Home Attualità Terremoto centro Italia: la prevenzione per evitare “botte di culo”

Terremoto centro Italia: la prevenzione per evitare “botte di culo”

A margine del G7 per presidenti delle Camere svoltosi il 3 settembre a Tokyo, Laura Boldrini ha visitato Iwaki, un’area particolarmente devastata dal terremoto-tsunami di Fukushima del marzo 2011 che provocò i famosi guai alla centrale nucleare in città.

Accompagnata dai responsabili per la ricostruzione, si è quindi sottoposta a una lezione in materia di prevenzione sismica e ricostruzione proprio nei giorni in cui la nostra nazione è ancora in lutto per il terremoto del 24 agosto che ha colpito il centro Italia, e i progetti per la ricostruzione sono ancora in fase di pianificazione.

Sa bene la presidente della Camera che la situazione italiana non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella giapponese: sia per rischio sismico (in Giappone il terremoto non è affatto una sorpresa), sia per possibilità di stanziamento fondi.
Il governo giapponese dopo il terremoto del 2011 ha impegnato per la ricostruzione una cifra corrispondente a oltre 280 miliardi di euro, mentre in Italia per L’Aquila ne sono stati stanziati 13,7.

Tuttavia, forse, Laura Boldrini dovrebbe importare nel Belpaese una usanza in particolare, che non è un’esclusiva dei nipponici ma di qualunque governo interessato alla salute dei propri cittadini e alla riduzione della spesa pubblica: la prevenzione. Una parola di 11 lettere da tempo in voga anche in Italia tra un post-sisma e l’altro, che però qui non trova mai una reale applicazione.
L’esempio giapponese non è ovviamente significativo in toto, poiché come detto in precedenza stiamo parlando di un territorio radicalmente diverso dal nostro, ma la consuetudine locale di praticare una vera e propria ricostruzione dei centri abitati ogni 30/40 anni deve far pensare.
Se vi sono sembrati tanti i 280 miliardi stanziati per la ricostruzione attorno a Fukushima, vi sembrerà anche assurdo che probabilmente fra 30 anni le costruzioni edificate con quei 280 miliardi verranno ricostruite nuovamente, se, come è molto probabile, la ricerca giapponese avrà evidenziato nuove possibilità tecniche di prevenzione.
Smantellare il meglio per fare posto all’ancora meglio. E spesso non basta, come dimostra la catastrofe del 2011.

In Italia, ovviamente, una programmazione del genere sarebbe eccessiva, ma ciò non significa che il nostro paese debba fare dello stato d’emergenza uno stile di vita, facendo le fortune di chi nel terremoto scorge “una botta di culo”, per citare l’ex assessore aquilano Ermanno Lisi.
L’Italia non è il Giappone, ma i recenti disastrosi terremoti di Marche e Umbria 1997, Abruzzo 2009 ed Emilia-Romagna 2012 insieme al sisma del 24 agosto chiariscono in maniera definitiva che degli interventi duraturi almeno per le regioni appenniniche sono quanto mai necessari.

QUANTO COSTA PREVENIRE

Il 1974 è l’anno dell’entrata in vigore delle norme antisismiche in Italia. Ciò significa che circa il 60% degli edifici ad oggi costruiti non sono a norma, perché edificati prima della suddetta data.
Considerando poi che secondo i dati Istat in Italia ci sono in totale 27 milioni di abitazioni, il loro valore complessivo di ricostruzione è pari a 3.900 miliardi, il 44% del territorio è a rischio sismico, e il 35% degli edifici è da mettere in sicurezza con un costo che è pari a circa il 10% di quello di costruzione, il risultato è che un intervento significativo prevederebbe l’esborso di circa 36 miliardi di euro.

Parole e musica di Giorgio Lupoi, ingegnere dello Studio Speri e consigliere delegato dell’Oice (Associazione delle organizzazioni italiane di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica). Un convinto sostenitore della prevenzione, considerata anche come un vasto mercato che contribuirebbe non poco ad attenuare la disoccupazione fra giovani architetti e ingegneri.

QUANTO COSTERÀ RICOSTRUIRE

Ancora è presto per avere una stima precisa di quello che sarà l’investimento definitivo del governo Renzi per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto il 24 agosto, ma guardando a quanto stanziato per i già citati precedenti di Marche e Umbria 1997 (13,5 miliardi), Abruzzo 2009 (13,7 miliardi) ed Emilia-Romagna 2012 (13,3 miliardi), possiamo immaginare che anche per quest’ultimo tragico evento sismico la cifra sarà simile.
Ciò vorrebbe dire che solo dal 2009 ad oggi i terremoti in Italia sono costati più di 40 miliardi di euro, una cifra ben maggiore di quella elaborata da Lupoi per mettere in sicurezza tutte le zone a rischio sismico della nazione.

Se si allarga poi il conteggio alle spese effettuate nei post-sisma dal 1968 ad oggi, i costi della ricostruzione diventano ancora più cospicui: 121 miliardi di euro in 48 anni, come calcolato dal Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri in una relazione di novembre 2014.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è esposto in prima persona per mettere fine a questo spreco che va avanti da sempre. Il progetto Casa Italia, di cui Giovanni Azzone è project manager, sembrerebbe invertire clamorosamente la rotta rispetto alla pessima usanza italiana, stanziando 2 miliardi di euro l’anno, per 20 anni, destinati a sole opere di prevenzione.
Una cifra importante, che ci si augura sia reale e non un mero spot da campagna elettorale permanente.

Valerio Santori
(twitter: @santo_santori)

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