempi lunghi equivale alla chiusura della nostra azienda con il rischio di passare nella palude della mobilità”
Il corteo dei lavoratori ha attraversato le principali strade del centro cittadino creando disagio e attirando l’attenzione dei passanti, provocando rallentamenti del traffico veicolare; a gestire tale disagio c’è stata la presenza della Polizia Locale che ha cercato di evitare la creazione di un eccessivo traffico urbano.
Nei prossimi giorni è previsto un sit in in Piazza Portanova per richiamare l’attenzione delle autorità e dei dirigenti delle Fonderie Pisano per le sorti dei centotrenta dipendenti e delle proprie famiglie che attendono una risposta.
Nicoletta Crescenzo