Idro deficit e politiche dell'acqua nel Mediterraneo
Fonte: pixabay.com

Nei paesi del Mediterraneo la lenta ma progressiva estensione delle aree geografiche affette da idro deficit, ovvero da una diminuzione quantitativa e qualitativa delle risorse idriche presenti in un territorio, ha trasformato l’approvvigionamento idrico in una questione di sicurezza nazionale dando vita a una nuova forma di politica, l’idro-politica.

La riduzione della disponibilità e della qualità dell’acqua, risorsa essenziale e insostituibile per tutti gli esseri umani, animali e per lo sviluppo economico e sociale dei popoli, è oggi un problema comune alla quasi totalità degli Stati presenti nell’area mediterranea. Il fenomeno non interessa più solo i paesi situati nella sfera meridionale che a causa della loro posizione geografica ricevono un numero ridotto di precipitazioni annuali, ma è oggi presente in forma cronica anche in molti Stati europei.

Idro deficit in Europa

Secondo i dati dell’Indicatore Combinato di Siccità (CDI) dell’Osservatorio Europeo della Siccità gli Stati europei maggiormente colpiti da siccità e condizioni di idro deficit cronico sono Italia, Spagna, Portogallo e Francia. Questi paesi chiedono già da tempo all’Europa l’istituzione e l’utilizzo di fondi comunitari per gestire la situazione emergenziale presente nei propri territori. Tra questi il fondo di riserva per l’agricoltura da 450 milioni di euro.

Il report sullo stato di siccità e idro deficit registrato negli ultimi mesi nei paesi dell’area mediterranea, presentato dalla delegazione portoghese anche a nome di Italia, Francia e Spagna nell’ultimo Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura svolto a Bruxelles, riporta dati allarmanti. I dati contenuti nel rapporto evidenziano che già a fine aprile ben il 21,6% dei territori degli Stati si trovava in “situazione di allarme” (warning) e il 3,2% in “situazione di allerta” (alert).

Italia

L’emergenza idrica registrata nell’ultimo decennio in molte regioni italiane è da anni oggetto di politiche e decreti, il più recente il decreto siccità D.L. 39/2023 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2023). I dati relativi allo stato di siccità dell’Italia mostrano ogni anno un progressivo peggioramento legato all’aumento delle temperature e alla riduzione delle precipitazioni sul territorio. La presenza contemporanea di questi due fenomeni influisce in modo significativo sulla riduzione della disponibilità della risorsa idrica e sulla trasformazione del suolo in terreno arido non in grado di trattenere l’acqua piovana. La combinazione anomalia termica-deficit pluviometrico ha diminuito in modo significativo il livello di tutti i fiumi e dei laghi presenti in Italia e ridotto in modo importante le riserve idriche presenti in Lombardia, Piemonte, Trentino, Veneto e in Emila Romagna.

Prima dell’inondazione avvenuta lo scorso maggio, il Po, il più importante fiume italiano che si estende in ben 8 regioni e che produce circa il 55% dell’energia idroelettrica italiana, registrava livelli di siccità estremi: la portata del fiume era ridotta del 61% ed avea superato il limite sotto il quale il fiume è inerme di fronte alla risalita del cuneo salino. Le eccezionali e violente precipitazioni che hanno devastato l’Emilia Romagna hanno senza dubbio migliorato la condizione di siccità severa-estrema vissuta nel bacino del Po ma non hanno di certo risolto il problema.

Il segretario generale dell’autorità di bacino del fiume Po, Alessandro Bratti, ha specificato che l’idro deficit “non è un’emergenza, ma la nuova realtà che richiederà l’adozione di strategie di adattamento di lungo periodo che andranno attentamente studiate e che dovranno interessare tutte le componenti che generano una domanda di risorsa idrica probabilmente non più sostenibile”. Per andare incontro a questa esigenza nel febbraio 2021 è stato avviato il Progetto Climax Po avente lo scopo di individuare strategie che consentano di aumentare la resilienza ai cambiamenti climatici nel bacino fluviale del Po e a promuovere l’adattamento ai cambiamenti climatici.

Spagna

Secondo i dati dell’Indicatore Combinato di Siccità (CDI) la Penisola Iberica sta oggi vivendo una condizione di siccità estrema e drammaticamente prolungata. Nei primi dieci giorni di giugno, il 60% del territorio si trovava in condizioni di “allerta” e il 75% della superficie nazionale mostra i primi segni di desertificazione. Il fenomeno ha già provocato ingenti danni economici nel settore agricolo. Secondo i dati CDI la mancanza di piogge regolari unita all’attuale livello di emissioni nel Mediterraneo e un aumento di 2 gradi Celsius, potrebbe far perdere alla Spagna circa il 7% del PIL nazionale.

La persistente mancanza di precipitazioni e l’aumento delle temperature hanno generato anomalie dell’umidità del suolo e ridotto il flusso dei fiumi. Proprio come in Italia l’evento si alterna a gravi alluvioni ed eccezionali condizioni metereologiche che causano devastazioni nel paese.

Idro deficit e politiche dell'acqua nel Mediterraneo
fonte: European Union Copernicus Emergency Management Service Data

Africa e Medio Oriente

Molti stati dell’Africa subsahariana, settentrionale e del Medio Oriente si stanno avvicinando a una condizione di idro deficit irreversibile: questi territori ricevono appena il 10% del totale delle precipitazioni dell’area mediterranea: le scarse piogge, l’estesa aridità del suolo e le ondate di calore provocate dai cambiamenti climatici stanno riducendo in modo drastico la disponibilità d’acqua e la capacità di rinnovamento delle falde sotterranee.

In questi paesi l’idro deficit ha causato conflitti e tensioni locali e interstatali e un esponenziale incremento dei c.d. migranti e sfollati ambientali. Con riferimento al caso europeo, e in particolare a quello italiano, i dati dell’UNHCR mostrano che il numero più consistente di migranti diretti sulle nostre coste proviene proprio dai paesi dell’Africa subsahariana, afflitti da problemi ambientali cronici aggravati dai cambiamenti climatici: i più importanti riguardano l’estrema siccità, l’acceleramento della desertificazione del suolo e dell’idro-deficit quantitativo e qualitativo.

In Medio Oriente la situazione più drammatica è vissuta in Palestina, Cisgiordania e sulla Striscia di Gaza dove la grave crisi politica e sociale, provocata dal conflitto e dai continui scontri militari con la vicina Israele che da decenni sconvolge questi territori, è aggravata dalla non garanzia di accesso all’acqua, dalla scarsa qualità e dall’assenza di servizi igienico sanitari adeguati.

Il controllo effettivo dell’estrazione, della gestione e della distribuzione della quasi totalità delle risorse idriche presenti in questi territori è svolto da agenzie israeliane. Con la vittoria della guerra dei 6 giorni del 1967 lo stato israeliano ha ottenuto, oltre a una notevole espansione territoriale, il controllo della più importante fonte di superficie, il fiume Giordano, e l’accesso alla falda acquifera della Cisgiordania. Con l’accordo del Cairo 1994 le autorità israeliane hanno poi nazionalizzato le risorse idriche della falda cisgiordana e tramite un sistema di licenze hanno ottenuto il monopolio delle strutture.

L’approvvigionamento idrico sia per l’uso agricolo che per l’uso domestico di Gaza dipende quasi completamente da Israele: in questi territori la quasi totalità dell’acqua è fornita da Makorot, agenzia per l’estrazione e la distribuzione idrica israeliana, la cui fornitura è variabile, discontinua, di scarsa qualità e particolarmente costosa.

Processi di privatizzazione e diritto di accesso all’acqua

Per quanto riguarda la gestione di questa fondamentale risorsa, è importante sottolineare che le negative esperienze di privatizzazione delle risorse idriche vissute in molti in molti paesi europei, africani e sudamericani hanno messo in evidenza i problemi e i pericoli legati alla privatizzazione in questo settore.

Il business del rifornimento idrico è molto costoso e richiede grossi investimenti che, invariabilmente, i finanziatori privati cercano di recuperare con l’aumento delle tariffe che pesa soprattutto sulle fasce più povere della popolazione e in alcuni casi ha raggiunto livelli insostenibili. In molti paesi del Sud Africa e del Sud America i rapidi aumenti delle bollette hanno provocato proteste civili e scontri. Le negative esperienze di privatizzazione dimostrano che, quando si procede con la privatizzazione di una rete idrica, è di fondamentale importanza proteggere le fasce più povere della popolazione.

L’acqua, in quanto risorsa fondamentale e insostituibile per la sopravvivenza della specie umana e animale, rappresenta un bene comune dell’umanità che, in quanto tale, non dovrebbe essere vincolato alle regole del mercato né assoggettato a proprietà privata.

Il diritto di accesso all’acqua è un diritto naturale e dunque spettante a tutti gli esseri umani. Le idro politiche adottate dai singoli Stati devono per questo essere finalizzate a garantire tale diritto e a individuare soluzioni a lungo termine capaci di contenere il problema dell’idro deficit a livello locale e globale, un fenomeno destinato ad aumentare in parallelo ai cambiamenti climatici che, come affermano gli esperti in materia, diventeranno nell’immediato futuro sempre più marcati ed evidenti.  

Martina Pietrograzia

Martina Pietrograzia
Redattrice e speaker radiofonico. Da sempre affascinata dal mondo della politica e dell'informazione, ho orientato i miei studi in questi due settori disciplinari conseguendo una prima laurea in Scienze politiche e relazioni internazionali e successivamente una laurea magistrale in Giornalismo, media a comunicazione digitale.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.