Il film A Taxi Driver del 2017 ha commosso il pubblico internazionale, raccontando una delle pagine più oscure e meno conosciute della storia sudcoreana: il Massacro di Gwangju del 1980. Il film si distingue non solo per la sua forza narrativa e l’intensità delle interpretazioni, ma anche per il coraggio di portare alla luce eventi che per anni sono stati volutamente ignorati dal governo della Corea del Sud. Attraverso una narrazione basata su fatti reali, la pellicola ha contribuito a riaprire vecchie ferite e a ricordare al mondo il costo della libertà e della democrazia.
La trama di A Taxi Driver
La storia segue le vicende di Kim Manseob (interpretato da Song Kangho, che ha recitato anche nel ruolo di Kim Kitaek in Parasite), un tassista di Seul che accompagna un giornalista tedesco, Hinzpeter Jürgen “Peter” (interpretato da Thomas Kretschmann), nella città di Gwangju per guadagnare del denaro extra. Non conoscendo la reale gravità degli eventi, una volta giunto a Gwangju, Kim si trova immerso in una realtà che non avrebbe mai immaginato.
In quel momento, Gwangju è l’epicentro di una violenta repressione militare, innescata da proteste contro il regime autoritario del generale Chun Doohwan. Grazie all’aiuto di Kim, il giornalista riesce a documentare la brutalità delle forze armate e a far conoscere al mondo intero ciò che sta accadendo in Corea del Sud.
Il film è disponibile su Prime Video, con doppiaggio in italiano.
Il successo del film e l’impatto culturale
A Taxi Driver ha avuto un enorme successo, diventando il film con il maggior incasso in Corea del Sud nel 2017 (89.7 milioni di dollari). Ha ricevuto diverse candidature, vincendo vari premi, tra cui “Miglior film” del Florence Korea Film Fest nel 2018. Attualmente è il tredicesimo film sudcoreano di maggior incasso nella storia.
A Taxi Driver è più di un semplice film: è un atto di memoria. Attraverso la storia di un uomo comune che diventa un eroe, la pellicola ricorda il valore della libertà e della democrazia e l’importanza di non dimenticare mai le ingiustizie del passato. A testimonianza di questo impegno nel preservare la memoria collettiva, il governo sudcoreano ha fatto costruire a Gwangju il Cimitero Nazionale del 18 Maggio in onore delle vittime di quella tragica repressione.
Il Massacro di Gwangju
Dopo la morte del dittatore Park Chunghee nel 1979, la Corea del Sud entrò in un periodo di instabilità politica, culminato con un colpo di stato militare guidato da Chun Doohwan. La popolazione civile, in particolare gli studenti universitari, iniziò a manifestare pacificamente per chiedere il ritorno della democrazia e la fine della legge marziale. La risposta del governo fu brutale: Chun inviò le forze militari a Gwangju per reprimere le proteste. Gli studenti e i cittadini si armarono per opporsi, ma furono sopraffatti dalla violenza dell’esercito. Questo massacro avvenne tra il 18 e il 27 maggio 1980.
La vicenda fu inizialmente censurata dai media sudcoreani e la verità emerse solo successivamente grazie agli sforzi di giornalisti come Hinzpeter, che riuscì a trasmettere all’estero le immagini degli scontri. In questi dieci giorni, il governo ha stimato che siano morte tra le 200 e le 600 persone, ma in realtà si crede che le vittime siano state circa 2000.
Il Massacro di Gwangju è stato a lungo oggetto di speculazioni e teorie su chi potesse essere realmente responsabile degli eventi. Alcuni politici sudcoreani diffusero la falsa notizia che l’insurrezione fosse stata orchestrata dalla Corea del Nord, mentre negli Stati Uniti si credeva che l’amministrazione Carter fosse a conoscenza del colpo di stato di Chun Doohwan e della repressione a Gwangju. Tramite diverse indagini e la declassificazione dei documenti della Casa Bianca, la prima delle due teorie è stata smentita per mancanza di prove e la seconda confermata dalla scelta degli Stati Uniti di non intervenire per evitare destabilizzazioni nella penisola coreana durante la Guerra Fredda, scritta sullo stesso documento.
Hinzpeter Jürgen e Kim Sabok
Le foto e i video di Hinzpeter Jürgen contribuirono a far conoscere al mondo la brutalità del regime di Chun Doohwan. Fino alla sua morte nel 2016, il giornalista mantenne un ricordo indelebile del suo viaggio. Nonostante avesse espresso il desiderio di essere sepolto a Gwangju, la sua famiglia non onorò le sue ultime volontà. Tuttavia, in un piccolo giardino all’interno del Cimitero Nazionale del 18 Maggio, è stata installata una lapide commemorativa contenente le sue unghie e i suoi capelli.
Per tutta la vita, Hinzpeter Jürgen ha cercato di rintracciare il tassista che lo aveva aiutato nell’impresa, ma non è mai riuscito a trovarlo. Solo dopo l’immenso successo di A Taxi Driver nel 2017, Kim Seungpil si è fatto avanti e ha dichiarato di essere suo figlio, mostrando ai media una foto ritraente suo padre in compagnia del giornalista. Ha poi rivelato che il vero nome di Kim Manseob era Kim Sabok e che è morto di cancro nel 1984.
L’eredità del Massacro di Gwangju nella Corea del Sud di oggi
I presidenti della Corea del Sud hanno sempre evitato di indagare sul Massacro di Gwangju. Solo dopo l’elezione di Moon Jaein nel 2017, il governo ha condannato per la prima volta i tentativi di censurare e distorcere la storia di Gwangju. Nel suo discorso per il 37° anniversario del Movimento di Democratizzazione di Gwangju, Moon ha dichiarato: «Ancora oggi, ci sono voci che tentano di distorcere e denigrare il Movimento di Democratizzazione di Gwangju. Questo non può essere tollerato.»
Inoltre, il presidente ha sottolineato il valore simbolico della canzone The March for the Beloved, composta nel 1981 da Kim Jongryul e Hwang Seokyoung in memoria dell’attivista Yoon Sangwon e della sua fidanzata, che perse la vita durante la rivolta. Nonostante il suo profondo significato, la canzone fu bandita durante le amministrazioni precedenti. È stato Moon Jaein a insistere affinché il governo rimuovesse il divieto di cantarla, affermando: «Intonare questa canzone è un’espressione dell’impegno a proteggere l’onore delle vittime e ricordare la storia della democrazia.»
In occasione del 44° anniversario lo scorso maggio, anche l’attuale presidente Yoon Sukyeol ha sottolineato il suo impegno a promuovere la libertà e sostenere lo spirito di Gwangju, dichiarando: «L’intero popolo della Corea che si dirige verso un futuro felice, prospero e pieno di speranza è il modo per ereditare correttamente lo spirito di maggio in questa epoca e il percorso per onorare veramente il sacrificio e le lacrime di Gwangju.»
Per molti coreani, il Massacro di Gwangju non rimane soltanto un evento oscuro della storia coreana, ma rappresenta ancora oggi i sacrifici necessari per ottenere la democrazia. Con il sostegno di opere come A Taxi Driver, la memoria di quei giorni difficili rimane viva, ispirando nuove generazioni a lottare per i principi di giustizia e libertà.
Matthew Andrea D’Alessio