E APRIAMOLI QUESTI MUSEI, CHI VOLETE CHE SI CONTAGI?

Riesce difficile credere che i musei, che sono di per sé quasi sempre vuoti, possano rappresentare un fattore di contagio. Tenerli aperti significherebbe non soltanto dare ossigeno a un settore in agonia da un anno, ma anche offrire un rifugio psicologico nella bellezza dell’arte.

Durante le comunicazioni in aula in merito alle misure da adottare per gestire la pandemia, Roberto Speranza, ministro della Salute, ha confermato la riapertura dei musei in zona gialla, dal lunedi al venerdi. Istituti e luoghi, dovranno tener conto delle dimensioni, delle caratteristiche, nonché dei flussi di visitatori dei locali che saranno aperti, garantendo una modalità di fruizione contingentata o comunque tale da evitare assembramenti di persone e da consentire che i visitatori possano rispettare la distanza tra loro di almeno un metro. 

Nell’attualità relativa al colore delle regioni, sempre di più sono quelle che oscillano tra il colore arancione e rosso, ne  deriva una totale incertezza per le direzioni da prendere  per la riapertura dei musei e soprattutto  per i possibili visitatori. Vietato lo spostamento tra regioni , il turismo è completamente bloccato e per ora gli unici ad essere ospitati nei musei sono le guide stesse, che da mesi fanno corsi di aggiornamento, gli studiosi e i residenti. Questi ultimi, sarebbero avvantaggiati dall’apertura nel fine-settimana perché gran parte delle persone lavorano dal lunedì al venerdì (e possono dedicarsi a passeggiate e visite solo di sabato e domenica). 

Oltre ad essere una “meta turistica”, i musei sono soprattutto  luogo di ricerca”, all’interno del quale non si sono mai interrotti studi, restauri etc…

«Una cultura autoreferenziale, spesso vista come il proprio orticello, troppo alta per essere spesa con tutti, oppure di contro una cultura falsamente popolare perduta in eventi che hanno confuso accessibilità con banalità, o peggio ancora con il profitto, una cultura confusa col turismo e quindi pensata più per numeri che per idee… I lavoratori della cultura esistono, eccome. Io ho a che fare con un manipolo di questi, che hanno costantemente lavorato per non lasciare sole le persone, per regalare comunque cultura, per far partecipare ad un patrimonio che cura, cura la mente.»  Ad esprimersi è Serena Bertolucci, direttrice di Palazzo Ducale, in un post su Facebook che analizza e critica  la situazione dal punto di vista di chi è rimasto aperto con una serie di limitazioni, ed è stato poi costretto a chiudere.

Questi spazi “producono pensiero” e serve che siano sempre aperti, riapriamo questi musei. La bellezza dell’arte e la  creatività  sarebbero un mezzo, un meccanismo eccezionale capace di aiutarci a canalizzare la sofferenza e la paura del contagio. Frida Kahlo, celebre pittrice messicana, con il suo esempio di vita ci dimostra un fatto concreto: ‘L’arte è un modo di trasformare il dolore in espressione’.

Miriam Tufano

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