Una decina di giorni fa la maggioranza decideva di non calendarizzare il ddl Cirinnà, scatenando lo sdegno di chi, soprattutto fuori dal parlamento, aveva creduto ad un’importante e strutturale riforma della legislazione che regola le unioni civili.
Il premier Renzi si era esposto in prima persona: le unioni civili sarebbero state riformate al massimo in un anno, ovvero entro il 15 ottobre, il giorno designato per la discussione della legge di Stabilità che impegnerà il parlamento fino al 2016.
Oggi quella data è più vicina di quanto non fosse ai tempi delle esternazioni del premier, e nel frattempo qualcosa è cambiato.
La mancata calendarizzazione sopracitata era da considerarsi come l’ammissione di un errore, il ddl non sarebbe mai stato discusso entro il 15 ottobre. In primo luogo perché considerato meno importante delle riforme attualmente in aula e in secondo luogo perché ancora lontano dall’unanime accordo della maggioranza sul suo testo.
Troppe concessioni agli omosessuali, perfino per uno scudiero fedele a Renzi come Angelino Alfano, che aveva minacciato dunque di votare contro spaccando la maggioranza. Le stesse reazioni si erano registrate inoltre tra le file della maggioranza di riserva: Forza Italia e Verdiniani avevano espresso senza troppo girarci intorno la loro ostilità al testo, e così, come si stava dicendo in precedenza, qualcosa è cambiato.
Da due giorni l’iter per la riforma delle unioni civili ha fatto registrare un’accelerazione degna di nota, tanto fulminea che il termine del 15 ottobre non sembra più inarrivabile. Da due giorni il testo della discordia non c’è più, è stato rimpiazzato.
La maggioranza per evitare defezioni al suo interno ha optato per un testo più “light”, come si vocifera tra gli ambienti dem, con grande soddisfazione anche dell’ala Pd più cattolica e intransigente.
Un nuovo testo gradito a tutto il blocco di maggioranza permetterà dunque alla riforma di essere votata senza intralciare minimamente il cammino del governo renziano, come assicurato da Verdini, che a Radio 24 si è già espresso favorevolmente al riguardo, promettendo di “votare le unioni civili“.
Ma cosa contiene il nuovo testo sulle unioni civili per avere d’un tratto ammorbidito anche le obiezioni dei cattolici più conservatori? O meglio, quali sono le differenze tra questo testo e il precedente?
A ben vedere le modifiche apportate non sono numericamente consistenti, ma ben piazzate sui temi fondamentali.
Non si parla di matrimonio.
Innanzitutto ogni riferimento all’istituto del matrimonio è stato depennato, mettendo così in chiaro che il decreto tratta di “formazioni sociali“, classificabili nella grande orbita dell’art. 2 della Costituzione.
Come dichiarato da Giorgio Tonini, il dem portavoce dell’ala cattolica, questa piccola grande variazione linguistica annulla un’importante critica al testo: «Dicevano: voi state facendo i matrimoni. Abbiamo quindi chiarito la distinzione fra i due istituti».
Adozioni quasi impossibili.
La seconda grande novità è che l’adozione di un figlio per una coppia omosessuale sarà ancora illegale a meno di particolari congiunzioni astrali o irripetibili trame del destino.
Con il primo testo Cirinnà un partner avrebbe potuto “adottare anche il figlio adottivo dell’altro coniuge“, quando il ddl sulle unioni civili della maggioranza verrà votato invece si potrà adottare “soltanto il figlio naturale del partner“. Insomma, omosessuali di tutto il mondo, se volete un figlio cominciate a puntare un padre/una madre di famiglia, perché i suoi figli devono essere “naturali”.
Ciò che resta invariata è la parte sulla reversibilità delle pensioni delle coppie omosessuali, una ben magra consolazione considerando che il testo del provvedimeno potrebbe essere ulteriormente corretto fino a 24 mesi dalla data della sua approvazione per mezzo di decreti correttivi.
Valerio Santori