Spesso si dice che le grandi squadre, zeppe di campioni il cui talento trascende le logiche di campo e della tattica, si allenino da sole senza bisogno di schemi e movimenti preparati a tavolino. Ma il connubio tra Barcellona e Guardiola ha spostato e di molto l’attenzione sulla tattica, togliendone parecchia al gesto tecnico in senso stretto, divenuto un mezzo al servizio del gioco di squadra piuttosto che ciò che ti aiuta a risolvere la partita.
Maurizio Sarri fa parte di questa cerchia di amanti di quello che è chiamato il “bel gioco”, alla ricerca di un sistema che non si adatti alla partita ma che sia sempre unico e riconoscibile contro ogni avversario, a prescindere dai valori in campo. E ciò che si è visto prima a Napoli e poi al Chelsea sembravano indirizzare la Juventus verso una condizione di dominio assoluto in Serie A e verso la tanto agognata Champions League, il vero obiettivo dei bianconeri in questi ultimi anni.
Ma chi mastica un minimo di calcio sa bene che questo sport non è fatto di semplici addizioni, di pezzi forti che si aggiungo ad altri in modo da diventare invincibili. Maurizio Sarri è in evidente difficoltà nella gestione di questa Juventus, parecchio distante dai ritmi che in molti si aspettavano potesse avere a questo punto della stagione. E il desideratissimo bel gioco, motivo principale della separazione tra la Juventus ed Allegri, sembra esistere solo in determinate situazioni e contro determinati avversari, e la squadra stessa sembra essersene accorta e vaga spaesata e nervosa quando le cose non vanno come da programma.
La Juventus non lotta più
Già quattro anni fa erano stati evidenziati dei dubbi sulla scarsa attitudine a lottare mostrata dal Napoli di Sarri, e ciò accadeva sia nei periodi negativi che nella singola partita, dove gli azzurri raramente riuscivano a ribaltare situazioni complicate o fuori dai propri schemi. La Juventus vista a Verona è una squadra che non ha saputo togliersi l’abito elegante per aggredire la partita con maggior convinzione e cattiveria, ovvero le due caratteristiche chiaramente distinguibili nelle due gestioni precedenti a quella di mister Sarri che le hanno permesso di vincere 8 Scudetti consecutivi anche quando si è trattato di inseguire gli avversari in classifica.
E come spesso accade, dopo aver segnato i bianconeri hanno preso sottogamba una partita nella quale non sono mai parsi effettivamente in pieno controllo, così come accaduto in casa con il Sassuolo. Con quella di Verona, sono già quattro le partite che la Juve non ha vinto dopo essere andata in vantaggio sull’avversaria, le stesse di tutta la scorsa stagione, ma con una sconfitta in più, 9 punti in meno in classifica rispetto alla scorsa stagione e parecchi dubbi sulla gestione fin qui non esaltante di Maurizio Sarri (nonostante le apparenze).
La Juventus è una squadra senza un’identità precisa di gioco, che prova attraverso un palleggio sterile a dare un senso al proprio gioco. Le cose migliori mostrate da questa squadra sono accadute spesso tramite giocate individuali che non erano al servizio del gioco ma solo straordinarie idee di altrettanto straordinari singoli, come i due gol contro la Sampdoria o la vittoria contro l’Atletico Madrid. Da giugno ad oggi l’impronta di Sarri si nota solo nello spasmodico desiderio di questa squadra di tenere palla tra i piedi, spesso con un palleggio fiacco che si accende solo quando Dybala decide di abbassarsi quasi a ridosso della difesa, come accaduto proprio a Verona in occasione del gol. Il centrocampo dei bianconeri è ancora un cantiere aperto, dove esiste Pjanic come unico faro e altre due comparse che a turno fanno peggio di quelli che hanno giocato la settimana precedente.
Le stagioni di Ramsey, Rabiot e Matuidi sono terribilmente al di sotto delle aspettative, mentre quella di Khedira sembra quasi non esser mai iniziata visto che il tedesco ha giocato solo il 33% dei minuti totali di questa stagione. Menzione speciale invece per Emre Can, venduto dopo tanta panchina perché ritenuto poco adatto da Sarri per la sua idea di gioco, forse in maniera troppo frettolosa. La mancanza di certezze sia a centrocampo che in attacco è forse la cosa più sorprendente di questa gestione, ma al tempo stesso anche la più deleteria.
Confusione e nervosismo
Molte volte abbiamo criticato a Sarri la scarsa attitudine al turnover, che sfociava in un eccessivo utilizzo degli 11 titolari e di conseguenza in periodi in cui la forma fisica della squadra era messa a dura prova. Nella Juventus invece sembrano esserci solo alcuni punti fermi, come Pjanic e Ronaldo, mentre gli altri vanno e vengono. Questo, però, non sembra essere un turnover, ma la confusione di un allenatore che non sa bene di chi fidarsi.
Lo sfogo di rabbia di Higuaín a Verona dopo il cambio è solo l’ultimo della lista di altri episodi di malcontento nello spogliatoio bianconero, ed è emblematico che sia proprio uno dei pupilli di Sarri a mostrare segni di intolleranza verso questa gestione. C’è confusione su chi debba essere titolare e su quale sia il modulo in campo, se un 4-3-3 o un 4-3-1-2, e la squadra ne risente sia in fase offensiva, in cui appare parecchio svagata e priva di idee di gioco corale, che in quella difensiva, ben lontana da quella che abbiamo ammirato negli ultimi anni e che rappresentava il maggior punto di forza di questa squadra.
Ciò che più sta mancando all’ex allenatore del Napoli non è tanto il gioco spumeggiante che gli abbiamo riconosciuto negli ultimi anni ma il polso della situazione. La gestione di Allegri è stato tutt’altro che affascinante da vedere in campo: abbiamo assistito a molte partite in cui la Juve rimaneva arroccata dietro in attesa di un contropiede, così come abbiamo visto spesso e volentieri Bonucci lanciare dalla difesa direttamente verso Mandzukic e Ronaldo per evitare il pressing avversario, o Dybala costretto a prendere palla e portarla avanti per 30 metri senza passarla. Tuttavia è innegabile che quella squadra trasmettesse maggiori pericoli rispetto alla squadra che stiamo vedendo nelle ultime settimane, e non perché giocasse meglio di questa Juventus ma perché maggiormente motivata a dare il 100% in campo.
Non sempre servono gli schemi
Non mi sento di esser d’accordo con Allegri quando definisce i giocatori “Cavalli“, ma è anche vero che spesso schemi e tattiche lasciano il tempo che trovano, come in questo caso. Durante il derby di Milano abbiamo assistito ad un esempio lampante di ciò che un allenatore deve saper fare quando le cose non vanno per il verso giusto. Antonio Conte ha ribaltato un 2-0 semplicemente entrando nella testa dei suoi giocatori e convincendoli a dare molto di più di ciò che avevano mostrato nel primo tempo.
I suoi giocatori hanno semplicemente deciso di seguirlo, senza mettere in campo particolari schemi o tattiche. Non sta a noi scegliere quale sia il modo giusto di allenare una squadra o quale sia invece quello sbagliato, tuttavia bisognerebbe chiedersi maggiormente se un allenatore sia adatto ad un determinato ambiente oppure no.
Maurizio Sarri non può essere lo stesso allenatore che rimprovera un suo giocatore sul 4-0 per un passaggio errato, e chi segue la Juve conosce bene questo episodio, oppure colui che cambia modulo durante la partita per provare a mettere in difficoltà gli avversari e né gli possiamo chiedere di cambiare la sua idea di gioco. Non sarà mai un motivatore come Conte, Zidane o come lo stesso Allegri: non ne ha la capacità e forse nemmeno il carisma per provarci. Con questo non vogliamo dire che Sarri sia meno capace di altri, ma forse è un pesce decisamente fuor d’acqua in questa Juve che per anni ha vinto solo con le sue motivazioni e con il suo talento, e che ora è stata costretta a cambiare per il suo allenatore.
Esistono squadre adatte al sacrificio e squadre adatte al gioco più tecnico, e per quanto i singoli della Juve siano straordinari, i bianconeri fanno parte della prima categoria da ormai 8 anni a questa parte, e non puoi cambiare la natura di una squadra scrivendo compulsivamente su un taccuino cosa deve o non deve fare. E per quanto possa essere un allenatore preparato, Maurizio Sarri rischia seriamente di non esser ricordato come l’uomo del bel gioco, ma solo come colui che ha interrotto la striscia di Scudetti della Juventus.
Andrea Esposito
fonte immagine in evidenza: ilbianconero.com