Donald Trump è il 45esimo Presidente degli Stati Uniti, e questo ormai è noto almeno dalla mattinata italiana.
Dopo una campagna elettorale senza esclusione di colpi, forse una delle più dure nella storia delle presidenziali americane e una lunga, lunghissima sera, il magnate americano può festeggiare.
Le sfide che lo aspettano sono tante. Durante il suo primo discorso si è anzitutto complimentato con la sua avversaria Hillary Clinton. Donald Trump ha conquistato almeno 276 Grandi elettori sui 270 minimi per vincere, provocando una vera e propria “onda rossa”, com’è stata definita. Colore rosso che, differentemente dalle nostre tradizioni politiche, negli USA è sinonimo di repubblicano.
“Make America Great Again” è il suo slogan, un’America che stando alle sue prime parole includerà «quei pochi» che non hanno votato per lui, perché ora è il tempo di riunirsi.
Il regista Michael Moore ci aveva visto lungo circa l’esito di queste presidenziali. Fino a pochi giorni fa, infatti, nonostante i sondaggi dessero come vincitrice Hillary, lui sosteneva che Trump avesse più consenso di quanto non si potesse immaginare.
I media hanno innescato l’effetto contrario. Per tutta la campagna elettorale, infatti, si sono schierati a favore della Clinton e avevano puntato sull’irrealizzabilità di questo epilogo e sulla scarsa credibilità di Donald Trump. La Clinton invece, per gran parte del popolo americano, rappresentava un continuum con le vecchie classi dirigenti ed è risultata un po’ antipatica, saccente e legata a lobbies e giochi di potere.
Il regista Moore, in un’intervista a Rolling Stone, aveva proprio messo in evidenza come l’élite americana fosse distante e quindi inabile a capire i problemi dell’americano medio. Donald Trump, attraverso il suo linguaggio semplice ed efficace è riuscito ad ottenere la maggior parte dei voti della classe lavoratrice bianca. Dire, per esempio, ai capi della Ford Motor Company durante un incontro al Detroit Economic Club che, in caso di vittoria, avrebbe imposto un dazio del 35% a quelle macchine provenienti dalle fabbriche che la Ford voleva spostare in Messico, in modo da scoraggiare le vendite, è una delle affermazioni che a detta di Moore, sono «musica per le orecchie per gli stati del Michigan, Ohio, Pennsylvania, Wisconsin».
Le persone a cui fa riferimento il regista sono persone deluse dal governo americano, dalla crisi finanziaria e dal sistema degli hedge funds che, provocando la crisi finanziaria del 2008, hanno fatto perdere lavoro, soldi e case agli americani, oltre ad innescare una crisi globale. Sono persone arrabbiate, che hanno utilizzato lo strumento del voto per ribellarsi ad una politica distante e che proprio come in altri paesi hanno optato per il populismo. Michael Moore, li ha chiamati, provocatoriamente «terroristi legali».
Aveva detto: «L’8 novembre puoi andare alle urne e, anche se Trump ti sembra pazzo o non ti piace, lo voti perché sai che farà andare in tilt tutto. Il sistema che ti ha rubato la casa, il lavoro, puoi farlo saltare in aria così, e legalmente. Prenderà un sacco di voti da chi vuole sedersi e godersi lo spettacolo di un paese in fiamme».
I voti sono stati presi, l’effetto tilt è cominciato e chi vuole può godersi lo spettacolo in poltrona con i popcorn.
Sabrina Carnemolla