Se dopo aver visto un horror tornate a casa e vi guardate le spalle, allora vuol dire che è stato un buon horror. E dire che per buona parte di Noi sembrava di assistere ad un prodotto tanto potente dal lato visivo e recitativo, quanto tremendamente deludente sul piano della narrazione e dell’orrorifico. Invece, Jordan Peele, regista dell’opera, concentra il meglio di questi ultimi due aspetti nell’ultima parte, dove ogni elemento di questa storia horror-fantastica torna al suo posto confluendo in un twist finale (restituito allo spettatore con scelte di montaggio e sceniche lodevoli) che può appartenere soltanto ai grandi registi e alle ottime scritture.
Abbiamo parlato non a caso di “horror fantastico” termine con il quale, chi scrive, vuole indicare il genere seminale di cui Peele è portatore: ovvero storie in cui l’elemento horror è accolto in un contesto giocoso e da famiglia mulino bianco, dove il cielo è terso e i rapporti umani sono limpidi e innocenti, ma dove, d’improvviso, con l’incredulità dei protagonisti, tutto precipita sconfinando nel fantastico – e non nell’horror puro di matrice romantica e/o religiosa. Ma soprattutto, parliamo di un tipo di horror con un suo andamento, frammentario nel ritmo e intermezzato a più riprese da alcuni inserti comedy e personaggi macchiettistici, operazione portata a compimento con l’intento calcolato di allentare la tensione dello spettatore.
Ma passiamo al dettaglio: Noi è un film che gode di un accostamento straordinario di cromatismi, di una colonna sonora superlativa, di fotogrammi e primi piani iconici che gli conferiscono un’estetica pop e fotografica nella sua assurdità, ma che sarebbe fine a se stessa se dietro non ci fosse una narrazione coinvolgente, articolata quanto basta, ben calibrata nello svelare o nascondere sapientemente i passaggi della storia. Tutti elementi che contribuiscono a rendere il film di Jordan Peele memorabile. Il suo modo di raccontare come combinazione di forma e contenuto è, infatti, esemplare, perché si rivela al passo con i tempi, in grado di evocare suggestioni antiche e viscerali ma che rimandano a paure nuove che riguardano l’altro, la comunità, la vita sociale vissuta come questione etologica e di continua sopraffazione.
È un film che farà da modello e soprattutto “cultura” per il genere di riferimento, in quanto in futuro saranno tanti, guardandosi indietro, a prendere come punto di riferimento la produzione del regista newyorkese che ora vanta due piccoli gioielli come Scappa – Get Out e Noi, con quest’ultimo che brilla molto più del primo.
Noi, altresì, è un film che non disdegna feticci di cui piace adornarsi (le forbici, le tute dei protagonisti, i conigli), oggetti già destinati a diventare iconici perché significanti. Esatto: Noi di Jordan Peele è un’opera che significa, perché pregna di simboli e di riferimenti.
Insomma, se guardi un film del regista, non lo guardi per passare due ore e spegnere il cervello. Il taglio sociale e politico sembra un’attitudine irreprimibile di Peele, già ammirata nella sua opera prima Scappa – Get Out. In Noi, oltre a dire la sua sulla condizione di dominati e dominanti, ci tiene a chiarire il suo ideale di umanità e il rapporto, nonché genesi, del bene e del male: una malvagità sempre contingente, situazionale. Figlia di una condizione di svantaggio e proibizione, ma soprattutto di divieto imposto. Non esiste, quindi, un male originario, ma una giungla dove chi assume il ruolo dell’eroe lo è perché deputato dagli eventi ad assumerlo. Quella di Jordan Peele è la voglia di abbattere miti (soprattutto di civiltà) attraverso la sua idea contemporanea di inquietudine. Miti di qualunque genere, qualunque essi siano. E per questo lo amiamo ogni volta di più.
Enrico Ciccarelli
È uno dei film più brutti k abbia mai visto, a parte k nn fa paura, ma nn ha proprioun senso nn fa capire niente e gli attori a tratti un po pessimi se dovessi dare un voto sarebbe 1/10
Film fatto con i piedi, sceneggiatura inesistente, buchi narrativi e scene “horror” da sbadiglio. Concordo con Claid1o