«Fa ciò che ha promesso». Questa è probabilmente la frase più ricorrente quando si parla del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump che, dall’uscita degli USA dal TPP fino alle stringenti politiche riguardo l’immigrazione, si è finora limitato ad attuare ciò che era scritto nel suo programma elettorale, in cui uno dei punti da realizzare nel quinquennio risulta essere l’uscita dagli accordi di Parigi sul clima. Uscita annunciata dal presidente Trump durante una conferenza stampa alla Casa Bianca venerdì scorso, che potrebbe arrivare a cambiare gli equilibri internazionali.

L’Accordo di Parigi sul clima è stato adottato da 196 nazioni, tra cui Italia, Francia, Germania e Stati Uniti prima dell’avvento di Trump, il 12 dicembre 2015 per entrare in vigore nel 2021, con lo scopo di riuscire a ridurre le emissioni dei gas serra tramite la cooperazione internazionale. L’accordo prevedrebbe dunque che dal momento dell’entrata in vigore i Paesi aderenti si impegnino a limitare l’aumento della temperatura globale entro i 2 gradi, con un controllo di revisione previsto ogni cinque anni a partire dal 2023. Inoltre è prevista anche l’erogazione di cento miliardi all’anno dagli Stati di vecchia industrializzazione per diffondere in tutto il globo le biotecnologie ed energie rinnovabili.

Accordo che però non è mai piaciuto a Trump, che lo ritiene dannoso per i lavoratori americani, e neanche ai suoi sostenitori, che più di una volta hanno pubblicamente dichiarato che il riscaldamento globale sarebbe una bufala inventata per favorire la Cina. Sono queste le probabili ragioni che hanno spinto il tycoon ad inserire la fuoriuscita degli States dall’Accordo di Parigi sul clima nel suo programma elettorale e ad annunciarla tramite conferenza stampa attraverso le seguenti parole: «Gli Stati Uniti cominceranno a negoziare un nuovo accordo sul clima» ha detto Trump aggiungendo «Vogliamo un accordo che sia giusto. Se ci riusciremo benissimo, altrimenti pazienza. Gli USA non onoreranno più le parti non vincolanti dell’accordo di Parigi a partire da oggi».

«Sono stato eletto dai cittadini di Pittsburgh, non da Parigi» così ha dichiarato il presidente Trump, dimostrando più volte durante il suo discorso la volontà di difendere i lavoratori americani e la sovranità americana. L’intento sarebbe quindi quello di stipulare un nuovo trattato che tuteli anche le aziende a stelle e strisce e, in caso di fallimento, «pazienza», lasciando intendere che l’ambiente e il clima non sono priorità del suo governo.

Le reazioni arrivate da tutti i maggiori capi di governo sono state concordi sul giudizio negativo dato dalla scelta di Trump di abbandonare l’accordo, a partire dalla nota congiunta rilasciata da Angela Merkel, Paolo Gentiloni e Emmanuel Macron: «L’Accordo di Parigi rimane una pietra angolare della cooperazione tra i nostri Paesi per affrontare efficacemente e tempestivamente i cambiamenti climatici e per attuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda del 2030. Crediamo fermamente che l’accordo di Parigi non possa essere rinegoziato, in quanto strumento vitale per il nostro pianeta, le società e le economie. Siamo convinti che l’attuazione dell’accordo di Parigi offra grandi opportunità economiche per la prosperità e la crescita nei nostri paesi e su scala globale».

Un’importante riconferma dell’adesione agli Accordi di Parigi e di distacco dalla mossa del tycoon arriva anche dalla Russia che attraverso il vice premier, Arkady Dvorkovich, fa sapere che non rinunceranno alla partecipazione all’accordo, seguito anche dall’intervento di Vladimir Putin stesso, che prende tempo invitando tutti i Paesi aderenti al trattato ad essere «costruttivi» e a «non fare confusione intorno alla decisione del presidente Trump» e incitando tutti a «creare elementi per ricomporre le divisioni».

Tuttavia, nonostante lo spirito conciliatore delle sue dichiarazioni, anche dal presidente russo non sono mancate le critiche alla scelta di Trump: «Poteva evitare di uscire dagli accordi perché si tratta di un’intesa di massima e difatti avrebbe potuto cambiare gli obblighi degli Stati Uniti nel quadro degli accordi di Parigi».

Non sappiamo se la politica isolazionista degli Stati Uniti porterà vantaggi a lungo termine, tuttavia è certo che venerdì scorso si è svolto un vertice UE-Cina durante il quale le due potenze si sono impegnate a concordare importanti decisioni circa la politica industriale, possibili incentivi a nuove tecnologie e gli standard di funzionalità a cui tutti i produttori dovranno fare riferimento. Tutti provvedimenti da cui l’America di Trump è esclusa, e che potrebbero decretare la fine della politica isolazionista.

Federico Rossi

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