L’11 settembre 2016 a Catania è arrivato

il Presidente del Consiglio Matteo Renzi per chiudere con un grande cerimoniale la Festa dell’Unità: una quindici giorni di teatrini politici, sedie vuote e scarsissima partecipazione.

Nello stesso momento, la città che si oppone alle politiche del governo, da giorni prepara un grande corteo per fare capire che non tutti sono pronti a calare la testa al potente di turno e non intende festeggiare una classe politica lontana dai problemi reali del paese.

Il clima in città è surreale: il centro storico, su indicazione della prefettura, si è trasformato in una “zona rossa” per accogliere la classe dirigente del

paese. Molte persone non possono entrare alla Villa Bellini dove si tiene la Festa, perché sono già state individuate come dissidenti. I controlli agli ingressi sono serrati sia in entrata che, inspiegabilmente, in uscita.

Io, assieme ad altri ragazzi che alle 17 avrebbero preso parte alla manifestazione contro il governo, sono inizialmente riuscito ad entrare alla Villa. Indossavo una maglietta con un enorme “NO” rosso al centro, ma, dopo una breve perquisizione, riesco ad accedere senza problemi.

Ci intratteniamo alla Festa per circa un’ora: la partecipazione dentro è buona, ma si tratta in buona parte dei Giovani Democratici venuti da tutta Italia per partecipare a “Classe Dem”, esponenti locali e regionali del Partito, diversi curiosi, scettici e tanta polizia; gli agenti in borghese sono ovunque, molti di loro mi guardano di traverso per la maglietta che indosso.

Strategicamente i posti sotto al palco erano occupati da almeno un’ora da una cinquantina di persone con le bandiere di partito per favorire gli scatti più scenici. Quando verrà Renzi, in prima fila verranno posizionati i ragazzi di “Classedem” per dare l’idea che in fondo il Partito Democratico non sia fatto solamente di

ultracinquantenni stanchi e perennemente insoddisfatti.

Inizia il segretario Enzo Napoli che religiosamente ringrazia il leader per aver scelto la città di Catania come sede della Festa Nazionale, con i ringraziamenti prosegue il segretario Regionale Fausto Raciti che “scalda” il pubblico a Matteo Ren

zi.

I modi ed i toni non hanno nulla di politico, la nostra impressione è quella di una grande messa. Una kermesse blindata ed autocelebrativa che stanca e nausea chiunque non sia un adepto del renzismo: decidiamo di raggiungere il corteo che dovrebbe essere iniziato da poco. Chi è stato dentro fino alla fine mi ha detto che dopo l’intervento di Renzi hanno alzato a dismisura il volume della musica, per evitare che qualcuno potesse rovinare la scena.

Il premier sta poco ed esce da dietro, come è entrato. Il confronto non gli interessa evidentemente, c’è il rischio che qualcuno possa non essere d’accordo con lui.

Dopo essere uscito mi rendo conto che i miei amici non mi stanno dietro, decido di controllare dove siano e quindi mi dirigo verso la Villa. Vedo i miei amici che sono lì a pochi metri da me, ci separa soltanto un agente di

polizia che mi vieta l’ingresso. Io gli faccio presente che ero già stato dentro, che mi avevano perquisito e perfino verificato i miei precedenti penali e gli domando quale sia la base giuridica di questa interdizione.

“C’è un controllo di polizia”, mi dice, ma le basi giuridiche di questi blocchi sono pari a zero. Molti altri attivisti pacifici del movimento contro la discarica di Misterbianco sono bloccati all’ingresso, chi espone il dissenso pubblicamente dunque non è gradito, e non importa che la manifestazione del pensiero sia un diritto costituzionale.

Sono le 18 ed il corteo è partito da poco, l’impressione da lontano è già quella di una schiera molto nutrita. Standoci in mezzo si nota

no le diverse realtà della sinistra radicale della città: Partito Comunista Italiano, Cobas, Insegnanti contro la buona scuola, Uds, Red Militant, Officina Rebelde, No Muos, Liotru e così via. Il serpentone è molto lungo la manifestazione è animata e spregiudicata, in testa gli esponenti dell’autonomia, molti dei quali venuti anche da fuori.

Ecco quello che leggerete e vedrete su tutti i mezzi di informazione: lo scontro con la polizia.

Mi trovavo in prima fila, anche se avevo già notato il gruppo in testa al corteo munirsi di caschi e coprisi il volto, e nel frattempo molti manifestanti hanno parlato di poliziotti che già da tempo annunciavano la carica. Partono i fumogeni, i celerini schierano scudi e manganelli, non aspettano altro anche loro.

Uno spintone, forse una bottiglia lanciata ed in qualche secondo è panico generale. Io corro appena sento lo scrosciare dei manganelli della polizia, pronti a punire chiunque si trovi nel raggio d’azione dello scontro. Qualcuno lancia una bomba carta, c’è un po’ di paura, ma lo scontro dura appena pochi minuti e i provocatori scappano perché è evidente che lo scontro è impari. Parliamo di centinaia di agenti armati fino ai denti, contro un gruppuscolo armato di ombrelli e fumogeni.

Non vogliamo questa violenza perché è quello che stavano aspettando per parlare male di noi, per dipingerci come gli urlatori di piazza. Due ragazzi sono fermati, fortunatamente il legal team della manifestazione è in prima linea a garantire i diritti di chi viene scortato in caserma dalle forze dell’ordine.

Adesso però fateci un favore, quando guarderete i video degli scontri con la polizia ricordatevi che il corteo non inizia e non finisce là.

In mezzo a quel corteo c’erano insegnanti colpiti dalla Buona Scuola, lavoratori, precari, studenti e genitori. Tanta gente che cerca di costruire un paese diverso e più aperto, dove il confronto sia possibile e la classe dirigente non si trinceri in “zone rosse” chiuse a qualsiasi dialettica democratica.

P.s. Ecco anche un bel resoconto video della giornata dell’11

Antonio Sciuto

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