Se pensavate che la stucchevole ipocrisia morale dell’italiano di circostanza fosse andata esaurita durante la crisi diplomatica con l’India, manco a dirlo, sbagliavate di grosso.
Da giorni non si parla d’altro: Ignazio Marino non è più il sindaco di Roma, il Partito Democratico si è liberato di un grave imbarazzo (no, non parlo di Mafia Capitale, quelle son ragazzate, figuriamoci), e i cittadini dell’urbe eterna hanno recuperato quella fiducia nel futuro che gli era stata ferocemente sottratta negli ultimi due anni.
Anni che parevano mandare allo sfacelo millenni di storia, se non fosse intervenuto il prode Matteo Renzi a salvare passato, presente e futuro di un’ancestrale tradizione di cretinerie e distrazioni mediatiche. Galeotto fu lo scontrino del carneade Marino, a cui va comunque riconosciuto il merito di essersi messo contro tutti i partiti dell’arco democratico e pure quelli dell’arco dittatoriale: non immaginate la letizia nel veder sfilare insieme le bandiere di Forza Nuova e del Movimento 5 Stelle, pacioccosamente riuniti in piazza come a un raduno di vecchi comari di balera.
Perlomeno in fatto di coerenza nessuno potrà mai rimproverarci: in quanto ad accanimento mediatico non ci siamo mai fatti mancare nulla. Penso agli ultimi anni di Berlusconi, quelli delle olgettine e dello spread impazzito che riuscì a liberarci di lui molto più facilmente di quanto il centrosinistra avesse mai saputo (o voluto) fare, penso alle manifestazioni di piazza, ai cori di protesta, agli scandali, tutto secondo un canovaccio tanto semplice quanto efficace, e perfettamente assimilato da un pubblico calato appieno nel ruolo di protagonista: attori e spettatori.
Con questo, non difendo Marino (né Berlusconi, per carità): di sbagli ne commettiamo tutti e questo sistema incancrenito sulle logiche capitalistiche del malaffare e della corruzione riuscirebbe ad abbattere il più eroico dei rivoluzionari; figuriamoci un pacato ed ingenuo chirurgo con la passione per i viaggi e le gaffes. Se la sua amministrazione sia stata la peggiore di sempre, perfino più di Alemanno, lo diranno i posteri e con quel senno del poi che in Italia tanto spesso si tramuta in senno del mai.
Nel frattempo, i romani potranno tirare un sospiro di sollievo e Renzi potrà aggiungere una figurina al suo album di vittorie di Pirro. Sarà interessante studiare i meccanismi che regoleranno le alleanze alla prossima tornata elettorale, per capire se la penosa vicenda di Marino abbia lasciato almeno qualche strascico di consapevolezza (e colpevolezza) nei fautori della sua disfatta, o se le lancette del tempo torneranno a scandire un’eternità immobile nella sua rassegnazione.
Al di là del giudizio politico, tuttavia, resta ben chiaro l’atteggiamento del Paese: trovare un obiettivo, un elemento su cui focalizzare l’attenzione ed alienarsi da tutto il resto, come se Marino fosse un piano della dimensione a sé stante, un paradosso politico-temporale dell’esistenza.
Per settimane, mesi ci si è appigliati ad ogni quisquilia, ogni futile dissertazione, arrivando a relegare negli stipiti del silenzio notizie come la terza Intifada o la strage di Ankara. D’altronde, quando tutti i canali di comunicazione non sono altro che propaggini dell’asservimento al potere è difficile aspettarsi propagande alla realtà.
Ci resta, per sorte o per fortuna, l’ampio spazio libero di internet a porre un argine consolatorio ai singulti d’amarezza che siamo costretti ad inghiottire: lì dove accanto al fanatismo più estremo nasce e fiorisce la satira, lì dove la sdrammatizzazione fa da contraltare alla moltiplicazione dell’ignoranza.
Da Marino ai Marò, mi verrebbe da dire. Chissà che non possano esser loro i futuri candidati della Capitale. I presupposti del resto sono eccellenti: entrambi avvezzi ai riflettori, abituati a viaggiare molto, quotidianamente sotto accusa e già eroi nazionalpopolari del web, come dimostra il successo delle numerose pagine loro dedicate.
Io ci spero, ci credo. Ridiamo speranza all’Italia, restituiamo una dignità ad una pratica svilita da mercenari e mafiosi; è giunto il momento di offrire volti puliti alla politica, lasciarsi alle spalle i piccoli dissapori con la giustizia ed avere il coraggio di continuare a sognare. A meno che Girone e Latorre non preferiscano restare in India piuttosto che amministrare Roma. Del resto, lì gli scontrini non li fanno neppure. Ci pensate? Da Marino ai Marò.
Si salvi chi può. Buona domenica.
Emanuele Tanzilli
@EmaTanzilli
Fonte immagine di copertina: “Imbucarsi alle feste con Marino“