“Discovery”, il viaggio come esperienza evolutiva
Fonte: Emic Entertainment

L’impulso all’attività di ricerca del senso della propria esistenza, all’esplorazione relativa le dinamiche del Cosmo, alla scoperta della Verità ultima in merito la natura dell’uomo, è insita nella nostra evoluzione, permea la nostra unità biologica, è parte integrante del nostro DNA. È questa spinta che ha guidato Domenico Eternato verso nuovi territori musicali, verso nuove verità interiori che lo hanno portato alla composizione di “Discovery”, terza release per Emic Cinematic.

Il giovane e talentuoso pianista, attraverso una tracklist di cinque brani, affini e al contempo antitetici tra loro, ha scelto, pur rimanendo fermo, di partire alla scoperta di nuovi luoghi, per conoscere maggiormente se stesso e la propria interiorità, intraprendendo un’esplorazione nelle profondità dell’Essere.

In “Discovery”, Domenico Eternato ha optato per destinazioni sonore sinora impraticate, ha stabilito itinerari melodici che mutano di traccia in traccia: viaggiare significa sconfinare nel non conosciuto, perdere i riferimenti, uscire dal tempo e dallo spazio, rompere gli ormeggi.

È possibile lanciarsi all’avventura imbracciando, solo ed unicamente, il proprio fidato strumento musicale? Lo abbiamo chiesto a Domenico Eternato, nuovamente ai nostri microfoni per parlarci del suo EP fresco d’uscita.


Ciao Domenico, bentrovato! Abbiamo avuto modo di conoscerti in occasione del tuo esordio con “Rain”, di fresca data hai pubblicato “Discovery”. Quanto ti senti cresciuto musicalmente da allora?

«Sicuramente mi sento di dire che sono maturato. Sono stati mesi intensi nei quali ho continuato a studiare, a comporre, a cercare sempre nuovi stimoli per creare i miei brani. Molte volte mi sono messo in discussione, tante altre ho ricominciato tutto da capo poiché non ero mai pienamente soddisfatto. Credo che per un’artista l’autocritica sia un punto di forza; permette di alzare sempre più gli standard e, al contempo, definire la strada più giusta da intraprendere.»

Solo ed unicamente chi ha sviluppato un certo grado di presenza e consapevolezza del proprio Io, è in grado di percepire i bisogni più profondi, ascoltare la voce dell’anima. Non si può negare che la tua più recente uscita “Discovery” rappresenti un richiamo verso esperienze simboliche di trasformazione. Cosa ci racconti a riguardo?

«Indubbiamente ogni mio brano contiene molto del mio Io interiore. Nella vita si affrontano, inevitabilmente, diversi momenti, stati d’animo che sono sempre in continua evoluzione. Quello che cerco sempre di fare è dar loro spazio all’interno dei miei componimenti, che restano il modo migliore per me di esprimermi.»

Il viaggio, in “Discovery”, non assume i connotati di un’evasione dalla realtà, di una fuga, di uno sfogo, bensì diviene allegoria di un’esperienza di crescita interiore, di quel percorso intimo in grado di dirti ciò che realmente sei. Qual è il tuo consiglio per affrontare al meglio questo lungo e insidioso itinerario?

«Certamente non è facile lasciarsi andare, far emergere le proprie vulnerabilità. Ognuno di noi ha la propria storia. Il mio consiglio, però, è quello di affrontare ogni situazione, positiva o negativa che sia, sempre a viso aperto, abbandonandosi alle sensazioni intense quando necessario, con la certezza che la musica è un mezzo potentissimo che permette di incanalare e trasformare anche i momenti difficili in emozioni potentissime. A volte basta un disco, un EP, un brano, una semplice canzone.»

A tuo parere, la missione primaria è avere o essere?

«Nella musica come nella vita, forse “essere” se stessi è l’unica cosa che conta. “Avere” inteso come possesso, come puro materialismo, non determina ciò che siamo.»

Vincenzo Nicoletti

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