Nel capitolo dedicato alla criminalità ambientale della relazione annuale della direzione nazionale antimafia  è emerso che sono sempre più le aziende italiane che commettono illeciti ambientali, alcune di queste molto note. Dalle indagini degli inquirenti spiccano i nomi di due imprese molto note agli italiani: l’Eni e la Q8.

Il 31 ottobre 2016 a seguito delle indagini della DDA di Potenza e dalla Procura Nazionale, che hanno comportato diverse misure cautelari personali a carico di alcuni dirigenti e impiegati,  la sede dell’Ente Nazionale Idrocarburi di Viggiano venne posta sotto sequestro. Il 28 settembre 2016 52 imputati vennero rinviati a giudizio con l’accusa di aver compiuto innumerevoli reati ambientali tra cui traffico illecito di rifiuti.

A seguito degli arresti e delle numerose pressioni mediatiche l’azienda si decise a collaborare. Ecco quanto si può leggere nella relazione: “L’impresa dopo aver tentato neutralizzare l’intervento repressivo con un tanto infondato quanto vano ricorso per riesame, ha alla fine manifestato la disponibilità ad effettuare interventi di adeguamento degli impianti, in termini tali da far sì che lo svolgimento della attività produttiva non si sostanziasse nella violazione della normativa ambientale”.

Il secondo caso relativo alla Q8 avvenne nel dicembre 2010 nell’area Napoli Est, zona abitata da più di 100000 abitanti. Il colosso della petrolchimica venne considerato reo di aver contribuito volontariamente allo stoccaggio di 42011 mc di acque oleose all’interno di serbatoi installati nel deposito di Napoli con il fine di evitare le spese per lo smaltimento. Il 7 novembre 2013 vennero avviate le procedure di sequestro delle attrezzature aziendali per una somma totale di 326279779,00 euro.

“Come può notarsi dalla lettura dei capi di accusa dell’indagine si è trattato di aperta violazione della normativa ambientale da parte di un vero e proprio “gigante” nel settore delle fonti energetiche il quale, a dispetto del prestigio connesso alla propria posizione, non ha esitato a porre in essere quelle condotte al solo scopo utilitaristico, ovverosia di risparmiare sulle spese per il corretto smaltimento dei loro rifiuti.’’ hanno scritto a riguardo i relatori.

Dal documento emerge, inoltre, un fenomeno sempre più in auge. Molte aziende del nord Italia sono produttrici di rifiuti, nella maggior parte dei casi tossici, che vengono poi trasportati e smaltiti illegalmente altrove.‘’Cresce, quindi, la patologia delle imprese deviate, ma anche quella connessa alla scarsa attività di prevenzione, quando addirittura non si verifichino connivenze tra imprese ed organi preposti alla vigilanza.’’ si può leggere nella relazione.

Nella gran parte dei casi, quindi, si tratta di delitti di impresa e non di ecomafie. Sarebbe opportuna un’ulteriore inchiesta da parte della commissione parlamentare in merito alle aziende che inquinano e si arricchiscono illegalmente. Nonostante la tematica sia di vitale importanza indagini di questo tipo sono state sempre rimandate da parte del Parlamento. Bisogna agire e farsi sentire fin da subito: come spesso dimostrato nel corso della storia del Belpaese l’omertà non ha mai rappresentato la strada da intraprendere per vivere in un clima di legalità.

Vincenzo Nicoletti

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