Antonia, la serie tv che parla di endometriosi
Antonia (fonte: fanpage.it)

Il giorno in cui Antonia compie 33 anni è costretta a chiedersi: Chi sono? Cosa desidero dalla mia vita? La storia si apre con un susseguirsi frenetico di eventi. Antonia lascia la casa in cui vive con il compagno Manfredi, viene licenziata dal set in cui lavora come attrice e finisce in ospedale, dove scopre di avere l’endometriosi, il che la porrà di fronte all’urgenza di prendere importati scelte relative al proprio futuro.

Antonia è una miniserie prodotta da Prime Video, ideata e realizzata dall’attrice Chiara Martegiani (Antonia) in collaborazione con la scrittrice Elisa Casseri, la sceneggiatrice Carlotta Corradi, la regista Chiara Malta e con la supervisione del partner e attore Valerio Mastrandrea. In questa commedia drammatica – parzialmente autobiografica – Antonia, un’attrice di 33 anni, dopo anni di dolori lancinanti e problematiche debilitanti relative al ciclo mestruale, a cui nessunə dei suoi conoscenti e familiari ha mai dato realmente importanza, ha finalmente una diagnosi del suo malessere: endometriosi.

L’endometriosi è una malattia femminile cronica invalidante e invisibilizzata, motivo per cui solo dopo anni di gravissimi patimenti, come accaduto ad Antonia, è possibile ricevere una diagnosi. Inoltre, non solo spesso manca il riconoscimento dell’endometriosi da parte del Sistema sanitario nazionale, per cui le cure, estremamente costose, sono quasi tutte a carico delle pazienti, ma la ricerca scientifica su questa patologia ginecologica è anche sotto-finanziata. Ciò evidenzia quanto siano scarsamente considerate le malattie femminili in relazione alla medicina patriarcale in una società profondamente androcentrica. Da qui ne deriva la rilevanza di una serie tv come Antonia che fa emergere e si focalizza sul dolore delle donne che viene sistematicamente normalizzato o invisibilizzato.

Come riportato, infatti, nella proposta di legge concernente l’adozione di disposizioni per la tutela delle donne con endometriosi presentata alla Camera nel gennaio del 2023: «Attualmente almeno 190 milioni di persone nel mondo sono affette da endometriosi durante l’età fertile. In Italia è affetto da endometriosi circa il 10-15 per cento delle donne in età riproduttiva e nel 30-50 per cento dei casi essa si associa a infertilità». Inoltre, «si stima un ritardo diagnostico che va da otto a dodici anni, pari al periodo che intercorre tra la manifestazione dei primi sintomi e la formulazione della diagnosi. Spesso durante questo lasso di tempo si assiste all’aggravamento della patologia e all’aumento dei sintomi. Spesso la persona affetta da questa patologia non si sente compresa perché il suo dolore è sottovalutato: la sottovalutazione del proprio dolore, associato al ritardo diagnostico, può creare disturbi psichici come ansia, depressione, disturbi del ritmo sonno-veglia».

Antonia dimostra come ancora oggi le donne siano oppresse dal modello sessuale patriarcale sia attraverso il millenario assoggettamento simbolico-materiale dell’identità e della dimensione erotico-affettiva, sia attraverso l’annichilimento della donna in quanto soggettività priva di bisogni e desideri autonomi e come, in virtù di ciò, ogni condizione patologica nella sfera psicofisica e sessuale venga minimizzata e derubricata a parte inevitabile e costituente del vissuto femminile e, quindi, dell’essere donna.

Nel corso dei sei episodi della serie tv, infatti, Antonia affronta in diverse occasioni medici che, paradossalmente, sono le figure con più pregiudizi, che si dimostrano insensibili al suo dolore, liquidandolo con estrema superficialità, e la accusano di non essere in grado di affrontare adeguatamente i suoi malesseri: «Vedrai che quanto sentirai i dolori del parto le mestruazioni ti sembreranno una passeggiata».

La scarsa considerazione del dolore delle donne, delle specificità del loro corpo e dei sintomi relativi a patologie quali l’endometriosi producono danni tangibili e considerevoli. Tra normalizzazione del malessere vissuto dalle donne e continue accuse di vittimismo e teatralità, vengono perpetrate nei loro confronti forme di oppressione e di violenza dal punto di vista medico-sanitario che non possono essere ignorate.

In un’intervista relativa alla serie tv Antonia, Chiara Martegiani ha affermato: «Abbiamo immaginato un personaggio che scappa da tutto, anche dal lavoro. Dice di fare l’attrice, ma ha solo un piccolo ruolo fisso in una soap opera: neanche le piace, ma la fa sentire comoda. Antonia ha bisogno di appoggiarsi a questo genere di comodità perché convive col dolore da quando è piccola, dal primo ciclo, ma non sa di essere malata. Questa condizione la porta a cercare situazioni in cui non deve prendersi responsabilità né mettersi troppo in gioco, sia nelle relazioni che col compagno».

Antonia è una storia di crescita e di scoperta di sé stessi attraverso innumerevoli strade, dalla psicologa della Gestalt che durante le sedute le fa immaginare i parenti seduti sulla sedia di fronte per potervi dialogare, al freudiano che non le rivolge mai parola ma grazie al quale si sente libera di esprimersi, allo psicodramma e il viaggio sciamanico in cui scopre il suo animale guida, una gallina, animale centrale nella serie tv, in cui ritorna spesso l’affermazione «devi scegliere se rimanere pollo o diventare gallina», che le aveva detto un’altra terapeuta.

Le autrici, infine, hanno deciso di non dare dei veri finali alle diverse piste narrative, il che appare coerente con l’incessante divenire della storia di Antonia e, in fondo, della vita stessa.

Celeste Ferrigno

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