Il giorno dopo la fine delle Olimpiadi diventa un inevitabile momento di bilancio, sia per gli atleti partecipanti che per l’intero movimento sportivo. E nonostante le premesse nefaste che si prospettavano, nei giorni che hanno preceduto la cerimonia d’apertura, Tokyo 2020 ha offerto ciò che ogni appassionato si aspettava di vedere dopo ben 5 anni di attesa, ovvero uno spettacolo sportivo di altissima qualità e storie che vale la pena raccontare. A vincere il medagliere di Tokyo 2020 sono stati gli Usa, seguiti dalla Cina in seconda posizione e dal Giappone, mentre l’Italia ha concluso al decimo posto, ma è la settima per numero di medaglie conquistate.
Come sono andate le Olimpiadi per l’Italia?
E per iniziare questo viaggio cosa c’è di meglio della spedizione azzurra? Tokyo 2020 è stata ricca di momenti meravigliosi e di record per il team Italia che ha vinto una medaglia in ogni giornata di gara, dall’argento di Luigi Samele nella sciabola il 24 luglio, al bronzo dell’ultima giornata delle Farfalle nella ginnastica ritmica, concludendo con 40 medaglie, superando così anche quelle conquistate a Roma 1960 e Los Angeles 1932. Tra queste ci sono successi inimmaginabili alla vigilia, come quello di Gianmarco Tamberi nel salto in alto, a pari merito con Mutaz Barshim e sugellato con un abbraccio tra i due che riconcilia con il mondo dello sport anche i più disillusi. Oppure quello di Marcell Jacobs nei 100 metri: non solo una gioia ma un vero e proprio evento storico, in quella che avrebbe dovuto essere “solo” la prima finale della gara regina per un italiano e che invece si è trasformata in qualcosa da raccontare per i prossimi anni. E ancora, nell’atletica la staffetta 4×100 di Jacobs, Tortu, Patta e Desalu che non solo ha stracciato i record italiano, ma ha anche strappato la medaglia d’oro per solo 1 centesimo alla Gran Bretagna, con i giornali britannici che poi ci hanno scherzato su scrivendo “Not Italy Again“, memori di ciò che è successo ad Euro 2020.
Non ci sono stati solo gli ori, c’è anche il meraviglioso argento di Vanessa Ferrari, che dopo essere stata per anni tra le atlete più decorate nel corpo libero, è riuscita finalmente a battere anche il suo peggior nemico: la sfortuna, che per anni le ha impedito di raggiungere la medaglia olimpica. C’è stata Federica Pellegrini, che con Tokyo 2020 ha raggiunto la quinta finale olimpica della sua carriera, ed è stata la prima nella storia del nuoto a raggiungere tale risultato. C’è stato Gregorio Paltrinieri, che sembrava quasi fuori dai giochi dopo aver contratto la mononucleosi a meno di un mese dalle Olimpiadi e che invece ha portato a casa due medaglie su tre finali disputate.
Ci sono state anche delusioni, come quella della scherma, che per la prima volta da Mosca 1980 ha chiuso l’Olimpiade con zero ori conquistati e che porterà sicuramente a un periodo di riflessione nella relativa Federazione. Ha deluso anche la pallavolo, sia maschile che femminile, la prima eliminata da un’Argentina ampiamente alla portata, la seconda troppo leziosa in un girone che andava conquistato con maggiore tranquillità, e che si è schiantata così contro l’uragano Boskovic ai quarti di finale. Stesso discorso anche per la pallanuoto, che ha perso punti nel girone ed ha dovuto affrontare la Serbia diventata poi campione olimpico. Amaro in bocca ma comunque tanti applausi invece per il basket maschile, le cui uniche sconfitte sono arrivate per mano di Australia (medaglia di bronzo) e Francia (medaglia d’argento), e che sembra avere un futuro roseo davanti a sé anche senza Belinelli e Datome. Ma tutto sommato, le Olimpiadi dell’Italia sono state tra le più belle degli ultimi 20 anni, e quelle 5 medaglie nell’atletica leggera lasciano ben sperare.
Non solo trionfi e medaglie a Tokyo 2020
Non c’è stato solo Kevin Durant e Team USA, Dani Alves e il suo 44esimo trofeo in carriera o Karsten Warholm che ha disintegrato il suo stesso record nei 400 ostacoli. Tokyo 2020 ci ha ricordato che gli atleti non sono solo macchine costrette a dare il massimo sempre e comunque. Lo ha dimostrato Simone Biles, che dopo aver vinto tutto nella sua già straordinaria carriera, si è ritirata da 3 finali su 4, non sentendosi a proprio agio per via dei suoi problemi di Twisties, vincendo però comunque la medaglia di bronzo nella trave e dimostrando così che la salute mentale degli atleti è qualcosa di reale e che va tenuta d’occhio, perché anche questo fa parte dello sport. Abbiamo visto la storia di Oksana Čusovitina, che ha concluso la sua immensa carriera dopo aver disputato 8 Olimpiadi in una disciplina di grandissima difficoltà come il volteggio. C’è stata Hongchan Quan, che a 14 anni ha vinto la medaglia d’oro nei tuffi (piattaforma 10m) dominando ampiamente la gara con esecuzioni da 10/10 per la maggior parte dei giudici in gara, e che nella sua straordinaria ingenuità ha dichiarato di aver vinto per curare la propria mamma.
Tokyo 2020 ha visto anche la più grande presenza Lgbtq di sempre, con l’esordio di Laurel Hubbard e la medaglia d’oro di Quinn con la Nazionale canadese di calcio, la prima di un atleta apertamente trans, non-binario. Quelle in cui Tom Daley ha vinto la medaglia d’oro nella piattaforma sincro 10m (con Matthew Lee) e nel mentre si dilettava con l’uncinetto, con lo scopo di raccogliere denaro da donare per la ricerca sul tumore al cervello. Ma sono state probabilmente anche le ultime Olimpiadi di Krystsina Tsimanouskaya con i colori della Bielorussia. La velocista era stata costretta dalla federazione bielorussa a partecipare alla staffetta 4×100 senza l’adeguata preparazione, e dopo aver pubblicamente criticato su Instagram le scelte dei due allenatori (ora banditi dal Cio), era stata obbligata al rimpatrio forzato. Per fortuna, il governo della Polonia ha offerto asilo all’atleta e al suo compagno, e probabilmente la vedremo ancora correre con i colori del paese polacco, ma questa storia ha riacceso la luce su quella che è l’attuale situazione in Bielorussia.
Tokyo 2020 e lo ius soli
Infine, Tokyo 2020 ha mostrato a tutti quanto l’integrazione possa far bene alla salute sportiva dell’Italia. Perché non c’è stato solo Marcell Jacobs (nativo di El Paso, Texas) in questa Olimpiade, con il suo miracolo sui 100 metri. Abbiamo visto anche Fausto Desalu (di origini nigeriane) trionfare con la 4×100, il bronzo di Abraham Conyedo (cubano) nella lotta libera. Conosciamo da tempo ormai Ivan Zaytsev e Osmany Juantorena nella nazionale maschile di pallavolo, Myriam Sylla e Paola Egonu in quella femminile e poi ancora Daisy Osakue, Ala Zoghlami, Ahmed Abdelwahed, Rae Lin D’Alie. Concedere la cittadinanza a coloro che scelgono di voler vivere in questo paese potrebbe far crescere non solo il numero di sport in cui possiamo essere competitivi, ma anche alzare la qualità in quelli in cui l’Italia già risulta essere forte, come del resto è successo nella pallavolo. Tokyo 2020 deve essere un ricordo meraviglioso, ma anche l’esempio di come dovrebbe essere lo sport a qualunque latitudine del mondo, ricordandoci sempre che gli atleti sono prima esseri umani, e poi straordinari sportivi capaci di regalarci queste emozioni.
Andrea Esposito