C’è chi parla di cifre storiche riferendosi all’emergenza migrazione. Il problema è ampio, difficile da gestire e anche da comprendere. I flussi migratori provengono e interessano aree differenti.
Si parla di “profughi” e “migranti economici” per differenziare tra chi scappa dalla guerra civile siriana e chi invece, scappa dai propri paesi, specialmente da quelli africani, in cerca di una prospettiva migliore.
Il problema poi, diventa ancora più serio perché l’Europa fin da subito si è mostrata indecisa e incerta nella gestione della situazione e ha permesso che certi paesi si chiudessero in sé stessi. Poi la svolta,:la Merkel decide di aprire le frontiere ai profughi siriani provenienti dai confini ungheresi e dichiara che la Germania è una paese economicamente sano, in grado di poter sostenere l’emergenza, dando precedenza ai siriani.
L’Austria fa lo stesso, insieme alla Germania apre le frontiere e tutto questo dà vita ad un flusso incredibile di persone, che o a piedi o a bordo di bus messi a disposizione dal governo ungherese, lasciano Budapest per ritrovarsi a Vienna e a Monaco di Baviera, accolti da applausi, aiuti, cibo e vestiario, tenendo tra le mani, a mo’ di santino, la foto della Cancelliera.
Anche il governo islandese apre le frontiere e si dichiara disponibile ad accogliere circa cinquanta profughi siriani, ma viene ampiamente rimpiazzato dall’operazione Siria Calling a discrezione dei cittadini. L’operazione è cominciata attraverso il lancio di un appello sui social network, a cui hanno risposto migliaia di persone, dichiaratesi disponibili ad accogliere nelle proprie case i profughi per fornire loro assistenza e cibo.
La Gran Bretagna infine, si dice disponibile ad accogliere circa 15.000 migranti siriani senza però partecipare al piano europeo. Il piano è stato ideato dalla Commissione Europea e prevede che i migranti siano distribuiti maggiormente in Germania, Francia e Spagna, a patto che però tutti gli altri paesi dell’Unione, compresi quelli dell’Est, rispettino una quota obbligatoria di persone da ospitare, che viene calcolata in base al rapporto tra PIL e occupazione degli Stati; la Gran Bretagna, invece, preleverà direttamente i richiedenti dai campi profughi presenti sul confine siriano.
L’impressione è che l’emergenza dei profughi sia diventato un problema veramente europeo quando i richiedenti si sono spinti oltre e non più solo verso le coste mediterranee e i paesi di frontiera dell’Europa meridionale, e che nonostante la palese apertura di Germania e Austria vi siano nel retroscena dei tornaconti non svelati legati all’immagine del partito della Cancelliera e alle possibilità per l’economia tedesca rappresentata dagli stessi siriani.
Ma l’Europa può ritenersi soddisfatta? I problemi non si risolvono con la semplice accoglienza. Migrazione è anche integrazione e a che punto è questo processo nel nostro continente? Quanto siamo veramente cosmopoliti e cittadini del mondo? Quanto veramente siamo disposti ad ospitare gente in casa nostra, se nemmeno tra di noi riusciamo ad essere ospitali e ad allineare le nostre politiche nella gestione di problemi che sono di tutti?
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Sabrina Carnemolla