Tra Pisa e Firenze: la repressione delle istituzioni alle manifestazioni pacifiche
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A oltre una settimana dai fatti di Pisa e Firenze, le voci di studenti e manifestanti di tutta Italia continuano a far rumore, e le polemiche non danno segno di estinguersi. C’è chi sostiene che fatti del genere non si vedevano da anni, azzardando il paragone col G8 di Genova di quel lontano – ma vicino – 2001. Chi invece fa finta o è fermamente convinto si tratti di cose da poco: sciocchezzuole da ragazzi, insomma.

Perché, nonostante la quantità di articoli sui motivi di una tale manifestazione, i valori per cui quei ragazzi si sono convinti a scendere in piazza, e anche a subire le ripercussioni negative e inaspettate da parte di un organo “di protezione” dello Stato, quello è troppo difficile. È facile schierarsi dalla parte del più potente; d’altronde se lo sarebbero dovuto aspettare, no?

Ebbene, no.

Malgrado diversi opinionisti abbiano tentato di ricostruire le dinamiche di quanto successo a Pisa e a Firenze, spesso toccando tasti insicuri, la dinamica è stata di certo diversa da come la si racconta da una comoda poltroncina in tv; e forse questo sarà fonte di eterni dibattiti, perché solo chi era lì in quel momento sa cosa ha visto. Tuttavia, alcune cose appaiono limpide. Come, ad esempio, il fatto che da parte degli studenti di Pisa ci siano stati poco più che semplici cori (forse anche qualche insulto, ma durante una manifestazione del genere non è poi così strano), e che invece la risposta diretta delle forze armate sia apparsa di repressione fredda e violenta.

Il corteo studentesco di Pisa infatti, stando alle testimonianze, sarebbe dovuto arrivare da piazza Dante a piazza dei Cavalieri, ma si è trovato in una morsa repressiva. A una prima carica leggera è seguita una più pesante a cui gli studenti, ovviamente, non era preparati.

A Firenze lo scenario è stato lo stesso, anche se le dinamiche sono cambiate di poco. Infatti rispetto a Pisa, dove il particolare è stato omesso, nel capoluogo toscano era stata concessa l’autorizzazione alla manifestazione. Eppure, il problema è sorto nel momento in cui un gruppo di manifestanti ha deciso di defilarsi dall’intero corteo, con lo scopo di raggiungere il lungarno e arrivare poi al consolato americano. Anche qui le cariche, come a Pisa, sarebbero state improvvise: aperte con spintoni e terminate con vere e proprie manganellate.

Una ragazza di ventun anni è stata gravemente ferita al volto, e proprio lei si racconta turbata, ma non rassegnata a tornare in piazza una seconda volta per un diritto inviolabile quale quello della manifestazione pacifica. E infatti Maria – questo il suo nome – oltre ad aver sporto denuncia nei confronti del poliziotto che le ha causato i danni al volto, lo scorso sabato 2 marzo è scesa di nuovo in piazza a Firenze con i suoi compagni, per far sì che il messaggio che queste manifestazioni vogliono trasmettere passi senza fraintendimenti di sorta.

La presidente del consiglio Meloni è già intervenuta diverse volte al riguardo. Si è detta anche preoccupata dai dati delle precedenti manifestazioni, che hanno riportato più di un centinaio di agenti feriti. Ha inoltre deciso di esprimersi riguardo alla “concessione” del Governo alle manifestazioni pro-Palestina, rimarcando il fatto che l’Italia, su questo punto, abbia concesso piena libertà ai manifestanti, rispetto ad altri paesi in cui tale libertà è stata limitata o vietata. Occorrerebbe ricordare alla presidente Meloni che una operazione in senso opposto avrebbe decretato la censura, e che fortunatamente non siamo ancora a quel punto. Non ancora, quantomeno.

Ma i dati che Meloni ha messo sotto gli occhi di tutti sono rilevanti? Potrebbero esserlo, parlando della sicurezza degli organi statali. Ma il discorso su cui verte questo articolo è relativo ai manifestanti disarmati. Un manifestante, anzi uno studente, non associa una protesta pacifica a un manganello, a una pistola o a una tenuta antisommossa. Un manifestante conta, anzi, proprio sulla sicurezza e sulla protezione che dovrebbe ricevere da quello stesso organo, che tanto spesso invece di proteggerlo lo reprime. Qui inizia il dissenso, e da qui iniziano le lotte.

La presidente Meloni ha tenuto a rendere rilevanti i dati degli agenti feriti nelle manifestazioni di piazza, ma ha tralasciato dati altrettanto importanti: quelli degli studenti feriti dalle forze armate. Ci duole informare, se non fosse già noto, che sono stati ben più considerevoli gli episodi di violenza che la polizia ha messo in atto contro i cortei degli studenti. Potremmo fare l’esempio di Catania dello scorso 23 febbraio, nella quale le tensioni tra polizia e studenti sono culminate in manganellate. Oppure, andando un po’ più indietro, alla pandemia e al Governo di Mario Draghi, quando a Torino in piazza Arbarello, il 18 febbraio 2022, degli studenti avevano deciso di manifestare per la morte di Lorenzo Parelli (morto durante l’ultimo giorno di uno stage in un’azienda friulana). Anche in quell’episodio la polizia aveva caricato studenti per la maggior parte minorenni, e apparentemente senza alcun motivo.

I politici intervenuti sui fatti di Pisa e Firenze sono stati molti, tra cui anche lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si è detto preoccupato e sconcertato. È stato citato diverse volte l’Articolo 17 della Costituzione, come se si tentasse di evocare un cambiamento, di stabilire di nuovo qualcosa che non aveva bisogno però di giustificazioni, perché è sempre stato lì.

Quello che si è tentato di fare attraverso articoli, servizi, interviste e interventi, è stato forse di ristabilire un ordine civile nei confronti di episodi tanto preoccupanti, quanto quotidiani. Ciò che quindi rimane discriminante è l’impegno, venuto meno, da parte delle istituzioni a garantire sicurezza durante l’esercizio di un diritto costituzionalmente riconosciuto quale la manifestazione pacifica. Una maggiore comprensione eviterebbe il crescente pregiudizio del cittadino verso uno dei suoi stessi diritti, verso le forze armate e verso le istituzioni in generale. Sempre ammesso che a qualcuno interessi per davvero.

Giulia Costantini

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